Cataldo Intrieri/Ci sono i buoni, difesi dai magistrati buoni a difesa della rivoluzione etica

Questa roba qui l’abbiamo già assaporata con la vicenda della fondazione Open di Matteo Renzi. Allora a Renzi la procura di Firenze contestava alcuni finanziamenti alla fondazione, come nel caso Toti ai suoi comitati elettorali, considerandola come un’emanazione del Partito democratico di cui era segretario. Oggi la procura genovese parla di tangenti, ma poco cambia.

La Cassazione ha spazzato via le accuse nei confronti di Renzi ricordando sempre il famoso “principio di legalità”: ciò che la legge consente non è reato.

La realtà è che la legge permette i finanziamenti elettorali che ovviamente presuppongono la ricerca della benevolenza del politico da parte del donatore. E, come dice Cozzi, nessuno può contestare che talvolta gli scopi siano leciti, solo che “il metodo” non va bene e si scomoderà un giudice cercando patate sotto la lanterna di Genova.

Io non credo che la magistratura agisca «a orologeria», ne sono convinto. Penso semplicemente che alcuni suoi settori abbiano nostalgia del ruolo di guardiani della rivoluzione etica dei bei tempi di Francesco Saverio Borrelli e di Mani Pulite. Questi settori ci vogliano magari inconsciamente ricordare che loro sono sempre lì e che, semmai si procedesse a cambiare le cose, noi cittadini ci perderemmo quel sapiente mix tra moralità, diritto e galera che è un marchio di fabbrica del Paese e della sua magistratura.