Onlus Betania/ Catanzaro l’economia statale tutta colpa dei neoliberisti

Intorno all’anno duemila, l’ho raccontato altre volte, i presidi calabresi furono formati dal Miur per ottenere il ruolo di dirigenti scolastici. Oltre le lezioni teoriche ci furono incontri con manager affinchè ci parlassero dell’organizzazione di impresa. Uno degli incontri che ci lasciò perplessi fu presso la fondazione Betania di Catanzaro, dove ci ricevette un sacerdote, don Biagio Amato.

Si vedeva che era un sant’uomo ma il discorso che ci fece dopo averci fatto visitare una struttura modernissima che ospitava anziani e disabili, non l’ho dimenticato più.

Prima di spiegare quel discorso saltiamo subito all’oggi, perchè il Tribunale ha stabilito che Betania è una Onlus solo sulla carta e pertanto può fallire. Leggete cosa dice il sindaco di Catanzaro: «La Fondazione Betania non è una qualsiasi azienda in difficoltà, non può essere paragonata ad una ditta insolvente e basta, è un pezzo della storia di Catanzaro, è una struttura che per decenni è stata un fiore all’occhiello dell’assistenza e della solidarietà verso i più deboli. Sono migliaia i cittadini calabresi, e con loro le famiglie, che hanno ricevuto sollievo delle loro sofferenze, a cominciare da quella devastante della solitudine. Va accolto l’appello accorato del nostro arcivescovo Claudio Maniago e il Comune di Catanzaro è pronto a fare la sua parte per ottenere il fermo della procedura di liquidazione stabilita dal tribunale. La Regione Calabria può fare molto e lo abbiamo detto già da mesi all’assessore regionale alle politiche sociali Staine nel corso degli incontri che si svolti sul punto”.

A Fiorita replica  l’amministratore della Srl creditrice: «Ora si faccia luce su anni di cattiva gestione della Chiesa». Ristorart è la società da cui è partita l’istanza di liquidazione giudiziale: «Quando le autorità religiose decidono di fare impresa non possono ragionare solo sul sostegno pubblico». La decisione del Tribunale di Catanzaro c’è stata a seguito dell’istanza della Ristorart Toscana Srl per tre fatture da 209mila euro non pagate. Evidenziato anche un debito con l’Erario per 1,7 milioni di euro.

Questo avviene oggi nel 2023, ma già quando i presidi calabresi incontrarono 25 anni fa don Biagio nei locali della Fondazione, ascoltandolo, avevano capito (previsto) tutto. Don Biagio ci raccontò come aveva iniziato ad occuparsi della Fondazione. Era stato chiamato dal Vescovo di Catanzaro che lo aveva pregato di risanare Betania. Il prete mentre ci parlava andò alla lavagna e scrisse una cifra molto grande (che non ricordo). “Il debito che la Fondazione aveva verso i fornitori ammontava a questo importo. Allora io chiesi al Vescovo tre giorni di tempo per pensarci. Dopo tre giorni tornai da lui e gli dissi. Accetto ma a condizione che il debito venga colmato dalla Regione. Il Vescovo accettò ed eccomi qua”. Noi presidi presenti a quell’incontro ci guardammo perplessi, se quella doveva essere una lezione per capire come si gestisce un’impresa, l’unica cosa che avevamo capita era la seguente: così siamo buoni tutti.

Se infatti una qualsiasi impresa caritatevole, che si occupa di disabili, anziani, malati, sta in piedi perchè a fine anno la Regione o la Provincia o il Comune o lo Stato stacca un assegno e paga le spese e gli stipendi (adesso Betania ha 370 dipendenti), si capisce come il meccanismo non possa funzionare. E non può funzionare perchè in ogni città italiana ci potrebbe essere una Fondazione del genere, non solo a Catanzaro, e non può funzionare perchè siamo fuori dal Mercato, ci troviamo nell’ambito dell’economia di Stato.

Quello che si apprende da questa storia vera, fermo restando che i protagonisti della stessa sono tutti ottime persone e non disonesti, andrebbe davvero spiegato con un corso annuale nelle scuole, per comprendere l’economia, il Mezzogiorno, la politica e tante altre cose. Catanzaro è la tipica città che vive sulla sanità e sulle opere pubbliche, sin dagli anni sessanta è stata la “città degli uffici” dove una burocrazia onnipresente succhiava le risorse del bilancio dello Stato. Il modello Catanzaro è ormai studiato in tutto il mondo.

