La politica calabrese dei feudi, amici, sigle, pacchetti di voti

Cominciamo dai fatti per poi cercare una interpretazione o un senso.

Il Pd, in accordo con il M5S, candida a sindaco di Catanzaro un professore, Fiorita, che non ha tessere in tasca, mentre un altro professore, Donato, iscritto al partito di Letta sino al 14 marzo scorso, propone un esperimento civico che però è ben visto dal centrodestra e, soprattutto, dalla destra-destra di Fratelli d’Italia (Wanda Ferro).
Defilati i “big”, il gioco nel capoluogo lo conduce Forza Italia dove lo scontro è tra il coordinatore regionale Giuseppe Mangialavori e quello provinciale Domenico Tallini, con in mezzo l’ex candidato regionale Antonello Talerico, fresco vincitore in primo grado del ricorso elettorale (per le regionali) contro l’azzurra maidese Valeria Fedele.
I candidati a sindaco di Catanzaro sono quattro. Uno, Antonello Talerico, è presidente dell’Ordine provinciale degli avvocati ed è riconducibile al centrodestra, però Azione di Calenda, Noi con l’Italia e mastelliani sono già schierati a suo favore. In queste ore continua il suo braccio di ferro con Mangialavori e al contempo è in fase dialogante sia con Donato (di cui è amico) che con Fiorita.
Gli altri tre hanno radici ideologiche o politiche nel centrosinistra: il professore di Diritto privato all’Università di Catanzaro Valerio Donato già iscritto al Pd, ha incassato il sostegno dell’Udc, di Italia Viva e di alcuni pezzi del pd; Francesco Di Lieto, vicepresidente nazionale del Codacons, è espressione di Potere al Popolo, Rifondazione comunista e Calabria Resistente e Solidale.
Proprio Fiorita, già candidato a sindaco, con buoni risultati, alle scorse Comunali (23%), è il collante locale di un’alleanza, quella giallorossa, che Letta e Conte (che però non “è una succursale del pd” ) vorrebbero replicare in tutte e quattro le città al voto la prossima primavera. Fin qui il fatto che Fiorita non sia un iscritto del Pd non provoca problemi.
Donato replica che le critiche gli giungono “da Alecci che è un ispiratore di un lodo che vede una sua maggioranza a Soverato formata da partiti di centrodestra, o da Fiorita che ha avuto interlocuzioni con tutti i partiti di centrodestra per cercare adesioni alla sua proposta. Se la nostra proposta sta avendo più consensi significa che è più credibile non che siamo qui a fare inciuci”.
Donato è stato il legale di Wanda Ferro per il ricorso davanti alla Consulta che le ha permesso di rientrare in Consiglio regionale quando era ormai fuori dai giochi. Lei, da capo di Fdi in Calabria, non può ora proporre il suo avvocato per evidenti ragioni, nè può proporre nomi alternativi per rispetto ad un amico a cui deve tanto. Quindi appoggia Donato ma in modo indiretto. Non è un caso quindi che il nome di Donato sia infatti saltato fuori durante un vertice del centrodestra. L’esponente di Coraggio Italia, Francesco De Nisi, per nome del consigliere comunale Andrea Amendola, suo referente locale, aveva benedetto Valerio Donato, la cui candidatura era stata propiziata sia dall’imprenditore Giuseppe Gatto che dall’ex presidente della Catanzaro Servizi, Giuseppe Grillo.
L’amicizia è una bella cosa, quando è sincera, e la stretta amicizia tra il recordman di preferenze (Udc) Baldo Esposito, Wanda Ferro ed il candidato sindaco Valerio Donato sono un fatto. Sul piano politico il Centrodestra catanzarese replica la strategia delle comunali di Vibo Valentia del 2015 (con rinuncia dei simboli di partito e sostegno al “civico” Elio Costa) ma la stessa Wanda Ferro già al ballottaggio delle comunali del 2006 sostenne insieme a Michele Traversa il centrosinistra di Rosario Olivo contro il civico Franco Cimino perchè disse «deve vincere la politica contro l’antipolitica». Ma anche nel 2017 esponenti del Pd abbandonarono partito e coalizione per sostenere l’allora civico puro Nicola Fiorita contro l’ormai ex consigliere regionale Enzo Ciconte. Lo stesso copione che oggi avviene per sostenere il PD (partito di Donato).
Sempre nel capoluogo ha fatto scalpore l’addio al pd del sindacalista Fabio Guerriero (il fratello Roberto, consigliere comunale, è tra i “donatiani” della prima ora), primo dei votati a Catanzaro città alle ultime Regionali a sostegno di Amalia Bruni. Basti pensare che Fabio Guerriero è stato candidato alla Camera con il Pd nel 2013 ed è molto vicino al ministro del Lavoro Andrea Orlando (sinistra-sinistra alla Provenzano e Boccia) che lo scorso settembre giunse in Calabria a sostenerne la candidatura regionale. Anche l’ex vicesindaco di Catanzaro, Antonio Argirò, è passato con Donato, già lasciò il Pd per abbracciare “Autonomia e diritti” di Agazio Loiero, manco a dirlo oggi altro sostenitore palese del docente di diritto privato ed ex commissario liquidatore di Calabria Etica.
Oltre all’ Udc (in cui ha corso alle ultime Regionali il notabile di centrodestra Baldo Esposito), al Cdu dell’ex assessore comunale Vito Bordino, a Italia viva (con il senatore Ernesto Magorno e l’ex parlamentare Brunello Censore), a sostenere Donato ci sono anche altre personalità del passato politico catanzarese come l’ex consigliere e assessore comunale (con Sergio Abramo nel 2001) e provinciale (nel 2008) Vittorio Cosentino, già esponente di Alleanza Nazionale; l’ex sindaco di Catanzaro nel 1992 in quota Dc, Francesco Granato; infine anche il segretario provinciale del Psi Pierino Amato, classe ’39, già vicino a Fiorita. La dottoressa Elena Bova nel 2017 abbandonò il Pd per candidarsi a sostegno di Nicola Fiorita e ora lo ri-abbandona per sostenere il docente catanzarese; l’ex segretario del circolo Pd di Catanzaro centro, Antonio Menniti, l’ex segretario provinciale (e candidato alle regionali del 2020 e del 2021), Gianluca Cuda e l’ex consigliere comunale dem Antonio Gigliotti.
Fermento anche tra i dem. Al di là dei numeri e del decantato “campo largo” un fatto è chiaro: a Fiorita nel Pd di Catanzaro rischia di rimanere solo il simbolo ed una piccola cordata composta dalle sardine (Jasmine Cristallo), dal segretario Fabio Celia e dal fedelissimo di Enzo Bruno col sogno di un assessorato comunale, Salvatore Passafaro.
In tutto questo marasma, come ricorda Pietro Bellantoni, “l’ex ministro Francesco Boccia ha chiesto invano un impegno diretto a candidarsi in prima persona alla Presidente regionale del Pd Giusy Iemma e al deputato Antonio Viscomi. Difficilmente il Pd sarà sostenuto dalla ex candidata e attuale membro dell’assemblea regionale Aquila Villella, collega di cattedra universitaria e sodale di Valerio Donato. Si è in attesa di conoscere l’orientamento della cognata, Amalia Bruni, che a Palazzo Campanella tenta di fare da garante dell’intesa e dell’opposizione M5S-Pd, oggi molto scricchiolante”.

