I NUMERI PER CAPIRE LE BALLE CHE RACCONTANO

Il governo ha mandato il DPB (documento programm. di bilancio) alla Commissione europea. Primo punto: “Riduzione del deficit strutturale” nel periodo 2018-2020. Bel proposito, ma vediamo cosa c’è scritto: “Il sentiero dell’indebitamento netto strutturale peggiora di 0,8 punti nel 2019” e resta a quel livello (1,7%) per tutti gli anni successivi senza mai ridursi (nel 2010 e nel 2021). Spieghiamo. Nello stesso documento il governo dice che il suo primo impegno è ridurre il deficit strutturale e nello stesso tempo dice che lo aumenterà. In Europa non si fidano dell’Italia non perché c’è un complotto, ma perché questi sono schizofrenici.  L’Italia è andata in deficit, a consuntivo, per il 2,9 nel 2012 e 2013 (governi Monti e Letta), per il 3 nel 2014, per il 2,6 nel 2015, per il 2,5 nel 2016 (governo Renzi), per il 2,4 nel 2017 (governo Gentiloni), sempre superando di qualche decimale l’obiettivo dichiarato ma portando il pil da meno 2,5 a 1,6. Promettendo ora il 2,4 si ottengono due risultati: si interrompe il percorso di riduzione del debito e avremo un avanzo molto superiore, magari oltre la soglia del 3%. L’altra balla è il confronto con il resto d’Europa. La Germania presenta una manovra 2019 a deficit zero come lo scorso anno; il suo debito pubblico scenderà dal 61 al 58 per cento del pil: 20 punti in meno in 6 anni. Eppure taglia le tasse ed il gap di investimenti rispetto all’Italia sfiora i 160 miliardi.La Spagna ha indicato un deficit dell’1,8 per cento che potrebbe non essere rispettato dal governo socialista; ma nel 2012 era al 10,5 e nel 2016 al 4,5.Il Portogallo egualmente  socialista fissa l’obiettivo allo 0,2 per cento (ecco perché il suo spread è metà del nostro). L’Olanda allo 0,4 con tagli di tasse. Anche l’Austria che piace a Salvini annuncia il pareggio di bilancio nel 2019 con debito al 75 per cento del pil, pressione fiscale in calo e 70 miliardi di infrastrutture cofinanziate dalla Ue. Mentre l’Ungheria, altro faro salviniano, programma un deficit all’1,8 per cento. La Francia, molto citata, andrà in deficit del 2,8 per cento, dimezzandolo nel 2020: l’anno prossimo restituirà a privati e aziende 25 miliardi di crediti fiscali.In nessuno di questi paesi sono previsti condoni, redditi di cittadinanza, né pensionamenti anticipati: tranne che in Francia, all’estero si va in pensione dopo che in Italia e con assegni molto inferiori; per questo abbiamo la spesa previdenziale più alta d’Europa. Saranno Berlino, Madrid, Lisbona, Vienna, Budapest a giudicare la nostra manovra, non Junker e gli eurocrati.