Ormai in Italia ci sono tanti i quali sono convinti, nel 2023, che lo Stato debba dare una pensione ad ogni nuovo nato. La questione del reddito di cittadinanza o del Bonus 110% è, secondo me, un pretesto, una misura provvisoria, perchè tanti in realtà pensano che lo Stato debba dare una pensione a ciascun individuo dal momento in cui nasce. Solo in questo modo, pensano, si conquista la libertà dal bisogno, si guarisce la povertà, si evitano i mali della disoccupazione, ognuno può scegliersi un lavoro adatto alle sue capacità e ai suoi desideri.

Oltre a questa misura universale, tanti pensano che a Catanzaro e in ogni città (sui paesi se ne discute) debba sorgere una Betania (che per chi l’ha vista è un gioiello) che si occupi di anziani e disabili da assistere, il tutto a spese della Regione.

Ora, tutto questo discorso economico (ecco perchè sarebbe importante che venisse studiato a scuola) deve rispondere ad una sola unica domanda: lo Stato, cioè il popolo italiano con le tasse, come fa a finanziare tutto questo? Dove prende le risorse? La risposta che quei tanti forniscono è un semplice slogan e si può riassumere così: I soldi lo Stato li trova purchè sconfigga il neoliberismo. Fuori dallo slogan la ricetta è la seguente. Se lo Stato spende 100, 80 lo finanziamo con le tasse di chi  guadagna da 35mila euro annue in su, e il 20 rimanente ce lo deve dare l’Europa.

A partire dagli anni Ottanta, le idee dei fautori dell’interventismo pubblico a 360 gradi, della politica industriale e dello stato massimo, sono entrate in crisi. In quel frangente tanti hanno rinvenuto nella storia economica una deviazione, imboccata la quale ci siamo sperduti, impoveriti, e la nostra condizione umana è diventata disastrosa. La svolta neo liberista, statene certi, secondo  Fiorita sindaco di Catanzaro spiega perchè hanno messo in liquidazione l’Onlus Betania. La svolta neo liberista è insomma il vero passpartout che spiega il disastro della sanità pubblica, i disavanzi dei comuni, il debito pubblico. Il neo liberismo spiega quasi tutto.

Solo che se in Italia c’è stata una svolta “neoliberista”, questa è essenzialmente coincisa con l’integrazione europea. Il nostro paese non ha fatto nulla di più, anzi qualcosa di meno, del minimo sindacale chiesto dall’Europa nel suo lungo processo di integrazione economico-istituzionale. Di questa evoluzione furono protagonisti a vario titolo e nei rispettivi campi Andreatta, Ciampi, Salvati, Reichlin, Amato, Napolitano, addirittura D’Alema e persino Vincenzo Visco, che da ministro delle Finanze, a fine legislatura nel 2001, si vantò della “pressoché totale fuoruscita dello Stato dalla maggior parte dei settori imprenditoriali dei quali, per oltre mezzo secolo, era stato, nel bene e nel male, titolare”. Tutte personalità che sarebbe davvero bizzarro mandare oggi al confino con l’accusa di neoliberismo. (Capone e Stagnaro, La sinistra e i conti con il neoliberismo, Il Foglio, 17/7/23).

C’è stata un’epoca in cui lo Stato italiano aveva le aziende di Stato, oltre le 3 banche, Banca Commerciale Italiana, Credito Italiano e Banco di Roma passate sotto il controllo dello Stato dopo la grande crisi del 1929-1933. Queste aziende facevano di tutto, dalle auto ai panettoni. La svolta neoliberista ci fu per volere dell’Europa che ci impose le privatizzazioni. In realtà quei tanti di cui ho parlato sin qui quando maledicono i neoliberisti, in fondo in fondo ce l’hanno con l’Europa. Non crediate che siano solo i fascisti alla Le Pen a odiare la matrigna Europa, in Italia è la sinistra cd antagonista ben presente nel pd e dintorni.