Taxi introvabili, un ddl fa sperare

L’Italia è in preda ad uno dei suoi tipici dilemmi corporativi. Da un lato i cittadini e i turisti che così bene contribuiscono alla nostra economia, affrontano un problema di scarsità: non ci sono taxi o comunque vetture private, che siano a noleggio (Ncc) o organizzate su app (Uber), per soddisfare la loro richiesta di mobilità. È un fenomeno che si trascina da decenni ma che quest’estate ha assunto proporzioni mai viste, soprattutto nelle grandi città e in quelle turistiche.

Dall’altro lato abbiamo una corporazione, quella dei taxisti, che secondo le più recenti stime sarebbero circa 40.000 anche se i rapporti dell’Autorità Antitrust (Agcm) e di quella dei Trasporti ne indicavano di meno. Poco importa, diciamo qualche decina di migliaia.

Quanto alla categoria, in primis piange miseria. I redditi Irpef ufficiali si aggirano sui 15.000 euro, benché inchieste giornalistiche e soprattutto l’opera meritoria di un tassista, il bolognese Roberto “Red Sox”, che espone con precisione certosina i suoi incassi e spese giornalieri, facciano sospettare che i guadagni reali non abbiano molto a che fare con quelli dichiarati.

Inoltre, l’opposizione ad un aumento delle licenze, per non parlare della liberalizzazione sia della concessione delle stesse sia all’ingresso di nuovi concorrenti, Ncc o Uber che siano, è sempre stata feroce e finora vincente.

Il timore dei conducenti delle auto bianche è duplice. Da un lato, se ci fossero più vetture in circolazione, essi paventano una perdita di clientela, soprattutto nei periodi e negli orari di minore attività; dall’altro sono preoccupati della diminuzione di valore delle loro licenze.

Nel corso degli anni, infatti, si è creato un mercato secondario delle licenze che in città come Milano sembra abbiano un valore oscillante tra i 120.000 e i 200.000 euro. Per molti tassisti sono l’equivalente del Tfr, un tesoretto che potrà essere ceduto quando decideranno di lasciare l’attività.

Il legislatore si trova perciò stretto tra l’imperativo primario di garantire il servizio pubblico ai consumatori nonché, nel contempo, sviluppare un comparto economico oggi strozzato dalla carenza di offerta e l’opportunità di non creare un danno economico rilevante agli attuali licenziatari che, a prescindere dai sospetti di evasione, hanno tutto sommato operato con le regole del gioco vigenti.

Ecco che l’uovo di Colombo, per rimediare almeno all’emergenza, potrebbe essere stato trovato da un gruppo di deputati di Italia Viva ed Azione i quali, coadiuvati dai LibDem Europei (una formazione politica liberale e liberista), hanno preparato un disegno di legge con primi firmatari Luigi Marattin e Giulia Pastorella che viene presentata oggi alla Camera dei Deputati.

Il principio è molto semplice: ogni tassista avrà diritto ad un’altra licenza (per lo stesso territorio dell’attuale) che potrà rivendere entro due anni attraverso un portale trasparente gestito dall’Autorità dei trasporti (così si formerà un vero mercato). Se la licenza non viene ceduta ritorna ai comuni che avranno altri due anni per metterla all’asta sulla stessa piattaforma. Il ragionamento è semplice: può darsi che se in una data città ci sono 1.000 licenze il cui valore odierno è di 100, se le raddoppi quest’ultimo scende a 50. Ma sono gli stessi 50 che i nuovi entranti pagheranno al tassista cedente che quindi andrà in pari, anzi incassando in anticipo parte del suo famoso Tfr.

Il ddl contiene altre misure liberalizzatrici, ad esempio flessibilità per le tariffe; la possibilità per gli Ncc di prendere prenotazioni senza obbligo di rientrare nella rimessa; il compito per le Regioni di verificare che siano in funzione applicazioni che consentano l’intermediazione tra domanda e offerta in modo concorrenziale e trasparente; la possibilità di servizio cumulativo (clienti diversi a bordo dello stesso taxi; l’obbligo di pos).

Non è la riforma liberalizzatrice al 100% che avremmo amato (la libertà che attualmente Uber e Lynk hanno negli Usa qui ancora non c’è), ma se si riuscisse ad ottenere il doppio di automobili per strada con prezzi flessibili e trasparenti credo che i consumatori avrebbero ogni motivo per festeggiare.