Intanto il nuovo segretario regionale democrat, Nicola Irto, è stato imposto dai vertici romani e poi obtorto collo accettato dai ras locali. A Irto il Nazareno ha affidato un mandato chiaro: realizzare l’«unità» dovunque, pure nelle federazioni provinciali e nei circoli cittadini.
Il Pd regionale, dalla sua nascita, ha avuti tre commissari regionali, Mussi, D’Attorre e Graziano, col mandato di smantellare i vari «feudi» regionali. Ma ancora oggi la balcanizzazione e/o il sistema feudale è l’unica immagine con la quale si possa descrivere il Pd calabrese.
Così come avvenne nell’Europa occidentale medievale il pd è strutturato su un insieme di legami personali e politici, le sue componenti fondamentali sono l’istituto del feudo e il vassallaggio.
Irto è un giovane (1982) architetto, proviene dalla Margherita, ha ottenuto alle regionali 10.334 voti ed è già alla terza legislatura, in quella precedente è stato vicepresidente del Consiglio regionale. Mai divisivo, tanto che meno di un anno fa tutto il pd calabrese lo aveva candidato governatore, venne, conviene ricordarlo, silurato dal veto del Movimento 5 Stelle e dall’area Orlando-Provenzano (ecco le sue accuse a un partito sempre più «in mano ai feudi»). ” Insomma, il Nazareno, in virtù della ricerca spasmodica – più nazionale che locale – di una alleanza organica con i grillini, non esitò a sacrificarlo. A nulla valse il supporto offertogli da Dalila Nesci, pronta a candidarsi a primarie di coalizione” (alessia bausone).
Lui si ritirò annunciando di non voler «starsene zitto e buono» e di voler continuare a combattere contro i «piccoli feudi» del Pd. A metà gennaio è diventato dunque segretario regionale col motto di “Rigenerare il Pd”.
Irto è stato il modo utile per togliersi da torno Graziano, il commissario che il Nazareno aveva posto come unica alternativa al diktat: o vi mangiate la minestra Irto oppure lui, cioè quello che in tre anni ha perso alla grande due elezioni regionali.

