La storia del (fallimentare) commissariamento della sanità calabrese

(da Corriere della Calabria) Un ingegnere, un generale della Guardia di Finanza, un generale dei carabinieri, un prefetto: all’apparenza in comune queste figure hanno poco se non nulla, tranne il fatto che a queste figure lo Stato ha fatto ricorso per risollevare la sanità calabrese dall’emergenza nella quale vive da almeno 14 anni, in pratica dal 2009, Regione a guida centrosinistra con il governatore Agazio Loiero e primo anno di vigenza del piano di rientro.

L’operazione “verità” che l’attuale presidente della Regione Roberto Occhiuto ha richiesto nell’ultimo Consiglio regionale sugli anni di commissariamento della sanità calabrese prima del suo insediamento, probabilmente dovrebbe partire da questo interrogativo: perché lo Stato ha inviato al capezzale del servizio sanitario regionale persone sicuramente rispettabili ma che con la sanità non c’entravano praticamente nulla (e spesso persino in pensione pure dai loro lavori)?

Un interrogativo che si impone alla luce del fatto che oggettivamente il commissariamento della sanità calabrese – partito ufficialmente nel luglio del 2010 quando l’allora governo di centrodestra guidato da Silvio Berlusconi nominò il neo governatore del tempo Peppe Scopelliti – alla fine si è rivelato un fallimento. Un fallimento anzitutto di “visione”, fondato anche su un larvato pregiudizio nei confronti della nostra regione, perché evidentemente lo Stato ha inteso la Calabria solo e soltanto come la classifica regione “canaglia” e l’emergenza della sanità in Calabria come un’emergenza solo criminale, contabile e burocratica, puntando quindi su “sceriffi” sicuramente bravi sul piano del contrasto al malaffare ma del tutto inadeguati sul piano prettamente sanitario. Finendo, lo Stato, inteso come livello centrale, con il combinare diversi pasticci, come vedremo.

Le tappe del commissariamento
Teoricamente, il commissariamento doveva servire a rimettere ordine nel disordine gestionale e contabile, a migliorare la qualità delle prestazioni negli ospedali pubblici della Calabria, a porre un freno al pagamento delle doppie e delle triple fatture e all’insinuarsi della ‘ndrangheta e della corruzione, nemmeno tanto nascoste nelle pieghe delle aziende calabresi. Teoricamente, appunto, perché in realtà gli anni sono passati così come i commissari senza alcuna inversione di tendenza, anzi addirittura con un peggioramento di tutti gli indicatori, e con una mobilità passiva che ha finito con il galoppare drenando mediamente oltre 200 milioni dalle tasche dei calabresi.

Prima di Occhiuto, sono stati sette i commissari che si sono avvicendati con uno o più sub, tutti tecnici a parte il primo, Scopelliti, e l’ultimo, Occhiuto appunto, alcuni peraltro sono durati poche ore.

A nominarli governi di tutti i colori politici, con qualche prevalenza del centrosinistra. Indiscutibile il loro impegno e anche la loro intenzione di fare il bene della Calabria, più discutibile la loro competenza

La “storia” del commissariamento ricorda allora i primi due sub commissari, il già generale della Guardia di Finanza Luciano Pezzi e il manager siciliano Giuseppe Navarria (nominati ad agosto del 2010, qualche mese dopo Navarria verrà sostituito da Giuseppe D’Elia e quest’ultimo a sua volta dal “grand commis” del ministero Andrea Urbani). E’ con questa governance che iniziano i tagli “lacrime e sangue” che porteranno anche alla chiusura o al ridimensionamento di una decina di ospedali, con il risultato di lasciare interi territori della Calabria praticamente privi di assistenza.

Nel 2014, dopo le dimissioni di Scopelliti in seguito alla condanna per il “caso Reggio”, sarà lo stesso Pezzi a subentrare come commissario. Poco più di un anno perché con il governo del Pd targato Matteo Renzi nel 2015 ecco arrivare in Calabria come commissario l’ingegnere Massimo Scura, il cui interregno si caratterizzerà anche per un certo stakanovismo e qualche passo avanti concreto – a Scura si deve la prima riorganizzazione della rete ospedaliera – ma anche per un rapporto tesissimo con il presidente della Regione dell’epoca, Mario Oliverio, dello stesso partito del premier (ma non della stessa corrente…), quell’Oliverio che arriverà al punto di minacciare di incatenarsi davanti Palazzo Chigi invocando per sé la nomina a commissario. Quella di Oliverio resterà solo una minaccia, di fatto inutile a smuovere le acque. Perché nel dicembre 2018 con il governo gialloverde M5S Lega con Conte premier, su input pentastellato verrà nominato come commissario della sanità calabrese il generale dei carabinieri, già dei Nas, Saverio Cotticelli, insieme al sub Thomas Schael, quasi contestualmente al varo di un “Decreto Calabria” spacciato come panacea di tutti i mali in una rutilante seduta straordinaria del Consiglio dei ministri a Reggio Calabria. Si aprono probabilmente gli anni peggiori del commissariamento della sanità calabrese. A luglio 2019 Schael lascia e come sub arriva Maria Crocco, nel 2020 scoppia il Covid ma Cotticelli si scorda di varare il piano richiesto dal governo ammettendolo davanti le telecamere della Tv (la trasmissione “Titolo V” di Rai3). E’ il novembre 2020. E’ il momento più buio, per una Calabria che a ottobre 2020 ha perso drammaticamente la governatrice Jole Santelli.

