Politica e tv 30 anni dopo Berlusconi

Scomparso Berlusconi “l’uomo delle cassette” (cominciò la tv con cassette registrate che venivano trasmesse in tutte le regioni con orari sfalsati per aggirare il divieto dell’ambito locale), si chiude un capitolo della storia italiana che cominciò il 26 gennaio 1994 con quel messaggio televisivo preregistrato dello stesso Berlusconi, della durata di nove minuti. Canale 5 era nato nel 1980 e nel 1992 Mani pulite aveva spazzato via Craxi (quello che aveva legittimato le cassette sfalsate) e la prima Repubblica. Un trentennio che io ho spesso definito “la pena del contrappasso” della sinistra italiana, incapace per natura di adeguarsi alla modernità. L’esempio che ho fatto sempre sono i comunisti che si opposero all’introduzione della televisione a colori in Italia (v. sul blog La sinistra oggi, ovvero gli stessi che si opposero alla tv a colori): “Il tempo fa capire tante cose. Messa al bando da governo e parlamento, la tv a colori debuttò definitivamente anche in Italia il 1° febbraio 1977, dopo quindici anni di acceso dibattito nazionale. …I comunisti e La Malfa tentarono invano di scongiurare l’avvento della tv a colori che negli Stati Uniti c’era dal 1954 e in Francia, Germania e Regno Unito dal 1967″. Noi rispetto ai paesi occidentali forti siamo sempre indietro di 10 anni.

I comunisti sono stati puniti perché non amano la tv. Essi amavano e facevano il cinema (neorealismo e commedia all’italiana furono opera di artisti di sinistra) e disprezzavano la tv; amavano la letteratura, l’opera, il teatro, la danza, la stampa. Umberto Eco (Apocalittici e integrati) ad un certo punto spiegò tutto, Alberto Abruzzese contribuì ad integrare la spiegazione con il concetto di “immaginario collettivo”.

Qualcuno di noi, illuminato da questi intellettuali, comprese che fare la tv privata era troppo costoso e che l’unica politica saggia fosse quella di garantire sempre la concorrenza e il mercato. Cose che in Italia non piacciono a nessuno a cominciare dai sindacati. I comunisti sono moralisti fissati con le industrie di Stato, invece noi pensavamo che l’informazione potesse crescere sul territorio attraverso le radio locali che avevano costi di gestione limitati. Ma alla prova dei fatti la sinistra, non avendo capito nulla di nulla, soltanto a Milano, con Radio Popolare, dimostrò che si poteva imporre sul mercato una radio fatta da giornalisti seri. I comunisti, a chiacchiere fissati con il servizio pubblico, a Roma si accontentarono di occupare la riserva indiana di Rai 3, e, come al solito, vi mandarono i peggiori. I primi che arrivarono in Rai furono, per capirci, Curzi (TeleKabul) e Biscardi, poi seguirono tribuni della plebe, Santoro, un ex maoista, Lerner, ex Lotta continua, Annunziata, ex Manifesto, fino a Fazio e a veltroniani vari.

Oggi che Mediaset e Mondadori appartengono ai figli di primo letto di Berlusconi, il Corsera a Cairo, cresciuto alla corte di B., La stampa e La Repubblica a Elkann, le radio locali non esistono più perchè sono state tutte inglobate dentro le aziende editoriali. L’informazione è ormai polverizzata attraverso tantissimi canali, mentre i social consentono a ciascuno di sfogare il proprio antagonismo tribale o di diventare opinionista da chat (scrivi “carbonara” su un social e trovi migliaia di guerrieri che battagliano su un piatto di pasta). Siccome ogni medium nuovo non fa scomparire ma si aggiunge al precedente, oggi la carta stampata convive con i siti web, gli ebook con i libri cartacei, la televisione col cinema, e l’informazione che si sviluppa attraverso le chat e le dirette streaming si sovrappone alle radio private. I grandi quotidiani (che ormai sono piccoli) hanno partorito piccole redazioni televisive sul web e si interfacciano con i social, si occupano molto di animali, di cose pratiche, di curiosità tratte dal web.

Gira e rigira, la politica si ricicla ma non perde i vecchi vizi. Salvini è il solito camaleonte che gira per l’Italia accompagnato dalla Bestia di Luca Morisi o di un suo simile, il governo in carica occupa la Rai “servizio pubblico” e si mette sotto la tutela di Bruno Vespa, Mediaset senza il Cavaliere si riposiziona (con Berlinguer e Merlino accanto a Porro, Del Debbio, Giordano, Nuzzi). E la sinistra? Continua a fare quello ha sempre fatto, si pensi che ora “il pop Renzi” prova alla sua età la dieta intermittente e la direzione… di un giornale. L’opposizione, i 5Stelle di Conte, contrattano con la Meloni qualche strapuntino, il rimorchio ( di Conte) Schlein non si occupa di Rai e quando è costretta ad andarci si vede subito che non è cosa sua, insomma grande è la confusione sotto il cielo. Tutti si lamentano che la gente non va a votare ma se uno non sa a chi votare che ci va a fare?

L’informazione ormai è una grande immensa autopromozione, e le notizie (quelle che una réclame radiofonica definiva come “quelle che prima passano da noi”) non riguardano Fatti ma sono, per l’appunto, réclame, spot. Se uno in qualsiasi città italiana guarda un sito per ottenere notizie sulla sua città, otterrà cronaca nera e giudiziaria, fornita da polizia e magistratura. E poi tutti dispacci di autopromozione. Le notizie, che una volta il New York Times definì come quelle informazioni che il potere vuole che rimangano segrete, sono scomparse. Uno che la televisione l’ha studiata tutta la vita, il professore Aldo Grasso, per commentare quello che è avvenuto ormai dal 1994 e che io ho fin qui riassunto in maniera disordinata, ha concluso : “la moneta cattiva scaccia sempre quella buona”