Spiegone del mio profilo degrillinizzato e decontizzato

(19/7/23) Il grillismo e il contismo hanno ammaliato vecchi bacucchi come Bersani e tutta quella gente lì che stava nel Pci, e poi ha cominciato ad errare sino a quando non si è convertita, sulla via di Damasco, all’avvocato del popolo. I social media, ma qualcuno non lo ha ancora capito, sono la causa di un effetto: la polarizzazione della politica.

Abbiamo capito che i social, con la loro ubiqua occupazione del nostro tempo quotidiano (solo di poco inferiore a quello preso dalla Tv), hanno determinato una pericolosa polarizzazione della politica. Questo non in un solo paese, ma in tutto l’Occidente. Si è cominciato con la Brexit nel giugno del 2016; si è continuato con l’elezione di Donald Trump nel novembre successivo; e oggi è difficile che, senza una qualche polarizzazione del linguaggio, sia a destra come a sinistra, sia possibile affermare una qualunque strategia politica. In queste ore si pensi alla Spagna, dove un elevatissimo livello di polarizzazione politica è una grande novità. Anche in Italia gli estremisti della prima Repubblica, fascisti e comunisti, hanno ritrovato una nuova giovinezza. Anzi addirittura è andata al governo una missina. I social cioè polarizzano perchè consentono ai gruppi di trovare un nemico che li rende coesi. Cosa unisce Bersani, D’Alema, Zingaretti, Letta, Franceschini, Bettini, Provenzano, Fratoianni e compagnia cantante? Niente di niente se non il comune nemico che è Renzi.

Ora, se non si capisce il concetto che ora vado a spiegare, tutto il ragionamento appena iniziato viene meno. Questo concetto lo esprimo così. Con i social il nemico cementa i gruppi ma il nemico è solo un pretesto, una semplice bandierina. Ci sono gruppi che stanno insieme avendo individuato il nemico in Renzi, ma altri sono nemici della carne o dell’insalata, della Juve o del ciclismo, della tv o dei libri, i nemici non mancano mai e ognuno si sceglie i suoi. Tornando quindi alla politica, è evidente che Renzi capo del governo e autore del Job Acts, della legge elettorale, degli 80 euro, era un nemico ma certo è destinato ad essere sostituito da un altro e si perderà memoria dell’ostilità che provocava. La sinistra, per fare degli esempi, ha avuto nemici, in circa 73 anni, Scelba e poi Tambroni, poi Fanfani, Andreotti, Craxi, Berlusconi, Bossi, Salvini. Più passa il tempo più nessuno ricorderà per quale motivo ciascuno di essi fosse considerato un nemico. Non solo perchè i giovani non possono sapere chi fosse Tambroni ma anche perchè il tempo pone tutti sotto una luce diversa: Fanfani per noi era il nano maledetto ma oggi questo si chiama body shaming. Il nemico più vicino sembra dunque quello più pericoloso, quello più lontano lo sembra di meno, ma il bisogno di avere un nemico, oggi agevolato dai social media, è sempre stato alimentato nel corso della storia con strumenti vari, dalla propaganda ai giornali ai media.

Faccio una breve pausa per spiegare come io stesso non sono fuori da questa dinamica, e non lo posso essere perchè tutti respiriamo la stessa aria. I miei nemici sono Grillo e Conte (io sono liberale e loro illiberali), e quindi è chiaro che tutti quelli che adorano Grillo e Conte ce l’hanno con me e io ce l’ho con loro. D’altra parte, l’Italia è un paese litigioso, non c’è argomento – neppure l’invasione di uno stato libero e indipendente da parte di una potenza imperialista – sui cui si riesca a trovare una posizione comune.

