Il declino dei social media nel turismo e l’ascesa dell’intelligenza artificiale

Dovremo dimenticare i social media come le cartoline illustrate? Forse sì, forse non subito, forse non del tutto, ma la sensazione, da più parti e da ogni settore, è che i social media siano in declino. Troppe notizie incontrollate, qualche volta false; troppa invasività nella privacy; sempre meno piazza pubblica e sempre più moltitudine di atomi che, senza posa, si rincorrono, si scontrano e si confondono; e noi siamo sempre incerti se abbiamo a che fare con un essere umano o con una riga di bit, mentre c’è ancora che considera il numero di follower come numero di persone. Basta per tutte una recente analisi di Gartner, secondo cui nel 2025, cioè l’anno prossimo, il cinquanta per cento dei consumatori limiterà in maniera significativa il suo uso dei social media. Il cinquantatré per cento degli intervistati pensa che lo status dei social media sia decaduto negli ultimi anni e non è neppure lontanamente lo stesso del loro esordio: mentre un tempo i social media erano visti come un luogo dove dibattere liberamente, apertamente, senza gerarchie d’accesso, adesso sono visti come un luogo persino tossico. Basterebbe citare l’ultimo episodio di cronaca, del suicidio della ristoratrice a causa (sembra proprio così) di una falsa/vera/falsa recensione del suo ristorante su Trip Advisor per capire il senso di questa distopia.

Non basta l’implosione per fini distorti e per contenuti mediocri a determinare la decadenza dei social media, ma come avviene nelle più avvincenti storie della tecnologia, c’è anche una app killer, o meglio una tecnologia, che contribuisce alla loro decadenza. Il nome è facile: è l’intelligenza artificiale generativa. Chi ha bisogno più di computare il box di Google search e poi analizzare la lista dei siti per capire dove cercare quello di cui ha bisogno, quando questo lavoro lo fa qualcun altro per noi, in maniera automatica e pressoché gratuita? Chi ha bisogno di guardare dentro un sito, navigando tra decine e decine di pagine per trovare quel che può ottenere con una semplice e appropriata domanda in un piccolo box? Si obietterà che il fine dei social media è appunto quello della socialità, non dell’informazione: vero solo un tempo, adesso è soprattutto informazione e poi, quando la socialità è inquinata dal falso, dallo scorretto, dall’ambiguità, chi è felice di frequentarli?

Il declino dei social media cambia tutto nel mondo del turismo e dell’ospitalità, che lentamente e vacillando, nel corso degli anni, si era andato adeguando all’onda di preminenza dei social media. L’intelligenza artificiale non attacca solo i social media, ma trasforma l’intero eco-sistema digitale (e fisico) del turismo. Siamo nel tempo dell’instant economy, o meglio della precipitazione a un solo punto del processo di scelta della destinazione del viaggio, a un unico punto che inghiotte tutto. Una volta la fase di orientamento sulla scelta della vacanza; la fase di informazione successiva e quindi la fase di scelta e di acquisto/prenotazione prendevano un arco temporale ampio e variabile: giorni, settimane o, addirittura mesi. Adesso è tutto istantaneo, tutto è real-time: vedo un’offerta (a cui magari non pensavo un attimo prima), mi piace, il prezzo è giusto, la compro. Tutto allo stesso tempo, tutto in uno stesso punto, cioè nella stessa applicazione, o sito, o altra entità digitale.

La conseguenza immediata è che la competizione turistica si fa oggi sul flusso d’informazione, non più su piani distinti: la promozione, la prenotazione, l’advertisement; ecc.; possiamo dire, Everything, Everywhere All at Once: tutto dappertutto, tutto insieme, tutto in un solo punto. Il primo requisito della nuova competizione turistica, che coinvolge l’identità e le caratteristiche di una DMO (Destination Management Organization) di nuovo pensiero, è perciò l’informazione: certo ci sarà ancora spazio per bellissime foto delle spiagge; per i droni che dall’alto puntano i campanili e le piazze; per il cibo in primo piano, iperfocalizzato, su un tavolo di legno secolare. Tutto questo ci sarà ancora, ma è qualcosa che fanno molti, e sempre più saranno in grado di fare tutti: ma non starà lì la faglia della competizione turistica; non sarà quello il nodo che stabilirà vincenti e perdenti: a vincere non sarà la foto più bella della spiaggia, ma l’informazione più giusta, data al momento giusto a chi ha in mente una spiaggia bellissima.

