Che cos’è l’amichettismo e perchè è la nostra rovina

(21/9/23) Comincio con un esempio tratto dalla tv. Su Sky nella trasmissione “Calciomercato – L’originale” il suo conductor Bonan si accomiata dicendo cosi’: questa e’ una trasmissione fatta da amici, questo e’ il segreto del suo successo. In tv tanti programmi come questo, o tutti quelli della De Filippi oppure “Propaganda live” su La7, consentono di capire bene cosa sia l’amichettismo, questo fenomeno politico e sociologico che ha preso il posto delle consorterie. Il vero unico partito che e’ sopravvissuto ai partiti ideologici, strutturati o di massa della Prima repubblica, essendo il “partito degli amici”.

Detto meglio, come ha sottolineato lo scrittore Fulvio Abbate, pur essendo un sentimento spesso spontaneo, naturale, figlio dell’empatia e dell’altrui gentilezza, l’amichettismo muove sempre dalla difesa apodittica, sovente acefala dell’altro, dell’amico, dell’amichetto.

L’amichettismo innanzitutto è definibile dunque come far assurgere l’amico a Valore, come strenua difesa dell’amico, “a prescindere” dal contesto, quindi non è solo di sinistra ma anche di destra e non dimenticate mai che i democristiani si chiamavano tutti “amici” per distinguersi dai “compagni”; non è solo del generone romano ma di qualsiasi posto italiano, dal più grande al più piccolo. Se venisse approfondito, studiato come è stato fatto per il “narcisismo”, il “populismo”, il “fascismo eterno”, io credo che capiremmo molto di più della sociologia politica e culturale italiana. Certo, sullo sfondo non si puo’ prescindere da Carl Schmitt (1888 –1985), un giurista e politologo tedesco accusato di esser stato il precursore del nazionasocialismo. 
Per ogni campo dell’agire umano secondo Schmitt esistono delle distinzioni: per il piano morale abbiamo la distinzione del buono/cattivo; per il piano economico le categorie produttivo/improduttivo o utile/dannoso; per il piano estetico bello/brutto. Per l’agire politico esiste la distinzione tra Freund (amico) e Feind (nemico).
Il nemico non deve essere necessariamente moralmente cattivo, esteticamente brutto, economicamente dannoso. Egli è semplicemente l’altro, der Fremde (lo straniero), vale a dire qualcosa che è esistenzialmente diverso da noi. La categoria, il criterio amico/nemico, e’ ben presente in organizzazioni come
massoneria e cosche, dove l’amicizia e l’onore sono ingredienti fondamentali, e si confonde con l’ideologia, che ha fatto diventare la politica una religione e le decisioni politiche atti di fede. Insomma, c’è un lungo percorso che solo l’amichettismo può spiegare ed illuminare. Come diceva Giovanni Falcone il sentimento dell’onore e quello dell’amicizia  non sono valori in sè censurabili, lo sono la loro distorsione. La definizione di Abate è illuminante: L’amichettismo racconta un insieme chiuso di relazioni. Per lo più interessate. Un progetto d’ambizione decisamente professionale, l’affetto appare secondario (…) Il pensiero del singolo, dell’individuo, della persona stessa si ritrova così sostanzialmente negato, cancellato; assente è ogni vera libertà, in definitiva siamo nel dominio del conformismo.

La rappresentante più conosciuta dell’amichettismo nazionale è Maria De Filippi, ma non perchè una sua trasmissione l’ha chiamata “Amici” anche se è una scuola di musica. No, lei ha imparato dal marito Costanzo (vecchia tessera P2) che gli amici (trasversali) sono indispensabili per avere successo. Mentre l’amicizia sviluppa affetto che nasce dopo una reciproca indispensabile frequentazione, l’amichettismo è l’uso strumentale e perverso dell’amicizia che viene travestita da Valore (come Onesta’, Giustizia, Equita’). Gli amichettisti in genere si fanno riconoscere dal “vasa vasa”, il loro saluto è baciare tutti. Significa frequentare cani e porci azzerando ogni differenza e definendoli tutti  amici. Frequentare fascisti e comunisti, onesti e disonesti, vittime e mafiosi, col pretesto che tutti sono amici. Essere devoti all’amico significa essere buoni e giusti quando invece magari si stanno compiendo insieme le azioni piu’ spregevoli.

