La grande frenata sull’intelligenza artificiale

Il fatto che la firmi anche Elon Musk, uno che nel 2015 aveva denunciato i “rischi esistenziali” dell’intelligenza artificiale salvo poi inserire AI nei nomi degli ultimi suoi due figli, non deve confondere: la lettera aperta che chiede di mettere in pausa la ricerca sull’Ia va presa terribilmente sul serio. Non fosse per il fatto che il suo primo firmatario è Yoshua Bengio, uno dei tre vincitori dei Turing Prize, il Nobel del settore. Che è come se Henry Ford avesse scritto un manifesto preoccupato della diffusione delle automobili. Nei primi posti della lista figurano anche Steve Wozniak, il cofondatore della Apple, e un buon numero di giganteschi scienziati informatici. Compreso Max Tegmark, presidente del Future of Life Institute al Mit e uno che che otto anni fa, quando l’avevo conosciuto a Austin, Texas, in occasione del raduno annuale dell’Association for the Advancement of Artificial Intelligence (AAAI) già si interrogava su come insegnare alle auto senza pilota chi sacrificare, tra un giovane e un vecchio, in caso di collisione inevitabile.

Dunque questi signori scrivono: “Dobbiamo lasciare che le macchine inondino i nostri canali di informazione con propaganda e falsità? Dovremmo lasciar automatizzare tutti i lavori, compresi quelli più soddisfacenti? Dovremmo sviluppare menti non umane che alla fine potrebbero superarci in numero e intelligenza, fino al punto di renderci obsoleti e sostituirci?” (virgolettato tradotto da DeepL). Chiedono una pausa volontaria di sei mesi nella ricerca, per fissare paletti condivisi. In sua assenza, una moratoria imposta dagli stati. È una richiesta molto seria, fatta da gente che – a differenza della stragrande maggioranza della popolazione – sa esattamente di cosa stiamo parlando. Liquidarli come luddisti sarebbe una barzelletta.