Molti lametini sono accorsi a vedere e sentire il direttore Marco Travaglio e mi è pure capitato di leggere in seguito peana entusiasti. Purtroppo la creatura del direttore, Il Fatto Quotidiano a trazione grillina, ad aprile 2019 ha diffuso 41.884 copie contro le 45.758 dell’anno scorso, con 26.796 vendute in edicola (-19,6%). Tendenza che prevale già da gennaio 2019 (ha perso il 14% anno su anno, il 3% in gennaio rispetto a gennaio 2018). E vende il 41% di quanto vendette nel gennaio del 2011, primo mese registrato da Ads. Presto del direttore quindi sentiremo parlare, ma anche a Lamezia si è visto che ormai il suo cuore batte per lo scialbissimo Conte, non più per Di Maio e Toninelli. Nella serata lametina l’eloquio del direttore è stato davvero esemplificativo dello stile del suo giornale: “una scrittura poverissima fino alla trasandatezza, sotto il profilo letterario, e una costruzione logica approssimativa, fatta tutta di ammiccamenti maliziosi, insinuazioni torbide, sospetti sordidi. E tutta malamente poggiata su una precaria struttura, costruita su ‘sorprendenti combinazioni’ e ‘incredibili coincidenze’ e intessuta di mille ‘non a caso’, ‘proprio allora’ e ‘guarda la fatalità’. Il destino, il gioco delle circostanze e degli imprevisti, le vicende della vita individuale e di quella collettiva, tutto viene ridotto al risultato di un`unica trama e di una Macchinazione Universale“. Marco Travaglio, così come è stato descritto benissimo in un lungo studio (Contro il metodo Travaglio, di Federica Graziani e Luigi Manconi, Il vocabolario aggressivo e militarizzato. Le fantasie punitive e vendicative. L’esasperazione del sospetto. Una concezione paranoica e delatoria della società. Inchiesta su un sistema che ha fatto da miccia, veicolo e megafono al violento giustizialismo morale che oggi guida l’Italia) “è così virtuoso che per lui la vita stessa è un vizio” (Georg Büchner). Ce ne accorgemmo tutti in quella puntata di “Servizio pubblico” (11 gennaio 2013), in cui Marco Travaglio e Silvio Berlusconi, campioni dei due schieramenti chiamati allo scontro ultimo, finirono per avvinghiarsi in una simbiosi da coppia consumata. