“Il regno” di Sorogoyen, uno spagnolo da ricordare

IL REGNO (2018) (su Prime) Quelli come me che non hanno mai amato la Spagna di Almodovar non possono che apprezzare il madrileno Rodrigo Sorogoyen (1981) col suo cinema potente e adrenalitico.

Lo avevo scoperto nel 2022 con As Bestas che mi aveva ricordato il mio amato Sam Peckimpah. Qui confeziona un political thriller sul precipitare di un potente vicesegretario regionale spagnolo che stava per fare il salto alla politica nazionale quando un gigantesco scandalo di corruzione (e intercettazioni) lo coinvolge e lui prima cerca alleati e poi minaccia il “muoia Sansone…” per non fungere da capro espiatorio. Piu’ che la complicata storia kafkiana sul potere, sul sistema, o se volete su un partito non meglio identificato (i cui modi di operare non hanno nulla di diverso dalla criminalita’ dei gangster) c’e’ un linguaggio incalzante (con il sottofondo della musica di Oliver Arson, batteria e basso pulsante) con camera mobile e lunghi piani sequenza. Tarantino (la ricerca dei taccuini nella villa di Andorra), Scorsese, Michael Mann (l’inseguimento e l’incidente in auto finale), i riferimenti sono questi. Le location e gli ambienti sono stupendi, perche’ Sorogoyen vuol dimostrare che questi vivono in luoghi che noi comuni mortali possiamo solo immaginarci.  L’intervista finale senza speranza chiude il cerchio sulla stampa (altro potere controllato) e sulla nostra angoscia. Il protagonista, l’attore Antonio de la Torre, ha la faccia perfetta per incarnare questo politico che in Italia chiamiamo benevolmente traffichino, ma che e’ molto di piu’ in questo mondo di mezzo che sta tra la gente comune e le mafie. La sua somiglianza con personaggi che conosciamo in Calabria e in tutta l’Italia lo rende verosimile