Draghi e la politica non più per sport (di Curzio Maltese)

(da Repubblica) Quando scoppia un incendio in un giacimento di petrolio e ci si deve salvare dal disastro, accorre un esperto. Uno che sa le cose. Sa che deve far saltare la bocca del pozzo con un esplosivo, sa che si devono usare strumenti di ottone e di bronzo perché questi materiali non fanno partire nuove scintille, se brucia solo gas usa l’acqua, se brucia petrolio usa gas inerti. Insomma, qualcuno che sa come spegnere l’incendio, che è qualificato per farlo, che ha studiato e lavorato per questo e ha già dimostrato di saperlo fare in passato.

Lo scorso giugno per me era già arrivato il tempo di Mario Draghi ed è chiaro che abbiamo perso otto mesi in cui il governo ha usato metà del tempo per tirare a campare e l’altra metà a litigare, con ministri improbabili e inadeguati fino a quando è arrivato il presidente Sergio Mattarella a dare uno schiaffo al penoso mercato, a suonare la campanella e a dichiarare chiuso l’intervallo.

Mario Draghi è salito al Colle. L’esperto qualificato, la cui serietà non mi fa dimenticare di essere in pericolo, ma mi fa sentire protetto. Non accade da decenni.

Con il solo fatto di apparire con la sua fredda sapienza, comincia a sfebbrarsi la politica malata che Silvio Berlusconi ha creato in questo Paese, scendendo in campo. A cominciare dall’espressione che ha scelto, è stato subito evidente che avrebbe fatto della politica una discussione con i modi e i ragionamenti da bar sport. E sono 30 anni che l’Italia va avanti così.

L’incarico accettato da Mario Draghi dal presidente della Repubblica segna per il nostro Paese una svolta epocale. La politica viene separata dal calcio. Torna a essere la scienza che ha per oggetto la Costituzione e l’amministrazione dello Stato e della vita pubblica e lo sport può ritornare dentro gli stadi, dove tutti noi amiamo vederlo.

Non so quali saranno i nomi dei nuovi ministri, probabilmente qualcuno tornerà dall’estero, ma so che non li vedremo più tutto il giorno in televisione a fare campagna elettorale perché non sanno cosa dire, perché sapranno cosa fare e saranno nei loro uffici a farlo. La nuova squadra sarà per una volta il meglio che può offrire l’Italia. E all’improvviso tutto sembrerà così ovvio che ci chiederemo: “Ma come abbiamo fatto a sopravvivere dall’inizio degli anni ’90 fino ad oggi?”

Immaginarsi l’ex presidente della Banca d’Italia accanto a Joe Biden, Emmanuel Macron o Angela Merkel sembra un sogno che finalmente si avvera. Qualcuno che ci rappresenta con dignità, di cui possiamo andare fieri e che ci fa sentire importanti.

Mario Draghi salverà la politica con la sua serietà. Rimasto orfano molto giovane ha trovato due figure paterne in Federico Caffè e Franco Modigliani, i geniali economisti del tempo. Gli studi al MIT, i grandi successi negli Stati Uniti, la direzione della Banca d’Italia, la Bce e il celebre “whatever it takes” con il suo inglese elegante e nello stesso tempo così duro e schietto da essere subito comprensibile. Tutti ricordano questa frase, in pochi riportano quella successiva, forse più importante. Faremo tutto quello che serve per salvare l’euro e “Believe me, it will be enough”. Gli hanno creduto e infatti è stato sufficiente per salvare l’Europa. Gli crediamo anche oggi, che è venuto in soccorso dell’Italia. Alla notizia del suo arrivo, la Borsa è impazzita.

Il ritorno alla politica è la grande conquista che ci ha regalato il professor Draghi accettando questo incarico e sarà l’innesco per nuovi movimenti di politica seria. Alle prossime elezioni, a sinistra come a destra, le persone saranno diverse, sia i candidati che gli elettori. I candidati saranno più capaci e qualificati e gli elettori saranno in grado di riconoscerli, come è stato un tempo, come deve tornare ad essere, cercando di dimenticarci della bolla in cui siamo vissuti. È finito il tempo degli ex comici e degli ex disoccupati che si inventano un ruolo di ministro. La politica sarà di nuovo la protagonista di se stessa.