Cazzullo/ La rivoluzione liberale non c’è stata e mai ci sarà

Caro Aldo,
in una recente risposta lei ha citato Piero Gobetti, suo illustre conterraneo, antifascista della prima ora, morto in esilio giovanissimo. Tra i suoi scritti più importanti ritroviamo «La Rivoluzione liberale» in commercio grazie alla casa editrice Einaudi. Mi chiedo se allora, una rivoluzione liberale, alla stregua di quella bolscevica, fosse, in Italia, impossibile per ragioni economiche, storiche e sociali.
Francesco Gerace

Caro Francesco,
La rivoluzione liberale in Italia non c’è mai stata e mai ci sarà, perché in una democrazia il presupposto della libertà non è fare quello che ci pare raggirando lo Stato e il prossimo. In una democrazia il presupposto della libertà è la responsabilità. I liberali hanno fatto l’Italia al tempo in cui votava una piccola parte della popolazione. Quando il liberale Giolitti introdusse il suffragio universale, i liberali persero il controllo della situazione ed emersero due forze alternative tra loro, popolari e socialisti, a loro volta divisi tra riformisti come Turati e Matteotti e massimalisti come Mussolini. Mussolini mise i suoi manganelli al servizio dell’ordine borghese, finendo per bastonare a morte pure liberali come Giovanni Amendola (poi spirato in esilio) e cattolici come don Minzoni. La Dc era un partito statalista, anche perché lo Stato era lei. Certo non erano e non potevano essere liberali i comunisti. La Seconda Repubblica si è trovata un sistema fiscale scandinavo e una burocrazia borbonica, e se li è tenuti.

Berlusconi promise di ridurre l’aliquota massima al 33 per cento, e non mantenne. Prodi nel 2006 la aumentò. Le tasse non vengono diminuite, ma aggirate (da chi può). Si vive sperando di non avere mai bisogno di un Pronto soccorso o di un tribunale. Chi lavora molto e fa il suo dovere di cittadino non viene premiato, chi danneggia lo Stato e il prossimo non viene sanzionato. Fare impresa richiede un certo grado di eroismo; non a caso le nuove generazioni tendono a liberarsi dell’azienda, magari vendendola a un fondo estero. Ogni produttore si deve trascinare dietro due o tre connazionali che di fatto campano sulle sue spalle. Il debito pubblico cresce, i neonati diminuiscono, quindi la quota di debito procapite si impenna, limitando i margini di azione di qualsiasi governo. La maniera italiana di reagire a tutto questo è esaltare gli elusori fiscali — a cominciare dai padroni della Rete — e Fleximan che sega gli autovelox. È davvero questa la libertà?