Il pd calabrese che gli è toccato in sorte si può descrivere così: federazioni locali in guerra come vere torri di Babele, correnti che spadroneggiano, primarie col trucco, capoccia locali e pacchi di tessere, candidati chiacchierati per parentele o frequentazioni. Un’unità imposta da Roma come prezzo da pagare per evitare commissari peggiori, dopo che l’ultimo segretario politico era stato nientemeno che Ernestone Magorno, renziano sindaco di Diamante, da sempre chiacchierato a cominciare dal suocero Biagio Casella.
IL PD NELLE PROVINCE Un breve excursus sul territorio descrive la situazione.
A Cosenza si arriverà a un congresso con un vincitore imposto dal commissario uscente, Francesco Boccia, ai padreterni Adamo, Bruno Bossio, Guccione e Iacucci.
A Vibo altro congresso unitario con un unico candidato, il ventenne Giovanni Di Bartolo, studente universitario, classe ’96, già “social media manager” dell’ex deputato Brunello Censore. La presidenza del Partito l’ha avuta l’ex consigliere regionale Michele Mirabello, anche lui ex pupillo di Censore e già segretario provinciale del Partito nel 2013. E’ prevalsa la linea di Francesco Colelli e Fernando Marasco (provenienti da Sel) e Carmelo Apa, proveniente da Rifondazione Comunista. Nel frattempo il Pd di Vibo Valentia è rimasto orfano del capogruppo in consiglio comunale, Stefano Luciano. «Sono grato a Nicola Irto per avermi scelto in direzione regionale del Pd, ma quanto verificatosi recentemente nel partito cittadino e provinciale non mi ha lasciato sereno, perché ogni spinta verso un radicale cambiamento è stata impedita in ogni modo e con ogni forza», ha dichiarato Luciano prima di abbracciare Azione di Carlo Calenda qualche giorno fa.
Al congresso provinciale di Crotone Sergio Contarino si è ritirato per lasciare campo libero a Leo Barberio. Solo che al congresso cittadino. Annagiulia Caiazza, corrente Barberio, sfiderà Mario Galea, area Contarino.
Sarà un congresso dall’esito scontato anche a Reggio, ma il futuro segretario provinciale, Antonio Morabito, la cui famiglia è storicamente vicina a Irto, guiderà un partito lacerato dopo che tutti i candidati proposti da Giuseppe Falcomatà sono stati bocciati.
Anche a Catanzaro si cerca una mediazione tra i due candidati che sono Salvatore Passafaro, sostenuto dai circoli cittadini, e Domenico Giampà, appoggiato dai consiglieri regionali Ernesto Alecci e Mammoliti. Sui tre colli hanno “incoronato” segretario l’ex consigliere comunale Fabio Celia, che è stato il primo coordinatore del Pd cittadino nel 2010. Ma qualcuno ricorda che aveva sistemato suo cognato Giuseppe Correale prima come portaborse di Francesco Pitaro e ora di Ernesto Alecci.
Alla segretaria provinciale subentra a Cuda Domenico Giampà, sindaco di San Pietro a Maida e già protagonista della faida per la segreteria provinciale con Enzo Bruno nel 2013. Egli è un ex portaborse dell’assessore all’Ambiente Roberto Musmanno, fedelissimo di Enza Bruno Bossio e Nicola Adamo. Il Pd a guida Giampà ha confermato come presidente l’ex primo cittadino di Satriano, Michele Drosi, già portaborse dell’assessore regionale Francesco Russo nell’era Oliverio.
Come membro della direzione regionale il Pd catanzarese ha nominato Eugenia Paraboschi, figlia di Mario, ex presidente della commissione di garanzia del partito catanzarese, storico comunista di Marcellinara. È proprio in questo paese che Eugenia è stata candidata ed eletta con “Marcellinara da Vivere”, lista di centrodestra con candidato a sindaco l’allora vicepresidente della provincia in quota Forza Italia, oggi consigliere regionale di Fdi, Antonio Montuoro. La Paraboschi correva contro il segretario cittadino del Pd di Marcellinara, Giovanni Torcasio, ed è ancor oggi nel gruppo consiliare con l’esponente dei meloniani.

