Sinistra/ Programma liberale per l’Italia

(10/4/23) In Italia la politica, intesa come tattiche e alleanze, oscura le politiche, intese come indirizzi. L’opinione pubblica discute di politica mentre le politiche sono lasciate solo agli addetti ai lavori, agli specialisti. Il dibattito politico (che procede sempre in vista della elezione più vicina) ha tre connotati: Estremismo, strumentalizzazione, demagogia. La leadership non è più contemplata (la cultura dell’uno vale uno è ormai introiettata).

Una volta, tanti anni fa, si parlava di “programma comune della sinistra” quando la diatriba tra il Pci e il Psi, uno partito di opposizione e l’altro di governo, s’intendeva, da parte di intellettuali indipendenti, superarla individuando una “politica per” piuttosto che continuare con la solita “politica contro”. Privilegiare i contenuti sullo schieramento significa non soltanto essere propositivi ma anche rendere una proposta politica comprensibile agli elettori. Significa anche superare le categorie novecentesche della destra e sinistra che oggi non rappresentano una bussola per un elettorato ormai mobile e non più sottoposto a vincoli di appartenenza ideologica. Vediamo allora di elencare una serie di misure necessarie (mi limito a 10), grandi o minuscole, per il Paese che qualsiasi forza progressista non populista dovrebbe perseguire dal governo o dall’opposizione.

La premessa di queste 10 misure e’ ad ogni modo l’adesione chiara della sinistra italiana al modello occidentale e alla famiglia del socialismo europeo. La sinistra e’ riformista, non deve essere anticapitalista, antiNato, antiamericana, terzomondista. Il nostro modello deve essere Giacomo Matteotti (1885-1924), che seppe essere, contemporaneamente, una luce in quegli anni bui, un ostacolo per i fascisti e un fastidio per molti antifascisti.

1) Legge proporzionale e modello tedesco. L’Italia ha avuto 68 governi in 77 anni e l’eccessiva instabilità degli esecutivi produce frammentazione, genera incertezza, alimenta sfiducia. Il fallimento del maggioritario, declinato in tutte le salse per annacquarlo, è evidente, tanto vale ritornare al sistema proporzionale che col tempo abbiamo capito non sia stato la causa della degenerazione partitocratica. Il modello tedesco che “dal ‘90, ha prodotto quattro cancellieri invece dei nostri quattordici presidenti del Consiglio, e dieci governi invece dei nostri ventidue esecutivi”, e’ il piu’ adatto.

2) Separazione delle carriere dei magistrati. E’ una misura così evidente per ottenere la terzietà del giudice che non occorrono spiegazioni. L’unico scoglio insuperabile è l’assoggettamento della sinistra alla lobby dei magistrati (si chiama giustizialismo).

3) Indipendenza Rai. Liberare la Rai dai partiti e renderla indipendente come la Bbc è un vecchio sogno che non si realizza per evidenti motivi: il cappone non può festeggiare il Natale.

4) Abolire le detrazioni fiscali. Arrivate oltre quota 600, valgono complessivamente più di 53 miliardi di euro: una giungla di sconti e agevolazioni varie che si è allargata nel tempo, passando dalle 241 voci del 2011 alle 279 del 2015, dalle 511 del 2018 fino alle 602 del 2020: l’elenco è più che raddoppiato, con una crescita che sfiora il 150% negli ultimi 10 anni. Si è formato un così sistema poco chiaro e farraginoso, composto di 256 provvedimenti normativi, nel quale la «fetta» più rilevante di sconti fiscali è riconducibile agli incentivi per immobili e ristrutturazioni (anche per risparmio energetico) che valgono più di 21 miliardi ovvero quasi il 40% del totale delle agevolazioni individuabili nell’ordinamento tributario italiano.

5) Riformare l’imposizione sul reddito. In Italia (dati Irpef 2022), spiegatelo con i disegnini a Landini, chi guadagna 2195 euro netti al mese (sarebbero 35mila lordi annui) è considerato ricco. Sono il 13,42% della popolazione e da soli pagano i due terzi dell’Irpef. La metà degli italiani non dichiara redditi (!). Il nostro problema è la diversa tassazione tra le fonti di reddito. Siamo sempre a una “visione corporativa e cedolare del sistema fiscale” che negli anni passati abbiamo frammentato in base a tipologie di reddito e di contribuenti. L’imposizione sul reddito dovrebbe avvenire con un sistema duale, basato su due imposte personali e progressive. La prima sui redditi da lavoro, con aliquote determinate caso per caso in base a una funzione matematica. La seconda basata sul patrimonio complessivo netto, immobiliare e mobiliare, valutato a prezzi di mercato con una franchigia alta per esentare chi ha una ricchezza limitata

6) La precarietà non si elimina per legge. Il contratto a tempo determinato non è un istituto neutro a cui si può essere favorevoli o contrari a prescindere. Questa verità riusciranno a capirla sindacati, grillini et populisti? Difficile.

