Gratteri da Catanzaro a Napoli

(Giovanni Bianconi, Corsera) Il magistrato anticrimine (e non solo antimafia) più noto d’Italia – per le indagini svolte sulla ‘ndrangheta in oltre trent’anni di lavoro, ma anche per i libri pubblicati, le interviste e le apparizioni in tv – è diventato procuratore di Napoli, l’ufficio inquirente più grande d’Italia e forse d’Europa.

Nicola Gratteri esce dalla sua Calabria e sbarca sotto il Vesuvio, dopo aver girato in lungo e in largo non solo la penisola ma il mondo intero, per via delle sue inchieste e per la sua attività di conferenziere. Una nomina e un riconoscimento importante per il magistrato, che gli consente di entrare nel club (o nel partito, come qualcuno l’ha chiamato in passato) dei procuratori più rilevanti e ascoltati del Paese , quelli delle principali città, nonché di confrontarsi con una sfida professionale ancora più alta di quelle affrontate finora.

Ma la nomina appena compiuta dal Consiglio superiore della magistratura è importante e significativa anche sul piano “politico”. Non per appartenenza o tendenze del candidato prescelto, che non ha mai dato adito a individuare quali siano e non ha mai nemmeno aderito ad alcuna corrente della magistratura associata, bensì per come si è arrivati alla sua nomina. Per Gratteri ha votato compatto il fronte dei laici di centro-destra (compreso il vice-presidente del Csm Pinelli) più il rappresentante di Renzi e quello indicato dai Cinque stelle, oltre alla corrente conservatrice di Magistratura indipendente (più qualche preferenza sparsa di altri togati), passando sopra alle perplessità “garantiste” di Forza Italia o del Terzo Polo.

È come se l’orientamento prevalente nella maggioranza che sostiene l’attuale governo si fosse in qualche modo traslato nell’organo di autogoverno dei giudici, facendo prevalere il valore legalitario e per certi versi securitario della scelta fatta per la guida della Procura napoletana. Non solo in relazione al contrasto alla criminalità organizzata nelle sue varie manifestazioni (tornata d’attualità in questi giorni con il “caso Caivano”), ma anche per le idee più volte espresse da Gratteri sull’emergenza carceraria, per le sue valutazioni non certo tenere nei confronti delle correnti togate, per il suo approccio efficientista, pragmatico e “veloce” nell’affrontare e risolvere i problemi. Che lo portò, nove anni fa, ad essere proposto addirittura ministro della Giustizia da Matteo Renzi nel suo governo.

All’ultimo momento non se ne fece niente, e Nicola Gratteri ha continuato a fare il proprio lavoro di pubblico ministero, prima come procuratore aggiunto a Reggio Calabria poi come procuratore di Catanzaro, continuando a macinare indagini, arresti e polemiche; senza curarsi troppo delle critiche, ma rispondendo sempre a tono a chi gli rimproverava inchieste flop e manie di protagonismo. Fino a sollevare, l’altro giorno, l’intervento di protesta alla Camera da parte di un piccolo gruppo di deputati (renziani, di +Europa e di Forza Italia) per alcuni sue affermazioni durante l’audizione al Csm, ritenute offensive per le prerogative dei parlamentari.

Tutto superato dentro l’aula del Csm, con una decisione che il vice-presidente Pinelli ha voluto definire “un contributo” dell’organo di autogoverno della magistratura alla necessità di “affrontare il disagio sociale che si manifesta quotidianamente” a Napoli e provincia. Per via della criminalità organizzata e non solo.

(Ermes Antonucci, il Foglio) (…) A sorprendere, ma in fondo non più di tanto, è l’assoluta assenza di riferimenti alle tante inchieste show portate avanti da Gratteri tra Reggio Calabria e Catanzaro e finite con un buco nell’acqua: la maxi operazione contro la ’ndrangheta compiuta nel 2003 a Platì, nella Locride, con 125 misure di custodia cautelare (alla fine solo in otto vennero condannati); l’operazione “Circolo formato” del 2011, con l’arresto di quaranta persone, tra cui il sindaco di Marina di Gioiosa Ionica e diversi assessori (gli amministratori locali poi vennero assolti); l’operazione “Quinta Bolgia” del 2018 sulla criminalità organizzata, che portò agli arresti domiciliari anche Giuseppe Galati, cinque volte parlamentare ed ex sottosegretario nei governi Berlusconi, poi archiviato dal gip; l’inchiesta del dicembre 2018 che sconvolse la politica calabrese, con le accuse di corruzione e abuso d’ufficio contro l’allora presidente della Regione, Mario Oliverio, poi assolto da tutte le accuse.

