Il prof. Francesco Aiello, professore ordinario di Politica Economica del Desf, UniCal ha spiegato ancora una volta alla C news l’immobilismo dell’economia calabrese.
«L’immobilismo si spiega guardando alla composizione settoriale della ricchezza regionale. Nel 2021, l’apporto principale – ben l’81% – al valore aggiunto regionale proviene dal settore terziario. L’agricoltura, la silvicoltura e la pesca contribuiscono per il 5,5%, la quota delle costruzioni è pari al 5. 5%, mentre l’industria in senso stretto pesa solo il 7,8%. Questi dati segnalano la presenza di un paradosso molto eloquente: dovremmo essere in media molto ricchi, poiché apparteniamo a un’economia ad elevata terziarizzazione, ma nella realtà il Pil pro-capite è il più basso d’Italia (17,6 mila euro nel 2021). Il motivo è che la terziarizzazione è dovuta al dominante ruolo dei servizi tradizionali (commercio, trasporto, attività immobiliari, alloggio e ristorazione) e della pubblica amministrazione, settori a basso valore aggiunto, mentre residuali sono i servizi ad elevata specializzazione e a sostegno delle imprese.
Manca la componente che traina lo sviluppo, ossia le imprese private nel settore manifatturiero che competono sui mercati extraregionali e mondiali.
«Purtroppo, in assenza di radicali trasformazioni strutturali, la Calabria sarà destinata ad essere sempre meno popolata, sempre più povera e sempre più assistita. Un’economia debole e dipendente dai trasferimenti pubblici che, a vario titolo, arrivano ciclicamente da Roma e da Bruxelles».
«L’avvio della Zes unica e il Pnrr potrebbero rappresentare passi significativi verso un cambiamento. Tuttavia, è necessario che le politiche pubbliche siano finalizzate a soddisfare le pre-condizioni dello sviluppo e non a perpetuare sperperi di risorse finanziarie. In tale direzione, diventa cruciale adottare politiche industriali che favoriscano la concentrazione di investimenti di grandi dimensioni in settori strategici e in territori chiave, come, ad esempio, il retroporto di Gioia Tauro o in prossimità dei poli universitari. Solo attraverso una strategia di rinnovamento strutturale, volta a valorizzare le peculiarità regionali e a promuovere settori ad alto valore aggiunto, la Calabria potrà sperare in una crescita economica duratura e nel miglioramento della qualità della vita dei suoi cittadini».
NB= L’unico istituto che fornisce dati disaggregati su base regionale è la Svimez, la quale prevede per la Calabria una crescita che si attesta intorno al +0,3%, risultando la più bassa tra le regioni del Mezzogiorno (che in media crescerà, per la Svimez, dello 0,6%). In un quadro di generalizzata bassa crescita del 2024, la dinamica della Calabria sarà la più lenta tra le regioni meridionali, nonostante la spesa pubblica trainata dal Pnrr».