Significa spacciare conoscenze e/o semplici sporadiche relazioni di lavoro per relazioni amichevoli. Significa sommare gli amici propri con quelli del marito (o della moglie) e si arriva alla grande chiesa che passa da Che Guevara e arriva fino a Madre Teresa…

Non c’è un solo partecipante o ospite alle trasmissioni della De Filippi che non appaia come un suo amico, infatti tutti la chiamano per nome, Maria, e sembra che con lei ci sia una frequentazione abituale precedente. Tutti quelli che lei ha lanciato diventano suoi protetti in una grande famiglia che si espande nel mondo dello spettacolo italiano sino ad egemonizzare Sanremo e le trasmissioni tv. Il casting della De Filippi è l’amichettismo che ha rinnovato il pippobaduismo (ricordate il nazional-popolare?) e costretto Mara Venier a fare di “Domenica in” la sua casa dove riceve in ciabatte i suoi amici, ex mariti, fidanzati, amanti, figli di amici, parenti, vicini di casa.

In un mondo in cui l’appartenenza è essenziale per esistere, lo spiegò nel 1976 Vincenzo Cerami nel suo romanzo “Un borghese piccolo piccolo”, e oggi è diventato il mondo delle emoticon, dei cuoricini diffusi a cani e porci senza limite, l’amichettismo esprime il mondo di relazioni chiuse dove l’interesse pratico si mischia con l’empatia, l’amico si sente legato all’amico per ottenere insieme un sovrappiu’, un vantaggio lucroso che può essere politico e/o economico.

La Rai è per esempio il luogo per antonomasia dove si esprime l’amichettismo, ora attraverso la gestione di due soli agenti, Presta e Caschetto. Loro non hanno clienti, ma solo amici, così come nel calcio i procuratori che fanno e disfano le squadre. Mendes, Raiola, Lucci e compagnia, anche loro non hanno assistiti ma solo amici. In fondo il clientelismo ( sistema di rapporti tra persone basato sul favoritismo) è l’amichettismo del terzo secolo, i clientes di ieri oggi vengono chiamati amici. Il favore (ma anche qualsiasi dazione illegittima) se fatto ad un amico è doveroso, sennò che amico sei? Qualsiasi corruzione (do ut des) e’ sempre nascosta dietro un favore che viene fatto ad un amico.

Le terribili conseguenza dell’amichettismo appaiono in tutta evidenza quando succede che personaggi noti si scopre siano legati con dittatori e/o criminali. Un nome celebre è stato Frank Sinatra. “E che ne sapevo io? Per me era un amico, lo conosco da…”. Basta che lo chiami amico e puoi frequentare qualunque poco di buono che vuoi. E’ rimasto famoso il compianto allenatore serbo Mihajlovic il quale in una intervista al Corriere della Sera rivendicò la sua amicizia per Željko Ražnatović, altrimenti noto come la “tigre Arkan”. Ražnatović è stato protagonista macabro delle violenze del regime di Milosevic, autore e regista di una lunga serie di violenze e per questo incriminato dall’ONU per crimini contro l’umanità.

Mihajlovic disse:  “Lo rifarei [il necrologio, ndr], perché Arkan era un mio amico: lui è stato un eroe per il popolo serbo. Era un mio amico vero, era il capo degli ultras della Stella Rossa quando io giocavo lì. Io gli amici non li tradisco né li rinnego”.

Una persona perbene invece di selezionare accuratamente i suoi amici, di frequentare soltanto persone affidabili e senza macchia, si mischia con delinquenti, mafiosi e lestofanti credendo che quando sara’ chiamato a giustificare queste sue cattive frequentazioni possa cavarsela agevolmente cadendo dal pero: “E che ne so’ io? Per me era solo un amico, lo conoscevo da bambino”. Cosi’, quel che e’ avvenuto con le ideologie fascista e comunista che in pratica hanno prodotto non la liberazione dell’umanita’ che predicavano ma il suo assoggettamento a dittatori di ogni specie, con l’amichettismo (guardate Romanzo criminale sulla banda della Magliana e c’e’ un compendio) ognuno persegue i propri porci comodi e sembra farlo in maniera ingenua e senza bisogno che qualche teorico scriva i sette manoscritti dei Grundisse: non siamo una associazione criminale a delinquere, ma solo amici che stanno bene assieme con le famiglie.

NB= Amicus Plato, sed magis amica veritas (Platone mi è amico, ma più amica mi è la verità) è una locuzione latina. Nell’anonima Vita Aristotelis Marciana una formula simile è attribuita a Platone, il quale, riferendosi al suo maestro Socrate, avrebbe affermato: amicus Socrates, sed magis amica veritas.