7) Riforma delle società partecipate. Vi sono società private in cui partecipano i poteri pubblici (Stato arcipelago): 559 società prive di dipendenti e 327 con un numero di dipendenti inferiore al numero degli stessi amministratori. Si tratta di società sostanzialmente vuote, dei meri schermi, sui quali dovrebbero esercitarsi i poteri di controllo dello Stato. In altri termini 1 milione di dipendenti non viene calcolato dalla Ragioneria tra gli addetti alla macchina pubblica!

Secondo i dati diffusi dalla Corte dei Conti, sono oltre 5.000 gli organismi partecipati (aziende, consorzi, fondazioni, istituzioni, società) nei 7.200 enti locali censiti (ad eccezione di quelli relativi alle regioni a statuto speciale). Si tratta, in gran parte, di organismi costituiti in forme societarie, di cui quasi la metà operante nel settore delle local utilities. Oltre un terzo delle società rilevate ha chiuso in perdita uno degli esercizi compresi nel triennio 2008/2010. Nella grande maggioranza dei casi, le società hanno avuto l’affidamento diretto (per un valore della produzione di quasi 25 miliardi), indice che la gestione è solo formalmente attribuita ad un soggetto esterno, considerato il rapporto organico che esiste tra ente affidante e società in house. A tali soggetti è riferibile un indebitamento consistente (quasi 34 miliardi), in crescita nell’ultimo triennio di oltre l’11 per cento. Una connotazione non necessariamente negativa visto che nei servizi capital intensive (acqua, rifiuti, energia, gas) l’infrastruttura può rappresentare gran parte dei costi del servizio ma fa assumere maggior rilievo alla necessità di mantenere la società in equilibrio economico-finanziario in modo da assicurarne la sostenibilità.

8) Legge antimboscati e stretta sulle certificazioni mediche fasulle In ogni amministrazione pubblica italiana vengono assunti dipendenti per svolgere certe mansioni e poi, grazie a certificazioni mediche spesso false, vengono adibiti a svolgerne altre, in condizioni più comode. Si va dai medici, vigili urbani, poliziotti via via ritiratisi in ufficio, a tutti i magistrati diventati burocrati, sguarnendo strade, postazioni, reparti ospedalieri, aule di giustizia. Il principio deve essere che se lo Stato ti assume per fare una prestazione devi fare quella altrimenti ti devi dimettere. Inoltre, occorre che i medici buoni smascherino i colleghi che con certificazioni false concedono agevolazioni, dalla L. 104 agli accompagnamenti ai dipendenti inabili ai lavori all’aperto.

9) Imporre il principio della concorrenza in tutti i settori nei quali la concorrenza non c’è o è insufficiente. Con un sicuro vantaggio per il «popolo» (la grande platea dei consumatori) e a danno di ristrette minoranze che prosperano grazie alla protezione dello Stato (v. 32mila tassisti). Imporre il principio della concorrenza significa colpire al cuore l’Italia corporativa, l’Italia dei gruppi monopolistici, grandi e piccoli, che si avvantaggiano delle barriere (statali) che bloccano la concorrenza.

10) Non aumentare ancora il deficit pubblico, attuare politiche per la crescita e la produttività combattendo la politica delle mance, dei sussidi, dei bonus populisti. Il fatto e’ che la posizione di chi vuole tenere a bada i debiti nazionali non è né di destra né di sinistra, ma è connessa all’esigenza di fare debito europeo, molto più efficace e razionale in varie policy, e per questo è anche la posizione del Partito del socialismo europeo oltre che di Gentiloni.

Luca Ricolfi a gennaio 2024 ha circoscritto a 5 nodi politici di fondo ciò che divide i massimalisti (o populisti) dai riformisti. “Sulle cose che contano, il Pd è diviso fra quanti la pensano come i Cinque Stelle, e quanti la pensano – se non come Renzi e Calenda – come il Pd prima del governo giallo-rosso”.

Quali sono queste cose che contano?

1) l’atlantismo e la guerra;

2) l’assistenzialismo e il reddito di cittadinanza;

3) la riforma della giustizia;

4) il mercato del lavoro;

5) la patrimoniale e le tasse.

Su questi temi la segretaria, finora, non ha ancora saputo assumere una posizione chiara e netta. Detto in termini classici, non ha saputo scegliere fra massimalismo e riformismo. O forse sarebbe più esatto dire: in cuor suo ha scelto, ma non ha la forza di esplicitare e imporre la sua linea al partito.

SE GLI USA SE NE VANNO Sullo sfondo resta l’incertezza del futuro circa gli equilibri internazionali di potenza combinati a una forte polarizzazione. Una divisione acuta, che sembra destinata a durare, all’interno della democrazia statunitense, non garantiscono che in futuro l’Europa potrà godere ancora a lungo della protezione americana. In questa eventualità, servirebbe una integrazione politica e militare. Ma, ad oggi, quella strada appare bloccata. Magari nuovi ed inaspettati eventi mostreranno possibile ciò che ora non sembra esserlo.

(sull’argomento v. su questo blog l’articolo di Christian Rocca “Il mondo libero/La difesa delle società aperte, e la chiusura della mente occidentale”, 20/11/23)