Izzo, Portanova, Santanchè, bidelli, Juve. La giustizia elastica

Alcune  vicende che riguardano il rapporto tra calcio e giudici fanno riflettere non poco. Però prima cominciamo dalla cd “presunzione di innocenza” sino alla sentenza definitiva. Come opera in concreto? Vediamo.

“Il bidello pedofilo libero di molestare bimbi per 20 anni: “Condannato tre volte, il Ministero non lo ha cacciato” La Corte dei Conti mette nel mirino il pedofilo, 60 anni e già tre sentenze per violenza sessuale su minorenni. Ma si salva chi non lo ha rimosso dal servizio”. Il bidello pedofilo seriale, per capirci, nonostante tre condanne, ha continuato a lavorare nelle scuole senza che nessuno si prendesse la briga di controllare quel che aveva fatto nelle scuole precedenti.

Bene, non sarà un pedofilo, ma il difensore del Monza Armando Izzo, è stato coinvolto in un caso di calcioscommesse e criminalità organizzata, pertanto è stato condannato a cinque anni di reclusione dalla VI sezione penale del Tribunale di Napoli per concorso esterno in associazione camorristica e frode sportiva. I fatti per i quali il giocatore napoletano è stato condannato risalgono a quando militava nell’Avellino, in serie B, per una gara del campionato 2013-2014. Domanda ingenua, non sarà un pedofilo, ma uno condannato per calcio scommesse lo fate giocare ancora a calcio? La domanda tanto ingenua non è se pensate che la Reggina è stata condannata dalla giustizia sportiva e ora dal Tar  in quanto la sentenza di un Tribunale (la cd omologa) che aveva spalmato i debiti nell’arco di più anni non è ancora definitiva. In altri termini, talvolta la sentenza non definitiva gioca  a favore dell’imputato altre volte a sfavore, dipende…

Sempre nel calcio il caso Portanova sta scuotendo Reggio Emilia.

Manolo Portanova, 23 anni, è un centrocampista del Genoa che lo scorso dicembre in primo grado è stato condannato a sei anni di reclusione con rito abbreviato (altrimenti sarebbero stati nove) per violenza sessuale di gruppo. L’episodio si sarebbe consumato a maggio 2021 in un appartamento di Siena. Il 18 luglio la Reggiana, promossa a metà aprile dalla Lega Pro in Serie B, l’ha ingaggiato. Può giocare a pallone un condannato per stupro in via non definitiva? Eccolo qui il domandone. Talmente complesso che perfino il club granata dice d’essersi messo alla finestra.

Ecco perché sinora il pallone non rotola, nel senso che prima di depositare in Lega il contratto (un anno, in prestito dal Genoa), la Reggiana ha atteso il pronunciamento del tribunale del Coni che ha dato parere positivo.

Gli ultras reggiani sono garantisti, si sono schierati subito dalla parte del giocatore, contrariamente a quanto capitò a Bari all’inizio dell’anno, quando il prestito in biancorosso saltò per l’opposizione pubblica. E anche al Genoa Portanova pur senza formalmente finire fuori squadra, non giocava più dopo la sentenza. Ora invece la stragrande maggioranza della tifoseria di Reggio Emilia sta con lui. Epperò a ribellarsi non sono pochi.

Intanto l’associazione femminista “Non una di meno” ha promosso un sit in di protesta in piazza Prampolini tenutosi il 21 luglio. «Te lo buco ‘sto patriarcato: stupratori in campo non ne vogliamo», era lo slogan.

Certo, magari Portanova forse se la cavava meglio se fosse stato giudicato da quella giudice che ha emesso la sentenza della «palpata breve»; oppure dalla corte che ha ridimensionato gli abusi di un «goliardico» direttore di museo ai danni di una dipendente; o infine dalla corte che ha emesso una sentenza che riteneva i «fendenti non penetranti fino agli organi vitali» in un caso di tentato femminicidio.

Ma questa benedetta giustizia sportiva che per l’appunto appellandosi all’articolo 4 del codice di giustizia sportiva (norma di chiusura che disciplina i principi di lealtà, correttezza e probità) ha condannato la Juve ad una penalizzazione senza che ci fosse stata prima neppure una sentenza (di I grado) di un tribunale italiano, come fa a consentire che Portanova e Izzo giochino come se nulla fosse?

La presunzione di innocenza agisce sino alla sentenza definitiva, ma perchè mai un ministro deve dimettersi (secondo tanti giustizialisti nostrani) prima che sia stato condannato almeno in primo grado se due calciatori condannati possono invece continuare tranquillamente a giocare?

Con tutti questi esempi che ho fatto intendo arrivare ad una sola provvisoria conclusione, che è la seguente: la cd giustizia sportiva italiana è una barzelletta perchè le sentenze sono emesse non sulla base del diritto ma di simpatie e discrezionalità politiche; poi nell’ambito dell’ordinamento, andrebbe chiarito esattamente che dopo una sentenza di primo grado, appellabile e dunque ancora non definitiva, qualche cautela andrebbe prevista per tutelare i più deboli.

Se un pedofilo, o un uomo violento pur dopo una prima sentenza di condanna sono liberi come lo erano prima della sentenza, chi ci dice che non ripetano le azioni per le quali siano stati condannati? In altri termini, se è prevista l’interdizione dai pubblici uffici per un reato commesso da un dipendente pubblico, perchè prima della sentenza definitiva una sorta di interdizione non opera per arginare pedofili e violenti?

I nostri giustizialisti della domenica appena un politico viene indagato ne chiedono le dimissioni (per ragioni politiche e morali, s’intende), vi risulta che facciano lo stesso chiasso per un bidello pedofilo che continua come se nulla fosse a stare a contatto con bambini, o protestino perchè uno che si vendeva le partite continui a giocare a calcio?