Calenda: “Il Pd non ci ascolta, Meloni sì perché è matura. Il nuovo centro siamo noi”

Sbarcato a Treviso per la nascita del Terzo polo in consiglio comunale, Carlo Calenda respinge l’accusa di trasformismo, quel tendere la mano a destra (sulla legge di Bilancio) e a sinistra (sul salario minimo) che disorienta avversari e alleati. “Le cose giuste, come quelle sbagliate, non hanno colore”, si spazientisce. “Io sto con Pd e 5S sul salario minino e vorrei migliorare la Finanziaria. Non c’è contraddizione”.

Siamo alla politica dei due forni senatore: lei è il nuovo Andreotti che a suo tempo ammiccava un po’ ai socialisti e un po’ ai missini?
“Oddio, proprio no! Ho sempre considerato Andreotti una figura vuota e pure cinica. In realtà è più semplice di così. In una fase complicata per il Paese noi ci siamo assunti l’onere di fare una proposta di bilancio strutturata, che poi abbiamo offerto sia alle opposizioni, sia alla maggioranza. Il Pd non ha mai risposto, mentre Meloni dicendo che mi vuole incontrare ha fatto un gesto importante”.

Avete già fissato?
“Non ancora, avrà un’agenda fitta”.

Prove tecniche di stampella a una maggioranza friabile?
“No, noi restiamo all’opposizione, che però non sarà mai pregiudiziale. Se il governo dovesse sfaldarsi sarebbero problemi per l’Italia e io non me lo auguro. Hanno vinto le elezioni e devono governare. Vediamo cosa sanno fare e se non sono in grado spetterà agli elettori decidere. È finito il tempo dei governi d’emergenza o d’opportunismo”.

Renzi è d’accordo con lei?
“Sì, tra noi non c’è alcun dissidio”.

Cosa proporrà alla premier quando la incontrerà?
“Intanto di non tagliare sulla Sanità. Mancano 63mila infermieri e 20mila medici, bisogna metterci almeno 6 miliardi. Così si rischia di distruggere il Servizio sanitario nazionale”.

Le consiglierà di prendere il Mes?
“Assolutamente sì. È necessario, ma dubito che riuscirò a convincerla”.

E oltre alla Sanità?
“Occorre ribaltare il modo di gestire l’energia, fissare subito un tetto nazionale al prezzo dell’elettricità e del gas. Oggi le imprese prima pagano e poi con il credito d’imposta ottengono il rimborso dallo Stato. Ma così non tutte ce la fanno a sostenere il peso dei rincari, un bar o un piccolo artigiano rischiano di fallire prima. Secondo noi lo Stato deve applicare alla fonte uno sconto del 50% e coprire la differenza di prezzo almeno sino a fine marzo”.

Politicamente qual è il messaggio che intende recapitare a Meloni?
“Intanto la ringrazierei per averci ascoltato, un atto di maturità politica. Con l’inflazione alle stelle, andiamo incontro a una stagione difficilissima: meno provvedimenti divisivi si fanno, meno tensioni sociali avremo. E poi le direi non dar retta a Salvini e ai suoi ministri. Questa storia delle Ong deve finire: non solo è immorale tenere i migranti sulle navi, ma anche inutile visto che poi scendono tutti”.

A proposito di ministri, per il titolare all’Istruzione Valditara l’umiliazione aiuta a crescere.
“Ha detto un’idiozia gravissima, tanto più alla luce del ruolo che ricopre. L’umiliazione non serve mai a tirar fuori il meglio, anzi il contrario. Chi si sente inadeguato, se viene vessato rischia la depressione, se non peggio. E vale anche per la sinistra: attenzione a come parlate, a soffiare sul fuoco della tensione sociale, a evocare continuamente le piazze, soprattutto se prima non si avanzano controproposte serie”.

Esprimere il dissenso in piazza è un diritto costituzionale, senatore.
“Ed è nella mia libertà, come nella loro, non andarci. Oltretutto farlo solo per il Reddito di cittadinanza così com’è, con tutte le storture che presenta, per il Pd è un errore politico perché significa schiacciarsi sui 5Stelle. Com’è accaduto per la pace, quella sarà un’altra piazza di Conte”.

Non avverte mai la responsabilità di spaccare il campo progressista?
“No perché io non sono mai stato in quell’alleanza. Noi siamo il centro riformista, altro rispetto a Pd e M5S”.

Ma se non vi unite il centro-sinistra non potrà mai diventare alternativa di governo, non crede?
“Mancano cinque anni alle elezioni, possono succedere tante cose. Alla fine prevedo che resteremo noi, la destra di Meloni e la sinistra che nascerà dalla saldatura tra M5S e Pd”.

E dove va il Terzo polo da solo? Con l’8%, per vincere, con qualcuno dovrete pur allearvi, o no?
“Per arrivare al livello in cui siamo noi adesso, Giorgia Meloni ci ha messo 12 anni, noi 3. La politica italiana cambia molto rapidamente. E la gente è stanca, vuole serietà”.

Intanto in Lombardia sosterrete una candidata di centrodestra, nel Lazio uno di centrosinistra. Sicuro che gli elettori capiranno?
“Sta già succedendo perché questa è proprio la nostra missione culturale. Moratti è una liberale che non stava più bene in quella destra e penso che alla fine vincerà. D’Amato è un amministratore capace di sinistra. Queste due proposte stanno bene insieme in un contesto politico di bipolarismo malato che va destrutturato. E noi ci riusciremo costruendo un’area pragmatica e riformista che parli agli elettori sia di centrodestra sia di centrosinistra, in grado di salire al 20%. Dopodiché inizierà un’altra storia”.

Ha anche detto che in Friuli dialogherete con Fedriga: ha deciso di appoggiarlo alle regionali?
“Nonostante sia un democristiano e un ottimo amministratore, anche meglio di Zaia, non credo ci sia la possibilità. Purtroppo stanno entrambi in mano a Salvini”.