Stavolta/«Conte vuole la nostra resa e intende imporci il suo candidato, ma ha sbagliato i conti»

Di certo lo strappo consumato da Conte a poche ore dalla notizia dell’inchiesta per voto di scambio che ha portato alle dimissioni di un’assessora della giunta Emiliano non poteva essere più clamoroso. L’Avvocato del Popolo ha annunciato infatti il ritiro unilaterale dei grillini dalle primarie con cui avrebbero dovuto scegliere, assieme ai democratici, il prossimo candidato a sindaco di Bari (ma che peccato, per una volta che il partito di Elly Schlein si decideva a tirarle fuori dalla naftalina). Una decisione che segna forse la prima vera spaccatura nella Mecca del Populismo Pugliese.
La regione che fu la culla dell’asse Pd-M5s minaccia di diventarne la tomba (ma forse mi sto facendo prendere dall’entusiasmo).
La scelta di Conte è tanto più pesante perché assomiglia molto al colpo di grazia inflitto a un sistema, e a una lunga stagione politica, cominciata con l’elezione del magistrato Emiliano a sindaco di Bari, esattamente vent’anni fa, e poi con la sua ascesa alla Regione e agli onori della politica nazionale. Tra inchieste giudiziarie e attacchi anche piuttosto scomposti da parte del governo, con la minaccia di commissariare il Comune di Bari, e la reazione, non sempre composta, del sindaco Antonio Decaro, i passi falsi del centrosinistra sono stati sempre più numerosi. A cominciare dalle assurde confidenze di Emiliano sui suoi incontri (assieme a Decaro, che però ha smentito) con i famigliari di un boss. Il colpo alle spalle di Conte fa dunque tanto più male perché arriva adesso, nel primo e più serio momento di difficoltà attraversato dai democratici nella regione. Straziante, al riguardo, lo sfogo della segretaria del Pd, che secondo il Corriere della sera avrebbe detto ai suoi: «È veramente sleale. Umanamente e politicamente». Beata gioventù. Ancora più illuminante il virgolettato attribuito ai dirigenti del Pd, mediamente un po’ meno giovani e forse anche meno ingenui, riuniti nella sede di largo del Nazareno (sempre a proposito del loro ex «punto di riferimento fortissimo», s’intende): «Vuole la nostra resa e intende imporci il suo candidato, ma stavolta ha sbagliato i conti». Dove ovviamente il termine rivelatore, quasi un’involontaria confessione, è «stavolta».

Governatori d’Italia
In questo triste crepuscolo del lungo regno pugliese di Michele Emiliano si rileva una costante, che in qualche modo, e con tutte le differenze del caso, lo accomuna ad altri grandi signori della politica locale con ambizioni nazionali (perlopiù frustrate), da Antonio Bassolino a Roberto Formigoni. Ciascuno di loro è stato innalzato a modello insuperabile di buon governo, rilancio, rinascimento della propria città o regione (o prima l’una e poi l’altra, come in parte è capitato anche a Vincenzo De Luca a Salerno e in Campania), per chiudere quindi la propria lunga e incontrastata stagione di governo come simbolo, al contrario, di un sistema di potere clientelare e opaco. Al di là degli esiti molto diversi delle inchieste che li hanno riguardati, e anche dei risultati politici e amministrativi da loro conseguiti, simili parabole dovrebbero dirci qualcosa sui rischi di quei tanto decantati modelli istituzionali/elettorali di «governabilità» realizzati a livello locale, e che molti vorrebbero estendere a livello nazionale. Laddove governabilità ha finito per coincidere con inamovibilità (e a volte impunità), agli entusiasmi iniziali sono seguiti sistematicamente bruschi risvegli. Lo segnalo qui, a margine della vicenda pugliese, per gli indefessi sostenitori del premierato meloniano, del «sindaco d’Italia» renziano e di tante altre pericolose scorciatoie consimili.

Ritorno di fiamma gialloverde
Scrive Tommaso Labate sul Corriere della sera che tra Matteo Salvini e Giuseppe Conte si è «riannodato un filo». A conferma della tesi, cita un ministro del governo gialloverde, secondo il quale «a Conte sta decisamente più simpatico Salvini della Schlein; e, allo stesso modo, è di tutta evidenza che Salvini si trovasse più a suo agio in un governo con Conte di quanto non si trovi oggi a suo agio nel governo con Meloni». Se solo commentatori e dirigenti politici tenessero più spesso a mente simili «evidenze», specialmente a sinistra, si risparmierebbero molte pericolose illusioni e altrettante amare delusioni.