Al solito: “Spegne la luce per ultimo. Padre affettuoso. Tre figli. Biagio Mazzotta è una persona perbene. Biagio soffre”. Enrico Morando, che è stato viceministro dell’Economia, nei governi Renzi e Gentiloni: “Sul Superbonus sono stati commessi errori, ma nessuno deve mettere in dubbio la competenza del Ragioniere dello stato. Io sono e resto amico di Biagio”. Si può sopravvivere a un errore da duecento miliardi? Quando al “bianco” Biagio, al “gran magro” Biagio, hanno chiesto come abbia potuto, insomma, “ma Biagio, ma davvero non ti sei accorto del buco Superbonus…”, Mazzotta avrebbe balbettato che “i conti non li ho fatti io”. Sta ora nella sua stanza, al ministero, e scrive, scrive, come il Popriščin di Gogol’, perché si può essere postumi anche da vivi e perché Biagio, facendosi piccolo, dice adesso “sono solo un ragioniere”. Poteva prendere i governi a pedate, ma Biagio queste cose non le fa e ora i calci li prende lui.
Giulio Tremonti, seduto su un divanetto della Camera, raccontava che “era rito, dopo aver approvato la legge Finanziaria, andare dal ragioniere dello Stato, la mattina presto, e ringraziarlo. Una Finanziaria approvata è come una grazia ricevuta. Il potere del ragioniere è divino”. Ma Mazzotta era solo un funzionario che come gli impiegati di Ermanno Olmi sognava il “posto”. Ha dichiarato una volta: “Io credo di essere un uomo fortunato, nel senso che ho fatto la tesi sulla legge Finanziaria, sulla programmazione economica. Poi è uscito il concorso. Ho fatto domanda e l’ho vinto. Da lì è iniziata la carriera interna”. Giovanni Tria, che lo ha indicato come ragioniere, ricorda che la scelta “era naturale, era l’interno”. Da una vita Mazzotta è “l’interno” che in ogni ufficio è la qualità dei timidi, quelli che avanzano e poi si trovano al vertice perché “sa, è tanto un brav’uomo”. Sono gli eterni, gli insostituibili e il peggio che si può dire di loro è che “è vero, non ha carattere”, ma il meglio è che “sa gestire la struttura. Non ci dà problemi. Cambiarlo? Non scherziamo”. Gli contendeva il ruolo la cognata di Paola Gentiloni, Alessandra dal Verme, ma avrebbe un carattere, riferiscono, “spigoloso”, mentre Mazzotta conosce i compleanni dei figli dei funzionari, sa capire se la moglie si sta separando dal marito: “Se ti serve un permesso, prendilo. Non preoccuparti”. Per lui era semplice. Era un interno. E’ così modesto che le sue interviste, le più sincere, non le ha rilasciate al Financial Times ma ad Antenna Sud, al direttore Gianni Sebastio che gli ha chiesto nel 2021: “Dottor Mazzotta, la pandemia ha portato a un disavanzo, quanto peserà sulle prossime generazioni?” e lui, magro come uno che digiuna da un secolo, rispondeva che “era necessario per evitare che si generassero conflitti sociali. Io dico che è stato del debito buono, anzi, come lo direbbe qualcun altro”. Si riferiva a Mario Draghi il primo a denunciare il Superbonus come la più grande truffa della storia della repubblica, ma pure Draghi, alla fine, non ha avuto il coraggio di fermarlo. Se non lo ha avuto Draghi come poteva averlo il “bianco” Biagio con i suoi capelli pettinati, candidi come il borotalco? Ha origini salentine, ma è romano, ed è stato il revisore dei conti della Rai, ma a Viale Mazzini si limitava a guardare i bilanci pregando che qualcun altro, al posto suo, “non dicesse sì, in modo che poi non fosse lui a dire di no”. Per anni lo hanno “sollevato” Daniele Franco, altro Ragioniere dello stato, i “tecnici” Pier Carlo Padoan, Mario Monti, lo stesso Giovanni Tria, ma poi è arrivato come ministro dell’Economia Roberto Gualtieri e Mazzotta ha iniziato a pensare che dire di “sì” è una bella cosa. I politici cominciano a metterti la mano sulla spalla, gli amici ti guardano e dicono: “Ti vedo meglio, sai?”. Era il 2020, il momento in “cui uno valeva (ancora) uno” e chi più di Mazzotta, un interno, poteva afferrarne il significato? Non è mai stato di sinistra, anzi, garantiscono al Mef che sia di destra. Raccontano che fosse emozionato come un bambino quando a Novoli, in provincia di Lecce, gli hanno conferito la cittadinanza onoraria. L’idea che lo protegga il Quirinale anziché aiutarlo lo indebolisce. Andrea Monorchio, il Ragioniere dello stato più potente della storia recente, non aveva certo bisogno di essere difeso perché i governi dovevano difendersi da Monorchio. Non lo difende di sicuro Giancarlo Giorgetti ma neppure Giorgetti ha il coraggio di guardare Mazzotta e dirgli: “Che ci fai ancora qui? Ma non capisci che l’hai combinata grossa?”. Tria che è amico di entrambi, di Giorgetti e Mazzotta, pensa che “al rogo ci dovrebbe andare la politica e non Biagio. E’ ingiusto farne il capro espiatorio”, e però, un noto politico, ex ministro, replica che non vale: “Io ho atteso un anno per ricevere un bollo, e dico un bollo, da Mazzotta”. Il governo spera ora che si dimetta, che sia Mazzotta a fare il gesto e che poi si possa andare a cercare il sostituto a Bankitalia. Si dice un gran bene del direttore generale Luigi Federico Signorini, come un tempo di Mazzotta, “l’interno”. La sua vera colpa è non aver mai creduto di essere un Ragioniere con la maiuscola.