In carica a Roma c’è ora il governo giallorosso M5S Pd sempre con Conte premier, che smarrisce completamente la bussola: caccia Cotticelli ma al suo posto nomina il manager d’area sinistra Giuseppe Zuccatelli, già da alcuni mesi in Calabria, ma Zuccatelli inciampa in un “fuori onda impietoso” e quasi grottesco che lo ritrae mente confuta l’importanza delle mascherine contro il Covid. E’ un video che diventa virale e diventa un’altra figuraccia a livello nazionale. Zuccatelli e la Calabria finiscono nel pubblico ludibrio: il governo prova a correre subito ai ripari nominando un accademico di prestigio come Eugenio Gaudio, di origini calabresi, ma Gaudio dopo poche ore dall’investitura rinuncia all’incarico, «per motivi personali» dirà ufficialmente senza però convincere nessuno.

A fine novembre 2020 il governo giallorosso tira fuori dal cilindro il nome di Guido Longo, ex superpoliziotto ed ex prefetto con uno straordinario curriculum nel contrasto alla criminalità organizzata, ma assolutamente a digiuno di competenze sanitarie, e nemmeno l’affiancamento dei sub Angelo Pellicano e Michele Ametta, a marzo 2021, riuscirà a risollevare le sorti della sanità calabrese.

Il verdetto della Consulta
Il commissariamento è sempre più una zavorra e a certificarlo è uno dei massimi organi dello Stato, la Corte Costituzionale, che smonta mezzo “Decreto Calabria” e soprattutto smonta la filosofia del commissariamento: «Il potere sostitutivo dello Stato, tuttavia, deve essere “utile” e quindi si giustifica solo se garantisce effettivamente le esigenze unitarie della Repubblica invece compromesse dalla Regione. Si “rischia altrimenti di produrre, a causa dell’impotenza cui si destina il commissario, un effetto moltiplicatore di diseguaglianze e privazioni in una Regione che già sconta condizioni di sanità diseguale», scrive la Consulta, abbastanza impietosamente, evidenziando i limiti dell’approccio statale e governativo e fornendo probabilmente gli elementi più utili per l’operazione “verità” invocata da Occhiuto. Occhiuto che, su sua richiesta, sarà nominato commissario a novembre 2021 (il governo di unità nazionale, quello di Mario Draghi, con Roberto Speranza – allora di Articolo 1 – ministro della Sanità), un mese dopo il suo insediamento alla guida della Cittadella, accollandosi il peso di una sanità a brandelli: anche Occhiuto sperimenterà le difficoltà dell’interlocuzione con il livello ministeriale e con il suo approccio quasi esclusivamente e ottusamente tecnico e burocratico, e gli intoppi e gli inghippi romani, come quelli che bloccheranno l’arrivo in Calabria del sub commissario Maurizio Bortoletti, alto ufficiale dei carabinieri famoso per aver evitato il crac dell’Asl di Salerno sommersa da un debito mostruoso mai insediatosi per una questione tutta interna all’Arma. Alla fine Occhiuto riuscirà a ricomporre la filiera della struttura commissariale con i sub Ernesto Esposito e Iole Fantozzi e inizierà a scavare nelle macerie, portando a galla diversi risultati, alcuni anche storici.

Ma di strada ancora ce n’è tantissima, come del resto lo stesso Occhiuto riconosce. Si tratta solo di capire se tra gli ostacoli che deve aggirare troverà ancora lo Stato… (a.cantisani@corrierecal.it)


CRONISTORIA

Luciano Pezzi (agosto 2010, generale della Guardia di Finanza)

Giuseppe Navarria (manager siciliano), poi sostituito da  Giuseppe D’Elia e poi da Andrea Urbani “grand commis” del ministero

Luciano Pezzi (2014, dopo le dimissioni di Scopelliti in seguito alla condanna per il “caso Reggio”)

Massimo Scura (ingegnere, governo Renzi)

Saverio Cotticelli (dicembre 2018, governo Conte-Lega, generale dei carabinieri, già dei Nas), insieme al sub Thomas Schael (luglio 2019 Schael lascia e come sub arriva Maria Crocco) novembre 2020 scoppia il Covid ma Cotticelli si scorda di varare il piano richiesto dal governo ammettendolo davanti le telecamere della Tv (trasmissione “Titolo V” di Rai3)

Giuseppe Zuccatelli (manager nominato dal governo giallorosso Conte 2), video “fuori onda impietoso” che lo ritrae mente confuta l’importanza delle mascherine contro il Covid

Eugenio Gallo ( accademico, ma dopo poche ore dall’investitura rinuncia all’incarico, «per motivi personali»)

Guido Longo (ex superpoliziotto ed ex prefetto, novembre 2020, governo Conte 2) , affiancato dai sub Angelo Pellicano e Michele Ametta (marzo 2021)

Occhiuto (nominato commissario a novembre 2021 da governo Draghi, con Roberto Speranza ministro della Sanità)

sub Ernesto Esposito e Iole Fantozzi