Qui non si tratta di capire chi ha ragione, per il semplice fatto che all’umanità non è possibile. Vi piacerebbe, ci piacerebbe, ma non ci è consentito, sarebbe troppo bello se noi umani potessimo imparare dagli errori o dalle lezioni della storia. Dopo che l’Italia è stata capace di beccarsi vent’anni di fascismo, durante il quale se non eri d’accordo potevano aspettarti sotto casa e riempirti di botte, e se andavi dalla polizia o dalla magistratura a denunciare gli aggressori, la polizia e la magistratura erano dalla loro parte. Dopo che Mussolini ci ha condotti in un’altra guerra devastante, da quasi mezzo milione di morti, con 320mila militari feriti, congelati, mutilati ed invalidi nel periodo bellico 1940/1945, con 621mila militari fatti prigionieri dalle forze anglo-americane sui vari fronti, con bombardamenti, fame, e l’Italia ridotta a campo di battaglia tra due eserciti stranieri. Dopo tutto questo, chi ha creduto che i fascisti non si sarebbero più visti in giro? Nessuno, perchè non c’è mai chi ha ragione e chi torto, ognuno resta con i suoi nemici, li aggiorna un pò, in fondo nessuno cambia mai idea, o si converte, o si trasforma. Il 9 dicembre 1948, sull’onda dell’Olocausto le Nazioni Unite approvarono la Convenzione per la Prevenzione e la Repressione del Crimine di Genocidio. In tale convenzione, il genocidio viene definito crimine internazionale, che gli stati firmatari “si impegnano a combattere e punire”. Un avvocato ebreo polacco, Raphael Lemkin (1900-1959), coniò la parola unendo il prefisso geno-, dal greco razza o tribù, con il suffisso -cidio, dal latino uccidere. Nel proporre questo nuovo termine, Lemkin aveva in mente “l’insieme di azioni progettate e coordinate per la distruzione degli aspetti essenziali della vita di determinati gruppi etnici, allo scopo di annientare i gruppi stessi”. Bene, vi risulta che l’umanità non pratichi più il genocidio?

Che cosa voglio dire dopo questo excursus storico? Intendo dire che la storia si ripete e gira intorno, l’umanità non apprende mai nessuna lezione, e ricomincia sempre da zero come nel gioco dell’oca. La ragione non prevale mai sull’istinto e sui sentimenti, per cui ognuno di noi si tiene i suoi nemici, magari li cambia col tempo, e li combatte come vuole e come sa. Mai nessuno ha ragione nessuno ha torto. Immaginate se si avesse la certezza che il Dio cristiano esiste. Allora non saremmo più liberi e tutti andremmo in chiesa. Chi ha ragione, il cristiano o l’ateo? Nessuno dei due eppure si continua a discutere come se sulla terra fosse possibile stabilirlo una volta per sempre. Queste guerre, non finte ma vere, crudeli, terribili, continuano. Cambiano solo i nemici di giornata, dell’epoca.

Un consiglio gratuito a chi intende aver ragione (nonostante non sia possibile) lo posso dare: non è importante quello che dici ma come lo dici.

L’AI riuscirà fra poco a convincerci della giustezza di qualsiasi tesi grazie ad un uso suggestivo del linguaggio. Grandi persuasori ci sono sempre stati, immaginate ora un grande persuasore che si avvale dell’AI per esporre le sue tesi. E’ finita l’epoca dei suggeritori, dei ghost writer, i social media dopo aver trovato il modo di farci stare più a lungo su Tik Tok riusciranno a trovare gli accenti giusti per convincerci di qualsiasi cosa. Magari, che Grillo e Conte siano dei compagnucci da comprendere nel campo largo.

La nuova Babele: ognuno è il selfie di sé di ALDO GRASSO (16/7/23) Leggere e non capire. Ascoltare e non capire. Vedere e non capire. La non comprensione del testo sta diventando malattia sociale, analfabetismo funzionale, una vera tragedia del nostro tempo. Il pericolo che Tullio De Mauro paventava anni fa si sta realizzando: grazie al web, è aumentata la disponibilità di contenuti ma, nello stesso tempo, è diminuita la curiosità intellettuale. Di fronte a un testo, si cercano solo parole che rafforzino i nostri pregiudizi, il nostro sapere indifferenti al contesto: si chiama cherry picking (raccolta di ciliegie), la rigorosa selezione di news solo in base alle nostre convinzioni. Gli ultimi risultati della rilevazione “Invalsi” sono sconfortanti: troppi studenti arrivano al termine degli studi con un livello di preparazione insufficiente. Crescendo non miglioreranno, non andranno oltre la sintassi di sussistenza di Twitter o di TikTok ma, da inadeguati, vorranno sempre dire la loro, votare. Anche molti politici faticano a comprendere il senso di un testo, restii a ogni approfondimento. Si fermano alla superficie, cedendo fatalmente all’urgenza di esprimere un parere. È la nuova Babele, dove il peccato d’orgoglio ci condanna alla mutua incomprensione, alla confusione delle lingue, dove ognuno è il selfie di sé, convinto della bontà delle proprie ragioni e della fallacia di quelle altrui.