Premierato? Gabanelli spiega la malattia genetica dei nostri governi

Milena Gabanelli (Data room del 25/9/23) spiega la ragione per cui in Italia cadono i governi, vale a dire le ragioni della instabilità.

Dal 1946 la durata media dei governi in Italia è di 361 giorni, dal 1994 con la Seconda Repubblica arriviamo a 533. Nei 78 anni di storia repubblicana abbiamo avuto 68 governi e 32 presidenti del Consiglio e le crisi – cioè il tempo che passa tra le dimissioni di un governo e il giuramento di quello nuovo – occupano complessivamente 1.959 giorni, cioè più di 5 anni. Dal ´94 si succedono 18 governi con 12 premier. Dall’analisi dei dati elaborati dal politologo Marco Improta (CirCaP, Università di Siena) per Dataroom, in Europa siamo proprio i messi peggio. Il problema è che ogni nuovo governo cambia le leggi fatte da quello che l’ha preceduto, creando un contesto che scoraggia le imprese a programmare gli investimenti. E anche per i cittadini è difficile fare progetti se non sa per esempio neppure quando potrà andare in pensione (vedi Dataroom del gennaio 2021 qui).

Le cause di caduta anticipata dei governi in Italia sono di varia natura. Per 30 volte è stata scatenata da conflitti tra i partiti che formano la coalizione. Se ci fermiamo agli ultimi trent’anni sono questi i casi più noti: Umberto Bossi fa saltare il governo Berlusconi I (1994), Fausto Bertinotti è l’artefice della crisi del governo Prodi I (1998), e poi Clemente Mastella abbatte Prodi II (2008). Per 8 volte è stata provocata da conflitti all’interno del principale partito della coalizione. Un esempio è l’avvicendamento tra Enrico Letta e Matteo Renzi nel febbraio 2014.

Per 12 volte la causa nasce dall’incapacità dei governi di rispondere agli shock esterni, come nel caso del quarto governo Berlusconi (2011), minato dall’esplosione della crisi del debito e dal rischio declassamento dell’Italia. Dal 46 ad oggi solo 14 volte si è andati al voto per fine naturale della legislatura.
Non basterà dunque cambiare forma di governo per dare maggiore stabilità, senza curare prima la malattia genetica dei mille partiti che devono governare la coalizione, poiché è proprio la loro disfunzione e litigiosità cronica a generare quella instabilità del potere esecutivo che da 78 anni condiziona la vita politica del Paese.
Ad ogni modo se dovessimo decidere di cambiare forma di governo è necessaria la modifica di diversi articoli della Costituzione. Dei tre modelli esposti, quello che impatta di meno sulla nostra Costituzione e sul sistema parlamentare italiano è la sfiducia costruttiva.

La sfiducia costruttiva è la possibilità di mandare a casa un governo prima del tempo solo se c’è già la maggioranza per un altro esecutivo. La prevedono la Germania (articoli 67 e 68 della legge fondamentale tedesca del 1949) e la Spagna (Costituzione spagnola del 1978 all’articolo 113, comma 2).Se in Italia ci fosse la sfiducia costruttiva, chi innesca la crisi, da Bossi a Bertinotti, da Mastella a Renzi, avrebbe dovuto trovare in tempi rapidi una figura alternativa dentro al Parlamento e con il consenso del Parlamento, senza mandare il Paese a nuove elezioni, fare ribaltoni o ricorrere al tecnico esterno.

Per quanto mi riguarda, come spiega bene Gabanelli, per aumentare la stabilità occorrerebbe piuttosto che il premierato o qualcosa del genere, togliere di mezzo le coalizioni e tornare alla proporzionale. Abbiamo visto che i “campi larghi” che chiamavamo sistema (semi)maggioritario non funzionano perchè per vincere metti assieme forze politiche molto diverse e una volta al governo escono fuori i Bertinotti o i Mastella per rovinare tutto.

Pertanto un ritorno al sistema proporzionale e la sfiducia costruttiva consentirebbero di evitarci il ricatto dei piccoli. Quelli che pur con numeri elettorali ridotti sono in grado di condizionare le forze maggiori e tutto il sistema. Per avere maggiore stabilità occorre togliere loro la possibilità di far cadere un governo e mandare il paese a nuove  elezioni