Quando l’antipolitica finisce in farsa

Ma davvero Beppe Grillo pensa di cavarsela con una battuta? Non gli bastano gli irreparabili disastri che ha combinato? Nel suo spettacolo «Io sono un altro» (senza più le grandi firme a scrivergli i testi) ha infierito su Giuseppe Conte per salvarsi la coscienza: «Mi fa tenerezza, ha preso più voti Berlusconi da morto che lui da vivo».

Grillo ha riempito il Parlamento di personaggi che hanno esposto la democrazia ai peggiori istinti dell’antipolitica (le dichiarazioni sull’uscita dall’euro, sui no vax, sull’impeachment di Sergio Mattarella…), per poi cedere a tutti i compromessi: il governo giallo-verde («Mai con la Lega»), il governo giallo-rosso («Mai col partito di Bibbiano»), i posti di comando, ovunque capiti.

Conte, il «politico eletto da nessuno», nasce in realtà da una costola di Grillo che, in cambio, si è accontentato di una rendita annuale. A noi, invece, l’ideona del Superbonus costa una perdita secca di 45 miliardi.

Adesso Grillo, da comico in disarmo, predica il ritorno alle origini, al formicaio della piattaforma Rousseau, alle «idee radicali e visionarie», con ritrovato spirito populista, senza accorgersi che quel posto è già occupato da molti, a destra come a sinistra.

Tutto ciò che inizia nella rabbia di solito finisce nella vergogna. Non per Grillo. Dalla sua guitteria è nata l’antipolitica statalista, una farsaccia.