La ‘ndrangheta come «industria di protezione»

«Anche se la ‘ndrangheta usa la forza c’è sempre una logica di tipo corruttivo». La requisitoria del processo Imponimento prende piede con l’analisi del pubblico ministero Antonio De Bernardo sui rapporti tra le cosche e gli imprenditori. Rapporti non sempre trasparenti, non sempre divisi da un confine preciso che separa le vittime dai carnefici. Il confine è spesso sfumato, a volte, dopo un primo avvicinamento delle cosche, viene a cancellarsi.

‘Ndrangheta come «industria di protezione»
La ‘ndrangheta viene intesa come «industria di protezione» che offre un servizio al «consumatore di protezione». È questa l’immagine che De Bernardo imprime nell’introduzione alla propria discussione. Non esistono sempre vittime di ‘ndrangheta tout court, esistono anche coloro che usufruiscono dei servigi che la ‘ndrangheta offre. Ed «entrano in rapporto con questa entità», dice il pm.

L’esclusività
La ‘ndrangheta tende all’esclusività, spiega il pm, «tende ad avere il controllo esclusivo su un territorio». Mira a creare ordine e legittimazione criminale. Certo, esistono periodi di instabilità che portano a tensioni e regolamenti di conti ma «quando si crea equilibrio le condotte estorsive non si presentano in maniera banale e semplicistica». Insomma, non si tratta banalmente solo di violenza, minacce e vessazioni. In taluni casi vi sono anche cointeressenze tra le due parti.

Gli Anello-Fruci
Il processo Imponimento, istruito dalla Dda di Catanzaro, contempla in particolare gli illeciti commessi dalla cosca Anello-Fruci, descritta dal pm come «una cosca snella ed efficiente» che estende il proprio potere dai comuni di Filadelfia e Acconia fino a Maierato, Pizzo, alla zona industriale di Lamezia Terme e arriva anche al confine col territorio dei Bonavota dove gli interessi tra le due consorterie convergono.

Il Comune di Pizzo e gli interessi convergenti di tre cosche
In particolare c’è il Comune di Pizzo sul quale coabitano gli interessi di Mancuso, Anello e Bonavota.

Su Pizzo, dice il magistrato, la «spartizione è sistematica».
Ed è su Pizzo che si trova il villaggio, ex Club Med, dei fratelli Emanuele e Francescantonio Stillitani accusati di concorso esterno in associazione mafiosa poiché avrebbero «consentito a tale organizzazione di infiltrarsi e di avere voce in capitolo negli affari relativi allo specifico settore della gestione di strutture turistiche, anche mediando con altri imprenditori in relazione alle pretese estorsive della cosca».

L’accusa sottolinea come gli interessi della cosca andassero dal settore edilizio a quello alberghiero-turistico, dal settore delle energie alternative a quello delle armi e della droga.