In teoria in Basilicata sono alleati a sostegno di Piero Marrese, contro il presidente uscente del centrodestra Vito Bardi, appoggiato anche dall’ex Terzo Polo. In pratica tra Elly Schlein e Giuseppe Conte, ieri entrambi in quella regione, il grande freddo congela i brutti pensieri l’una sull’altro e viceversa. Mai vista una cosa simile. La Sardegna è un ricordo lontano. Bei tempi, se paragonati a questi: in Basilicata vincere è fuori dal novero delle cose possibili, anche per come è stata gestita tutta la vicenda, tra veti, candidati improbabili, lotte interne di vario tipo. Pure Carlo Calenda, dopo Matteo Renzi, se n’è andato con Bardi. La fine è nota. E la testa è già alle elezioni europee. Altre gatte da pelare. Per lei più che per lui, che in fondo è perennemente in una situazione win-win, anche se dovesse finire al quindici per cento non sarebbe una tragedia, e non sembra, secondo i sondaggi, che possa sprofondare verso il dieci. Ma per Elly il discorso è diverso. Sotto il venti sarebbe un problema enorme.
Lei in questo periodo appare politicamente sola, dentro e fuori il suo partito. È un momento delicato per la giovane segretaria che si trova tutti insieme i problemi di quella politique-politicienne (le liste, gli scandali) che di certo non ama. E in più ha di fronte tre avversari (oltre Giorgia Meloni, ma la presidente del Consiglio gioca in un altro campionato): di Conte si è detto, le sta con il fiato sul collo e maramaldeggia pure: «Se supero il Pd non chiederò la leadership». Il che suona anche come avvertimento destinato alla segretaria del Pd: guarda che se anche se avrai più voti di me, la questione di chi guida la baracca non è chiusa.
Poi ci sono Calenda e Renzi, divisi tra loro ma ringalluzziti dalla possibile novità europea di Mario Draghi. E infine ci mancava il duo Fratoianni-Bonelli che arruoleranno nella lista di Alleanza Verdi e Sinistra Ilaria Salis, la donna detenuta a Budapest nei modi barbari che sappiamo, un nome che era stato corteggiato anche da Schlein ma poi fatto cadere per ragioni politiche e di opportunità, ragioni che evidentemente al duo rossoverde non interessano punto, come si diceva nell’Ottocento, e che riguardano la possibilità che Salis non venga eletta, magari perché Avs non supera il quattro per cento, con tutte le conseguenze negative che si ripercuoterebbero sul suo caso.
Ma la solitudine di Schlein è anche nel suo partito, dal quale escono spifferi assai critici (non certo dichiarazioni ufficiali, siamo già in campagna elettorale) persino dalla sinistra del partito, la corrente che la votò contro Stefano Bonaccini nell’idea che si sta rivelando illusoria di un ritorno sulla tolda di comando ma oggi i big di quella corrente si sentono esclusi, scavalcati, ignorati addirittura più dei riformisti che non l’hanno mai amata ma che qualche paletto, per esempio sulla questione ucraina, l’hanno piantato.
È vero che Schlein parla con i tre-quattro fedelissimi e basta. E anche i vecchi capi, da Dario Franceschini a Goffredo Bettini, hanno molto da ridire su come Schlein affronta la fase politica: senza un’idea precisa, senza alleanze, senza popolo. Da sola, in questo grande freddo interno, Elly è riuscita a fare le liste che la Direzione approverà domenica. Lei sarà candidata al Nord ovest, al Centro e nelle Isole. Ha cerca gente nuova ma ne ha trovata pochina, e discussa: Cecilia Strada, Marco Tarquinio, Lucia Annunziata. Ah, ora c’è anche Jasmine Cristallo, al Sud. In questa difficile situazione una sardina non poteva mancare.