Autocrazie, democrazie e come battere l’uomo solo al comando

Ha scritto Aldo Grasso (domenica 24/3/24): Gli ultimi allarmanti dati del «Transformation Index» 2024, a cura dalla Fondazione Bertelsmann, un’analisi che ogni due anni «misura» lo stato della democrazia, indicano che su 137 paesi esaminati, 74 sono autocrazie e 63 democrazie, il livello più basso degli ultimi 20 anni.

Se paesi governati da regimi autoritari come Cambogia, Venezuela e Zimbabwe ci paiono lontani, ben diverso è il discorso che riguarda Putin, Orbán, Erdoğan, Xi Jinping. E lo spettro di Trump?

Com’è possibile, dopo l’assalto a Capitol Hill, che molti americani pensino ancora di votarlo? Di fronte alle crisi economiche, ai flussi migratori, alle pandemie, alle guerre prende corpo la suggestione che un governo con un vertice forte, uomo o donna al comando, possa decidere con velocità, senza i fastidi e i contrappesi che il «complesso» sistema democratico impone.

Si finisce, dunque, afferma Grasso, con il non percepire più il pericolo della mancanza della libertà in nome del decisionismo, di una lenta erosione della funzione dei partiti e del Parlamento. Anche per questo, è probabile che uno come Putin eserciti tanto fascino su politici e cittadini italiani.

Tutto giusto ma, a mio parere, con una piccola postilla. Tra il decisionismo e il non decidere mai c’è una giusta via di mezzo. Il cd decisionismo, se viene ritenuto dalle masse una soluzione, non potrebbe essere nelle democrazie debellato impedendo il “potere di veto” delle minoranze? Il vertice forte, che decide senza dover consultare nessuno, è desiderato quando ci si trova nella situazione esattamente opposta, tutti discutono e nessuno decide in quanto il parlamentarismo costringe a lunghe logoranti trattative per raggiungere una mediazione.