Scuola/ Il Tar promuove con 6 insufficienze, la mia atomica

Un’altra promozione confezionata dal tribunale amministrativo: una studentessa di prima media a Tivoli, in provincia di Roma, era stata bocciata dai suoi docenti con sei insufficienze, di cui una grave (geografia, francese, matematica, scienze, inglese e musica).

Secondo gli insegnanti, l’impegno si è rivelato “scarso e inadeguato, sia nell’esecuzione dei compiti che nello studio”. La famiglia ha però presentato ricorso chiedendo l’annullamento del procedimento. Annullamento ottenuto.

Il Tribunale amministrativo, richiamando una precedente sentenza del Consiglio di Stato, ha ritenuto che i professori non avrebbero considerato il percorso della ragazza dall’inizio alla fine: “L’alunna, dal primo mese di scuola fino al termine delle lezioni, ha visto incrementare le proprie conoscenze e migliorare i propri voti”, scrivono i giudici nella sentenza.  Sempre secondo la ricostruzione del Tar, le colpe della scuola stanno nel non aver messo a disposizione «sistemi di ausilio e di supporto per il recupero“. Le solite questioni procedurali, non sostanziali. In altri termini, si chiamano cavilli.

Spiega bene la situazione Cristina Costarelli, preside del Liceo Newton di Roma e presidente dell’associazione presidi del Lazio – Il problema con le bocciature è dovuto al fatto che la valutazione ha una doppia natura: è un momento del processo formativo e di crescita e al tempo stesso un atto amministrativo, c’è una parte sostanziale e una formale. Il Tar si occupa di questa seconda natura, ma spesso questi scontri con le famiglie si potrebbero risolvere in modo più proficuo parlandosi e cercando una strada che aiuti veramente lo studente». Al Newton nel piano dell’offerta formativa è scritto che il voto finale non è la media aritmetica dei voti dei compiti in classe ma va valutato lo studente nel complesso: è un modo di sostenere i professori nel loro giudizio. «Un po’ di preoccupazione gli insegnanti ce l’hanno. Io dico sempre che bisogna coinvolgere la famiglia». Certo con il registro elettronico i genitori sono informati in tempo reale delle performance scolastiche dei figli e risulta strano che cadano dalle nuvole a fine anno.

Mentre il Ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara con l’ausilio di esperti studia il caso, mentre qualcuno intende allargare il discorso “verso una responsabilizzazione dei genitori all’interno dell’alleanza educativa che non deve contrapporre famiglie e scuola nell’interesse innanzitutto dei giovani”, uno come me che adotterebbe subito la scuola senza voti e che sul tema ha già scritto “La fabbrica dei voti finti” (2017, Armando editore), non rimane sorpreso.

Riassumo le mie 2 (antiche) proposte:

(1) Come avviene in Germania (si chiama sistema duale) finita la scuola media i percorsi scolastici degli alunni devono decisamente differenziarsi: verso la laurea o verso il diploma-occupazione (con passerelle tra i due rami).

(2) I docenti devono tornare solo ad insegnare senza dare voti. Alla fine dell’anno attraverso prove oggettive sommative (magari predisposte dall’AI) somministrate in ogni scuola (come in Gran Bretagna) un organismo autonomo e indipendente dal Miur procede alla valutazione degli apprendimenti con relative promozioni e bocciature.

Come si vede, sottrarre ai docenti l’arma (o strumento della valutazione sommativa) del voto finale e chieder loro solo di insegnare bene non consentirebbe più a giudici, famiglie, esperti, di fare i protagonisti. Tutti sarebbero responsabilizzati. Se non ti danno la patente non te la prendi con l’istruttore di guida. Per incanto tutti i problemi della scuola italiana svanirebbero perchè a scuola ci andrebbe chi vuol ottenere una preparazione che ti consenta di superare le prove finali, nazionali e oggettive. Il docente potrebbe tornare ad insegnare, l’alunno ad imparare, e tutto il tempo sottratto alle lezioni sarebbe un danno solo per gli studenti.

L’esperienza delle prove Invalsi ormai somministrate sino all’ultimo anno delle superiori (un repertorio smisurato) sta dimostrando che senza basarsi sui voti dati in piena libertà dai docenti di ogni grado e di ogni scuola (con relativi 100 e lode elargiti alla fine), il sistema è in grado di verificare e misurare in maniera oggettiva i risultati degli apprendimenti degli studenti italiani. Sulla scuola si può eliminare ogni contenzioso e le prove Invalsi stanno dimostrando con dati annuali oggettivi qual è la situazione reale degli apprendimenti.

Ma certo, conosco bene le resistenze, la pacchia di poter dare il voto che vuoi ad un asinello, o giudici capaci attraverso l’arte del cavillo di trasformare l’acqua in vino, le resistenze sarebbero forti. Anch’io vivo in Italia. Ma come il film di Nolan “Oppenheimer”, la mia proposta sarebbe un’opera affascinante, stratificata e sbalorditiva come il suo geniale soggetto. Non perfetta ma vitale.