Non solo tutto nello stesso punto, ma tutto in tempo reale. Qualcuno oggi pensa che si possa ragionare non in tempo reale? Che la gente abbia voglia di leggere lunghe liste di alberghi, ristoranti, eventi e poi alla fine, esausti, cercare quel che non c’è, vale a dire l’action button, il click magico che rende operativa ogni intenzione d’acquisto? Qualcuno pensa di fare concorrenza a Google & Co., o almeno di essere appena visibili, senza il tempo reale? Senza che il lavoro sporco della selezione sia fatto dalle macchine (intelligenza artificiale) e non dall’utente, a cui non rimarrà che l’azione nobile del discernimento sulle proprie effettive volontà o desideri da congegnare nel più perfetto prompt da presentare alla macchina.

Nel mondo ideale, che s’avvia a diventare a passi rapidissimi reale, l’ospite (il turista) si aspetta di poter formulare con linguaggio naturale una sua esigenza e ottenere, per questa sua richiesta, non l’infinito mondo delle cognizioni possibili e disponibili, ma la risposta giusta per lui, semplice, immediata, garantita. E nella risposta concorrono tutti i tipi di informazione, non solo sull’attrazione, ma su come arrivarci; e poi, non solo su come arrivarci, ma sui costi e i tempi di percorrenza; e poi ancora, non solo conoscerli, ma poterli usare qui e ora per fare la prenotazione, l’acquisto, ecc. È la spina dorsale dell’intelligenza artificiale guidata dalla tecnologia semantica applicata all’informazione. È il mondo degli assistenti virtuali intelligenti che, tra l’altro, potranno – di fatto – unificare, rendendo disponibile su un solo strumento, il prodotto turistico che per sua natura è frammentato, libero, imprevedibile.

Con gli assistenti virtuali arriviamo alla singolarità (termine ripreso dal lessico delle tecnologie) della promozione turistica. Detto in altre parole, la promozione turistica si sviluppa nel momento stesso in cui si sviluppano i servizi all’ospite prima, durante e dopo il viaggio. È un atto insieme di grande modestia e di grande potenza. La modestia sta nel riconoscere che la percezione di una destinazione turistica è solo in minima parte fondata, realizzata, determinata dai soggetti della promozione turistica. È quasi inutile spiegarlo. La grande potenza sta nel fatto che chi controlla l’informazione controlla il mercato. E anche questo è abbastanza superfluo spiegarlo. Se questo avvenisse anche emancipandosi dall’informazione dei big player digitali, allora ogni destinazione diventerebbe più padrona del proprio destino, perciò dei suoi fallimenti e del suo successo. Il mondo contemporaneo, e dentro questo mondo vi è compreso il turismo, ogni competizione e conflitto, anche fisici, si spostano inevitabilmente sul piano dell’informazione. Bisogna saperlo, e con volontà feroce trarre le sue conseguenze.

Che fine fa allora la bellezza, la retorica su un luogo che «assolutamente» bisogna vedere; di un’esperienza che «assolutamente» bisogna vivere; di un’attrazione che «assolutamente» non si può mancare? Che fine fa la retorica della fascinazione del luogo?

La percezione della bellezza è un background, è qualcosa che si forma sotto la spinta di una infinità di fonti (conversazioni private, libri, dischi, film, tv, giornali, storia, proprie concezioni della vita, illusioni, fraintendimenti, opinioni familiari, racconti di altri viaggiatori e così via). È incontrollabile per natura: chi impedisce a chi di scrivere (dire) qualunque cosa su qualunque luogo? E per dimensione: quanto può influire una DMO tradizionale con la sua produzione di contenuti rispetto all’oceano delle cognizioni apprese in ogni istante della vita e con ogni mezzo da chiunque?

La promozione turistica è soft power giocato sulla capacità di suscitare percezioni positive e di valore rispetto alla destinazione. E il soft power ha mezzi che cambiano continuamente: molti anni fa erano i libri e i giornali; poi è arrivata la tv; poi è arrivata la persuasione pubblicitaria; infine, i social media. Come in natura nessun mezzo scompare, ma viene ricompreso in un contesto più ampio: ogni cosa nel suo proprio posto, direbbero i Radiohead. Adesso il contesto delle trasformazioni tecnologiche sta ricomprendendo i social media in un ruolo più ancillare. Basta capirlo in tempo. Il mondo non si è fermato mai un momento.