Il sol dell’avvenire, Moretti con tutto il suo repertorio

Da quando Sorrentino si è proposto come il figlio di Fellini perchè ha capito che il cinema italiano nel mondo è il riminese, Moretti, che ha sempre amato La dolce vita e Otto e mezzo, si sarà detto: e allora io?

Ecco quindi, ora che è abbastanza tranquillo, il suo film più felliniano, col circo, le musiche alla Rota, mescolato con il repertorio morettiano che ormai ha 50 anni sulle spalle e si vede. Moretti è sempre “vorrei ma non so”, vorrebbe esser capace di fare un musical e invece sa solo alternare dialoghi (cioè parole) con canzonette (oltre Battiato De Andrè e Tenco la new entry è nientemeno che Noemi).

L’idea politica è quella di un Pci che non seppe rompere con l’Urss nel ’56, e con tutti questi pacifisti filoputiniani in giro, è interessante. Ma quello che mi manca è il cinema, che è un’arte dove si parla poco e si vede molto. Dopo di che se Moretti stravede per Kieslowski e si rifiuta di studiare Breaking bad, lo capisco sino ad un certo punto, perchè siamo quasi coetanei.

In “Io sono un autarchico” (1976) Nanni fece partecipare Beniamino Placido e Mughini (erano amici del fratello Franco), in questo film non si rende conto che le comparsate di Renzo Piano, Augias e Valerio sono imbarazzanti, insomma sono d’accordo con chi più che Fellini ha intravisto qua e là Pupi Avati. Margherita Buy è meravigliosa, gli attori Moretti da sempre li sa far recitare. Ad ogni modo è un film congegnato per Cannes e lì deve funzionare. Per questo c’è Mathieu Almaric, ma ai 4 sceneggiatori l’unica idea che è venuta in mente è stata quella di fargli usare il monopattino.