Paolo Ardoino,Giancarlo Devasini e i bitcoin. I più ricchi d’Italia in tv non ci vanno

Università di Genova, 2009. «Guadagnavo 800 euro al mese. Ricercatore informatico a contratto e sottopagato come tanti altri. E c’era pure da pregare per ogni rinnovo di assegno di ricerca. Dopo 2 anni ho deciso di mollare tutto. Ho scelto Londra per fare startup e provare a innovare un sistema finanziario che è molto antiquato, ancora appiccicato con spago e chewing-gum, quanto a processi e tecnologia. La mia fortuna è stata incontrare Giancarlo Devasini, un genio che ha cambiato la vita di milioni di persone».

Più ricco di Benetton e Elkann
Paolo Ardoino, 39 anni, originario di un piccolo paese dell’entroterra savonese, Cisano Sul Neva, è oggi il ligure più ricco d’Italia: un patrimonio stimato di 3,9 miliardi, nella classifica di Forbes più in alto di Luciano Benetton e John Elkann. Da ottobre 2023 è amministratore delegato di Tether, la piattaforma di stablecoin da 106 miliardi di capitalizzazione creata 10 anni fa da Giancarlo Devasini, 59 anni, il torinese più ricco d’Italia, 9 miliardi di patrimonio stimato, 270esimo nel mondo.

Come è arrivata la svolta
«Molti scrivono che Giancarlo è un ex chirurgo plastico. In realtà si è dedicato a fare imprese tech per 30 anni. Credo che abbia fatto davvero pochi interventi in sala operatoria. Lui è un imprenditore che ha avuto un’idea semplice ma estremamente innovativa». Grazie alla criptovaluta UsdT, il dollaro digitale, con ogni token del valore di un dollaro e supportato da riserve fisiche, in Treasury bonds statunitensi. «Come sono diventato suo socio? Gradualmente, ma è partito tutto nel 2014, quando gli ho detto una scomoda verità, all’inizio della nostra collaborazione: stava sprecando soldi; il software che utilizzava il suo exchange Bitfinex – e che mi aveva chiesto di integrare nella piattaforma di trading, assumendomi – non avrebbe potuto sostenere l’aumento esponenziale di transazioni che poi si verificò. Allora ho proposto di sviluppare da solo il nuovo matching engine della piattaforma, e poi ho iniziato a occuparmi anche di organizzazione ed espansione del business. A quell’epoca, per velocizzare i cambi col dollaro – che lasciavano gli acquisti sospesi per uno o più giorni – era appena nato Tether. Oggi lo usano 300 milioni di persone in tutto il mondo».

«I miei genitori? Lavorano in campagna»
Paolo Ardoino non si scompone più di tanto nel vedere il suo nome nella lista dei paperoni del pianeta. «Non è questo il punto. I miei genitori lavoravano in campagna, siamo gente semplice senza grilli per la testa. È vero, più sale la capitalizzazione della società, più sale il valore delle nostre quote. Ma noi abbiamo avviato Tether nel 2014 senza uno spirito speculativo, bensì come uno strumento tecnologico-finanziario con l’obiettivo di stabilizzare gli scambi di criptovalute. Le piattaforme finanziarie tradizionali utilizzano metodi e tecnologie lenti, che dialogano tra loro poco e male, e nella blockchain abbiamo intravisto la possibilità di risolvere questi problemi. In pochi anni siamo balzati da 1 a 100 miliardi di circolante con un’idea semplice che, proprio per questa sua caratteristica, è diventata una valuta anti-inflazione enormemente diffusa tra i soggetti non bancabili, che nel mondo sono quasi 3 miliardi».

