Perchè i liberal in Italia non contano nulla (Shary Bobbins)

Alberto Mingardi
Alessandro De Nicola

L’avventura dei due narcisi Calenda e Renzi malintenzionati a fare il Terzo Polo sembra conclusa ma non è stata raccontata in maniera seria, prevalendo lo sberleffo su una analisi seria delle difficoltà oggettive dell’impresa. C’è in Italia, oltre Renzi e Calenda, uno spazio politico per una forza liberal che si presenti come riformista? La domanda, è chiaro, ha una risposta negativa fin quando persisterà il bipolarismo (che costringe a schierarsi) e non si tornerà ad un sistema proporzionale. Ma, ciò detto, anche nelle elezioni come quelle europee che lo consentono sappiamo bene che non c’è nessuna possibilità di riunire tutti i riformisti italiani, magari guidati da un Luigi Marattin o dai tanti liberal credibili che vi sono. Vorrei elencare  i 4 motivi che rendono impossibile questa operazione, ma lascerò per ultimo il motivo principale e più determinante.

I) Il primo motivo della impossibilità sta nella convinzione di Bonaccini e di quelli che lo seguono che il Pd sia contendibile e non vada perciò lasciato ai diversamente grillini che lo guidano attualmente. L’errore tragico di Bonaccini è non capire che nel pd una quota di antisistema, estremisti filosovietici provenienti dal pci, considereranno sempre Travaglio e Grillo rivoluzionari mentre Olof Palme è un moderato di destra.

II) Il secondo motivo sta nell’illusione frontista (del campo largo) che molti liberali coltivano, per cui essi guardano solo verso il pd. E’ un errore storico perchè il riformismo italiano (da Giustizia e libertà in poi) non ha avuto origine nel campo comunista ma in quello socialista, radicale e liberale. Basti pensare al ruolo avuto da Eugenio Scalfari con Repubblica per svincolare il pci dalla sua appartenenza storica e traghettarlo nell’area liberaldemocratica. In fondo il populismo alla Schlein dimostra che le sirene dell’anticapitalismo, più o meno filosovietico, antisistema, multilaterale, in quel partito non si sono mai spente. 

III) L’identità soprattutto nell’era del populismo è fondamentale per ottenere consensi elettorali pur partendo da piccole percentuali ad una sola cifra. Ciò spiega il successo della Meloni perchè l’ “identità” si incarna in un leader “testimonial” che rappresenta un modo d’essere. L’identità riformista per un momento in Italia è stata rinvenuta in Mario Draghi, ora si tratta di scegliere una figura autorevole di quella portata che sia capace di guardare a destra e sinistra proponendo una visione del mondo convincente per una forza che può stare all’opposizione o andare al governo avendo ben chiare le coordinate politiche entro cui muoversi.

IV) Infine c’è il quarto ed ultimo motivo che, anche se le prime tre condizioni per incanto si attuassero, rende impossibile in Italia l’affermarsi di una forza liberal. In italiano il termine “politica” comprende due significati che nella lingua inglese sono ben distinti: con policy si intende la politica “reale”, intesa come soluzioni concrete ai problemi comuni, contrapposta alla politics , che invece fa riferimento a meri rapporti di forza, su base ideologica, tra forze politiche e leader.  Bene, sono le policy a rendere impossibili uno spazio liberal ed è facile constatarlo ogni giorno attraverso la semplice cronaca politica. Non c’è un solo argomento sul tappeto che possa essere risolto in un unico modo “riformista”. Su ogni e qualsiasi argomento concreto, fuori dalle petizioni di principio e dei valori, si aprono discussioni infinite circa le soluzioni. Gli esempi sono innumerevoli, basti citare la questione del salario minimo o dei bonus, della riforma del fisco o della giustizia o del sistema elettorale. Ciò significa che tutti coloro i quali condividono la stessa identità perchè sono favorevoli agli Usa e alla Nato, alla UE e alla concorrenza, quando debbono poi avanzare soluzioni pratiche, legislative o organizzative sui vari temi politici dell’agenda giornaliera, finiscono, come tutti, per dividersi. Non è questione di cattiva volontà o di cattiva politica, le “policy”, le politiche concrete, rappresentano sempre un ventaglio più o meno grande di soluzioni per cui è la complessità dei problemi a dividere. Per fare un esempio comprensibile, anche a scuola le materie dividono per cui i vari prof allo stesso alunno magari danno voti diversi. La molteplicità dei punti di vista rende difficile la collegialità. Solo un partito con una sua identità riconoscibile e una sua collegialità ben normata sarebbe in grado di scegliere di volta in volta tra soluzioni diverse sugli stessi problemi. La deriva populista grillina del pd in salsa Schlein è cominciata tanti anni fa quando le correnti si sono impadronite del partito replicando le pratiche democristiane della prima repubblica. Non ci sarà mai più un segretario pd stabile, così come avveniva nella dc, ma solo segretari appollaiati su un ramo che altri suoi colleghi sono intenti a segare. Se la strategia di crasi tra Partito democratico e Cinquestelle è ormai quella dalemiana, se la sostanziale identificazione tra Schlein e Conte caratterizza il quadro politico italiano, pur se i liberal italiani troveranno una loro identità e  un loro leader sciogliendo il nodo gordiano se guardare solo a sinistra o se superare definitivamente le categorie destra e sinistra, non basteranno gli ideali per affermare elettoralmente il centro. Su ogni “policy” le divisioni ricompariranno e non basterà ripetersi il rosario (siamo europei, amiamo lo stato di diritto, il mercato, gli Usa, l’Ucraina) per superarle.

PS C’è un cartoon dei Simpson (Simpsoncalifragilistichespirali-d’oh-so stagione 8, ep 13) che è istruttivo vedere per capire la situazione italiana: Stressata dal proprio lavoro di casalinga e madre, Marge assume una tata magica inglese di nome Sherry Bobbins (parodia di Mary Poppins), che arriva a casa Simpson volando con un ombrello. Sherry riesce a sistemare le cose a casa Simpson, insegnando a Bart e Lisa come tenere in ordine la propria stanza ed essere disciplinati. Dopo un primo entusiasmo iniziale, però, i Simpson non riescono a fare a meno della propria vita confusionaria. Sherry Bobbins, depressa, si rende conto che non è riuscita a insegnare nulla alla famiglia però capisce che i Simpson amano vivere nella confusione ed è questo il loro vero stile di vita. Va via da casa Simpson con il suo ombrello contenta lo stesso, ma finisce incenerita dal reattore di un aereo passante.

Agli italiani piace vivere così.

 
 

 

Nicola Rossi
Luigi Marattin