Visto che cane non mangia cane, il riferimento a questi flop è assente anche nelle relazioni predisposte in favore delle nomine degli “avversari” di Gratteri. Il documento stilato dal consigliere togato D’Auria in favore di Amato si spinge a muovere alcune timide critiche al profilo professionale di Gratteri, ma con effetti paradossali. Al procuratore di Catanzaro, per esempio, viene contestato di pretendere dai magistrati la presenza fisica in ufficio. Sentito dal Csm, infatti, Gratteri, ha dichiarato: “Se tu fino adesso sei stato abituato o hai deciso di arrivare alle 10.30 di mattina, se vado io a Napoli tu non vieni alle 10.30 di mattina, tu devi arrivare alle 8.30 del mattino e poi ti riposi la domenica. Cioè se tu vuoi fare procura devi venire la mattina e te ne esci la sera, a meno che non sei in udienza”.

Insomma, Gratteri non viene criticato per i tanti innocenti finiti ingiustamente in carcere in questi anni o per le conferenze stampa show lesive del principio di presunzione di innocenza, ma perché pretenderebbe maggiore impegno dai colleghi magistrati. Uno spettacolo insensato che solo il Csm è in grado di offrire al paese.

(frascop) Gratteri lascia Catanzaro dopo che questa estate è stato presente in tre iniziative nella regione organizzate dal network “La C News”, dove ha fatto il pieno di applausi, e dopo che l’altro giorno in quel di Diamante il sindaco renziano Magorno gli ha promesso la cittadinanza onoraria. Il suo presenzialismo e tutti i suoi libri hanno lasciato, non solo negli avversari, il dubbio di quante ore sia composta la giornata del procuratore.

Altri dubbi sono stati espressi per alcuni passi falsi, quelli ricordati da Antonucci ma anche per altri, di nessun impatto mediatico, e tuttavia ben presenti nelle speranze che alcuni hanno nutrito talvolta nell’intervento “efficiente”del procuratore. Voglio dire che anche il suo ripetuto refrain “davanti alla mia porta c’è la fila di gente che chiede il mio intervento” andrebbe sottoposto a verifica: quante di quelle persone, magari per fatti non ascrivibili a mafia ma solo a corruzione e  mala amministrazione, hanno ricevuto giustizia? In altri termini, il rischio che Gratteri forse ha poco valutato nel tentativo di avvalorarsi come personaggio pratico (e mitico) che fa la lotta alla mafia e alla corruzione (cioè “il procuratore che non guarda in faccia nessuno”) è il rapporto tra aspettative suscitate e risultati. Più aspettative crei maggiori devono essere i risultati, e questo non  sempre è possibile perchè Gratteri come tutti non è Superman.

Una maggiore discrezione forse gli gioverebbe, non per mantenere un profilo basso, ma solo per non creare eccessive aspettative nel popolo, nella cittadinanza, in tutte quelle persone umili che lo applaudono quando presenta i libri o fa le interviste in piazza. Sul piano strettamente teorico, voglio dire, fare le indagini sulle cosche di ‘ndrangheta dovrebbe essere molto più difficile e impegnativo che fare le indagini su un appalto o su un concorso pubblico. Ma se sulle indagini, queste e quelle, ci mette il “visto” Gratteri, i calabresi, in lui confidando, si aspettavano molto. Cioè il Procuratore deve saper perseguire anche reati nati in vicende minori soprattutto quando sono rientrate nella sua attenzione. Anche a Napoli  quindi Gratteri avrà il problema di lavorare su questi due terreni diversi con protagonisti di differente caratura, fermo restando quel che la Storia ci ha insegnato per tanti eroi italiani ai quali la mafia ha fatto la guerra: vengono indeboliti e disarmati quando vengono isolati politicamente.

Una ultima annotazione sulle scelte del Csm. Non hanno votato per Gratteri ma per  Volpe i 6 dei togati di Area, più la magistrata napoletana Miele di Md, più il professor Romboli, laico di sinistra. Quindi, renziani, 5Stelle e maggioranza di governo hanno scelto Gratteri mentre la sinistra della magistratura è ancora ferma al 2014, momento in cui Napolitano bloccò la sua nomina a ministro di Renzi.