Il senso di Attal per la scuola

Il vero motivo di fascino del nuovo primo ministro francese, ed ex ministro dell’istruzione, sta nella sua posizione sulla scuola.

Il fulcro dell’ideologia didattica di Gabriel Attal è che una scuola più esigente sia un vantaggio per i deboli.

Noi, saturi di frainteso don Milani, troviamo controintuitiva quest’affermazione: pensiamo infatti che a garantire maggiormente i deboli sia invece una scuola per nulla esigente, una scuola non selettiva ma inclusiva, una scuola che non ti bocci se non sai abbastanza ma ti promuova anche se non sai una cippa. Riteniamo che sia la strategia vincente perché appiana le differenze fra chi proviene da un ambiente privilegiato e colto, come Attal, e i deboli che hanno alle spalle contesti disagiati o degradati. Il guaio sta però nel lungo termine: il debole che entra ignorante nella scuola inclusiva ne esce altrettanto ignorante benché con un diploma inutile, che hanno tutti.

Nella realtà cui ambisce Attal, e che fa venire i mancamenti ai nostri soloni della didattica, il debole che entra ignorante in una scuola esigente può istruirsi per progredire ed emanciparsi dalla propria debolezza d’origine. Solo la scuola esigente può garantire al popolo l’opportunità di far parte dell’élite, anziché odiarla.

(frasco) Nella vita si dovrebbe tentare di “far la cosa giusta” in qualsiasi occasione. Prendiamo il mestiere di insegnante. E’ evidente a tutti, anche a chi non sa chi sia don Milani, come a chi lo ha studiato, che in una classe qualsiasi non puoi mettere a tutti 8 o 9. In ogni classe la valutazione sommativa di un docente dovrebbe assomigliare alla curva a campana di Gauss, con i bravissimi, i peggiori e una grande fascia media. Se invece la distribuzione normale vede tutti gli allievi superare la sufficienza c’è solo da capire il docente e la sua psicologia. La mia ipotesi posso spiegarla così: pur davanti ad un insegnante che sia un pozzo di scienza (e statisticamente non possono esserli tutti) l’attribuzione all’intera classe di voti alti è un suo candido ingenuo tentativo di farsi voler bene da tutti gli studenti. Chi è costretto a mettere i voti e usa coscientemente la scala decimale dal 6 in poi, cioè espungendo i 5 voti più bassi, non sta facendo un’operazione matematica ma sentimentale. Nello stesso tempo non sta facendo la cosa giusta, perchè la giustizia è rappresentata dalla bilancia e una bilancia senza un piatto è un’altra cosa.