X Factor/La Calabria di Sarafine, il contrario della restanza

(Nicola Bambini, Vanity Fair) «Credo che se una persona ha un’intuizione riguardo un proprio talento, deve investirci. Studiando e lavorando al massimo». Parola di Sara Sorrenti, in arte Sarafine, la vincitrice di X Factor 2023. «È un insegnamento che mi porto dietro dal talent», dichiara nel dayafter del trionfo. «All’inizio ero chiusa, ma ho capito che nella vita, non solo nella musica, è necessario esporsi. Per crescere, non bisogna avere paura del giudizio. Così ho tirato fuori davvero me stessa».

Lei che ha deciso di cambiare direzione all’improvviso, durante il lockdown: «Mi sono laureata in Economia Aziendale a Cosenza, ma non sono mai stata veramente convinta di questa strada», rivela l’artista calabrese, 34 anni. «Nel 2016 sono andata in Lussemburgo a fare un Master e sono rimasta lì a lavorare nel campo della fiscalità internazionale. Poi mi sono trasferita a Bruxelles, stesso settore professionale, ma non mi sentivo davvero soddisfatta. Anzi, sentivo frustrazione».

«Era una strada che avevo intrapreso forse per raggiungere una stabilità emotiva, per comprarmi una casa. Ma non era quello che volevo davvero», aggiunge Sarafine, rivelando che il suo nome d’arte nasce dal tatuaggio dell’Uroboro, il drago che si mangia la coda, che finisce e rinasce da se stesso formando un cerchio. «Così ho dato una chance alla mia passione nel 2020: quando eravamo chiusi in casa ho acquistato alcuni strumenti elettronici e mi sono iscritta ad un corso di produzione».

Da lì ha iniziato a pubblicare i primi video su Instagram e ad un certo punto ha deciso di chiudere definitivamente con la vecchia vita. «Ho lasciato il mio lavoro e dopo un paio di mesi ho deciso di iscrivermi ad X Factor, dove tutto è andato dritto fin dai pre casting. Per la prima volta avevo scelto di fare una cosa davvero per me». Adesso c’è il futuro: «Ho presentato più generi ma non saprei quale sia il più mio. Ho un’inclinazione per la dubstep, amo i Chemical Brothers, Skrillex e Stromae».

«Ma devo ancora capire dove sto andando», conclude, sottolineando di non sentirsi un simbolo del riscatto del Sud Italia e neanche l’icona di una generazione. «Non mi sento una paladina. Sono una ragazza che andava in azienda e tra un meeting e l’altro si chiedeva cosa ci facesse lì. Certo, so che tanta gente della mia generazione vive queste stesse cose. Io credo che non bisogna porsi limiti dovuti alla propria età: non è vero che a trent’anni bisogna già sapere cosa si è».

«Io, ad esempio, mi sono accorta che stavo diventando una persona che non sarei voluta essere. Così ho preso coraggio e ho cambiato vita».