AI NASTRI DI PARTENZA PER LE POLITICHE Tutto e il resto che vedremo si gioca in funzione delle imminenti elezioni politiche che vedranno lo stesso capogruppo regionale del Pd candidato capolista (probabilmente al Senato). Irto, attualmente impegnato in un tour sui territori di presentazione del suo libro, è già proiettato verso Roma, ed è perciò stretto tra due fuochi. Da un lato i mugugni di alcuni suoi colleghi eletti a Palazzo Campanella, dall’altro quelli dei parlamentari calabresi che intendono rientrare, prima fra tutti la Bruno Bossio.
Tutto passerà attraverso le possibili “quote rosa” imposte da Roma, dove, soprattutto per volontà dell’ex ministro maoista Peppe Provenzano, si punta tutto sulla “sardina” di Catanzaro, Jasmine Cristallo, magari in tandem con l’avvocato cosentino Anna Falcone (Area De Magistris) e nello scenario immaginifico del “campetto di periferia” con i 5Stelle provato a Catanzaro. Ma la quota rosa, appunto, può fare a meno della mitica Enza Bruno Bossio?

GIRAVOLTE?
Se questi sono i fatti della politica (i giochetti, gli scenari, le alleanze) ognuno può ben interpretarli come vuole. Si può parlare di “giravolte, anche se alle amministrative si sa le carambole nel senso di alleanze dell’ultimo momento, accordi sottobanco e appoggi anomali, non sono una novità” (Repubblica). Oppure  si ricorrerà allo storico tafazzismo di una sinistra che si spacca favorendo la destra (P. Bellantoni) . O ancora, si tirerà in ballo l’endemico trasversalismo della politica catanzarese. Ma piuttosto non è il caso di registrare dopo decenni tendenze storiche e mutamenti culturali profondi? Così come la carica dei cambi di casacca: 304 da inizio legislatura per 214 parlamentari. Cos’è il “cambio di casacca” se non la certificazione che non c’è più alcun rapporto tra eletto ed elettore? Il “senza vincolo di mandato” è diventato “senza vincoli”.
Solo che il trasversalismo nel linguaggio politico e giornalistico ha un significato preciso e non negativo/degenerativo, è “la tendenza a superare le tradizionali divisioni tra partiti e schieramenti diversi, per favorire la convergenza su temi o iniziative di interesse più generale che «attraversano» le loro strutture e i loro programmi particolari”.

In realtà ciò che si osserva da anni in Calabria è la scomparsa dei partiti, diventati semplici sigle-contenitori di personaggi. Ognuno di questi (ecco perchè abbiamo voluto abbondare in nomi e cognomi) è ormai una figurina sull’album Panini della politica, ha un suo curriculum (le squadre in cui ha giocato) con i  voti ottenuti in ogni stagione. Ogni giocatore ha un suo pacchetto di voti che sposta a seconda di dove gli sponsor (i procuratori di voti) lo indirizzano. Destra, sinistra, centro, sono luoghi ormai indefiniti nella bussola politica, si fa politica per essere “eletti”. E si vuol essere eletti per conquistare potere, posti, prebende, per sistemarsi o sistemare qualcuno o qualche pratica. Fare politica una volta corrispondeva ad un ideale (o progetto) da perseguire, oggi è un mezzo per ottenere un vantaggio concreto. Se un Giacomo Mancini, oggi commemorato a 20 anni dalla sua morte, ha fatto spostare l’autostrada dal suo percorso naturale lungo il Tirreno per favorire Cosenza, il vantaggio che ha portato alla sua città era lo strumento per chiedere i voti ai concittadini. Ecco, abbandonata la vecchia politica, la nuova non prevede più il rapporto eletto-elettore, né fa corrispondere ai vantaggi personali simultanei vantaggi per il proprio territorio o la propria comunità. Anzi, è l’esatto contrario, spesso per ottenere un vantaggio personale si è disposti a sacrificare le proprie comunità di appartenenza.

Se Guccini nel 1967 scriveva “Dio è morto”, oggi possiamo dire che è stato pre-veggente.
Una politica che è solo far carriera
Il perbenismo interessato
La dignità fatta di vuoto
L’ipocrisia di chi sta sempre
Con la ragione e mai col torto
È un Dio che è morto
Nei campi di sterminio, Dio è morto
Coi miti della razza, Dio è morto
Con gli odi di partito, Dio è morto