Ieri sera a “Trame”, è stata presentata una video-inchiesta su Lamezia intitolata “La Grande Fuga. Storie di ordinario abbandono”: sullo spopolamento dei paesi. Molto ben fatta ma, secondo me, incompleta. Che cosa mancava? Una storiella da catechesi, che raccontava di una tremenda alluvione in un piccolo paesino. Eccola. Un uomo profondamente religioso rifiutò di essere salvato dalle barche dei suoi amici per ben tre volte, confidando nell’aiuto di Dio. Purtroppo, una volta morto, chiese a Dio perché non l’avesse salvato, e lui rispose: “come no? Ti ho mandato tre barche”. Troppo spesso gli individui e le comunità locali hanno delegato le cause e le responsabilità dei loro problemi agli organi di amministrazione al di sopra delle loro teste, spesso avendo ragione ma in molti altri casi nel solo tentativo di decolpevolizzarsi. Il comune incolpa e invoca l’intervento della Regione, lo stesso fa la Regione con lo Stato e lo Stato con l’Europa. Cosa c’entra allora la stupida storiella delle barche? Le comunità locali devono essere in grado di sfruttare gli interventi dell’Europa e della Regione, ma allo stesso modo non devono e non possono aspettare di poter essere salvati solo esclusivamente da quest’ultimi, proprio come l’uomo nella storia. I comuni possono fare molto con le proprie forze, e devono reagire subito, puntando al rinnovamento. Essi possono essere in grado non solo di prendere una barca per scampare l’alluvione, ma addirittura di costruirsela e salvarsi dall’estinzione. Sono in grado di rinascere e dare un esempio al mondo intero.