«Non sottraiamo clienti alle banche»
Gli utili ci sono, certo, e arrivano dall’emissione di questi dollari digitali e da investimenti in obbligazioni, oro e bitcoin. «Non sottraiamo, però, clienti alle banche — continua Ardoino —, perché agli istituti non interessano correntisti fondamentalmente poveri o impoveriti dalla costante inflazione, da cui otterrebbero pochissime commissioni. In Argentina e in Turchia, dove le fluttuazioni verso il basso fuori controllo distruggono il potere d’acquisto delle famiglie, noi siamo un’ancora di salvezza. Qualunque individuo, a prescindere dal suo status, può acquistare per pochi centesimi di commissioni un dollaro digitale che può poi conservare sul cellulare e spendere al valore reale senza deprezzamenti rispetto alla valuta corrente».

Prossima sede in El Salvador
Un team di 80-100 persone, quasi tutte connesse tra loro da remoto, che prenderanno casa entro fine anno anche in El Salvador, in uno dei nuovi headquarters. «Una scelta non casuale, perché è il primo paese ad avere dichiarato moneta a corso legale Bitcoin. E poi prenderemo sede fisica vicino ad altri paesi con le difficoltà bancarie di cui sopra, soprattutto in Africa e America Latina».

Devasini riservatissimo
Devasini non ama l’idea di diventare un personaggio pubblico. «Lui è riservatissimo. Sempre in viaggio, iperattivo, propositivo. Con Torino i legami sono molto rarefatti, e anche io torno poche volte a Genova, anche se gusto ancora oggi l’olio fatto lì dai miei genitori». Nel 2017 l’unica battuta d’arresto con la procura di New York, che contesta la spiegazione pubblicata online sull’allocazione e la gestione delle riserve. «Problema risolto. In pancia abbiamo 90 miliardi di bond americani, più del 10% di quanti ne ha la Cina, gestiti in grandissima parte dalla statunitense Cantor Fitzgerald. Se non siamo solidi noi…».
C’è un nome a sorpresa nella classifica dei paperoni italiani secondo Forbes. La rivista statunitense ha stilato la graduatoria annuale delle persone più ricche del mondo, e nell’edizione del 2024 figurano ben 73 italiani. Tra questi anche Giancarlo Devasini, direttore finanziario e principale azionista di Tether, l’azienda che ha creato una delle principali stablecoin al mondo (cioè criptovalute il cui valore è ancorato a quello di un altro asset).

Devasini ha un patrimonio di ben 9,2 miliardi di dollari, e nella classifica precede persino Piero Ferrari (8,6 miliardi), che possiede circa il 10% della casa automobilistica fondata dal padre, Enzo. Classe 1964, torinese, Devasini è stata protagonista di un’ascesa sorprendente che lo ha portato ad essere il 270esimo uomo più ricco del mondo, quarto tra gli italiani. Dopo essersi laureato in medicina all’Università di Milano, ha avviato la sua carriera da chirurgo plastico. Ma dopo due anni decide subito di abbandonare l’attività per dedicarsi ad altro, disincantato da un settore che immaginava diverso. E da lì inizia un’altra vita.

L’uomo decide di misurarsi nel mondo della finanza, o meglio delle criptovalute, una decisione che lo renderà, ad oggi, il quarto italiano più ricco del mondo. I segreti del suo successo sono due: Bitfinex, un importante exchange di criptovalute, ma soprattutto Tether, una stablecoin, vale a dire una criptovaluta il cui valore è ancorato ad altri bene, dunque molto meno volatile del Bitcoin. Si calcola che questa criptovaluta abbia token in circolazione per 60 miliardi di dollari.

Ma nella classifica stilata da Forbes ci sono altri due “piemontesi”, ben più noti. Al primo posto c’è sempre l’imprenditore dei dolci Giovanni Ferrero, l’uomo della Nutella, con un patrimonio di 43,8 miliardi di dollari, il più alto che Forbes gli abbia mai attribuito. È la 26esima persona più ricca del mondo e la quarta più ricca d’Europa, dopo che il suo gruppo ha chiuso l’esercizio 2022/23 con un record di ricavi (17 miliardi di euro). «Solo» 38esimo invece John Elkann, amministratore delegato della Exor, con un patrimonio stimato in 2,6 miliardi di dollari. Per intenderci, ben 6,6 miliardi in meno di Giancarlo Devasini.