Conte sull’Ucraina e Salvini sui rifugiati, la doppia sfida del nazionalismo Nimby

Oggi nell’aula del Senato si aprirà uno scontro sul ritorno alle norme dei decreti sicurezza della coppia Conte-Salvini a proposito della protezione speciale. Giorgia Meloni, cedendo al ricatto del leader leghista, ha deciso alla fine di inserirle nel cosiddetto decreto Cutro, che già di per sé era una combinazione tossica di populismo penale e demagogia securitaria e che ora certifica, a maggior ragione, l’implausibilità di un sovranismo normale.

Sicuramente questa decisione incontrerà la resistenza, nutrita di richiami alti e solenni, di quella sorta di coalizione Conte-ter che è l’opposizione demo-populista, la quale si scaglierà con veemenza contro l’abbandono, anzi contro la consegna ex lege di decine di migliaia di sventurati alla clandestinità criminale.

Eppure la vasta porzione pacifista di questa compagine – quella che «sulle armi all’Ucraina basta, abbiamo già dato», come il capo dei Cinquestelle ripete da un anno – non ha alcun diritto di contestare una posizione, che riflette le stesse doppiezze morali e le stesse ipocrisie politiche di chi oggi vorrebbe disarmare gli ucraini, per scongiurare l’escalation militare russa. Anche sugli immigrati abbiamo già dato, no?

Se si può dire, in nome della pace, che solo smettendo di armare l’Ucraina si farà finire la guerra, perché non si può dire, in nome della sicurezza, che se non si smette di accogliere, anziché rispedire «a casa loro», gli stranieri cui l’Italia riconosce forme di protezione complementare non si porrà mai fine all’invasione di reprobi camuffati da perseguitati?

Se si può dire che dietro la resistenza ucraina e dentro al desiderio di libertà di milioni di cittadini e di indipendenza di uno Stato sovrano, si nasconde una strategia vittimistica di dominio e di sopraffazione, al punto da rubricare l’aggressione russa come mera reazione a una «guerra americana», perché non si può sostenere, con la stessa logica, che dietro la richiesta e la difesa dei diritti umani di migliaia di derelitti che raggiungono le nostre coste c’è in realtà una strategia di killeraggio demografico dell’Italia bianca e cristiana?

Ad accomunare queste due posizioni, solo apparentemente diverse e schierate ai due estremi opposti dello spettro etico-politico, c’è l’idea che il rule of law sia un lusso elitario e una sovrastruttura padronale e che dietro lo schermo dell’universalità dei diritti e delle ragioni delle vittime della violenza si celino i sordidi interessi di quattrini e di potere del deep state globale.

L’idea che la pace sia semplicemente l’essere lasciati in pace dalle guerre altrui e la sicurezza rimanere al riparo dai disordini del mondo sono due varianti del medesimo nazionalismo Nimby, che come tutte le forme di cattiva coscienza politica gli alibi internazionalistici non solo leniscono, ma accendono di indignate pretese. Anti-bellicismo e anti-immigrazionismo non diventano quindi solo forme di separatismo ideologico (la guerra fatela voi, gli immigrati accoglieteli voi) ma di vera e propria contestazione della legittimità delle questioni di diritto e di emancipazione delle ragioni di vera “giustizia” dalle bellurie leguleie.