Ricky Gervais/Armageddon

Una volta un professore mi accusò di aver scritto una cosa. Gli dimostrai che si sbagliava, non l’avevo scritto. E allora lui rispose: “Però l’hai pensato”.
Questo episodio m’è tornato in mente vedendo su Netflix “Armageddon”, l’ultimo monologo di Ricky Gervais (1961), il comico britannico.
I temi dello show sono quelli cruciali nel tempo che viviamo. Il primo è, appunto, questo: ormai vogliono imprigionarci per le parole che diciamo o addirittura per i pensieri. Gervais lo ha introdotto così: Tutti nel mondo mangiano ogni tipo di volatile (galline, oche, tacchini), tranne i pappagalli. Perchè? Se provi a mangiarlo ti fa: “Fanculo, stronzo”. Far sentire la propria voce dunque funziona. Tutti i giorni nel mondo reale veniamo criticati. Ci rimproverano se diciamo certe cose, o se le pensiamo o addirittura se ne ridiamo.

“Non si ride di questo” dicono. Ed alcuni ci restano male. “Oddio, sono una cattiva persona? No, spiega Gervais. 1° – il senso dell’umorismo non si sceglie. E’ involontario, 2°- L’umorismo serve a questo. A ridere delle brutte cose per superarle. Abbiamo appurato che non si può neanche scegliersi i pensieri. Quante volte in una stazione avete pensato: E se spingessi quel tizio? E poi pensi: Perchè l’ho pensato? Sono psicopatico? No, sei l’opposto. Sei affidabile. Ti metti alla prova ricordandoti quanto sarebbe terribile. Sei una brava persona.

IO SONO WOKE,AH AH Un altro tema dello spettacolo è: le parole cambiano e io sono woke, ah ah. Dice Gervais: credo di essere woke ma la parola penso sia cambiata. Se significasse ancora quello che significava, ovvero essere consapevole dei privilegi, cercare di aumentare l’uguaglianza e ridurre l’oppressione, combattere razzismo, sessismo, omofobia…allora si, sono decisamente woke. Ma se ora significa essere dei prepotenti puritani e autoritari che fanno licenziare la gente per oneste opinioni o fatti, allora no, non lo sono. A ognuno il suo, ridete di ciò che vi fa ridere. Ridere va sempre bene.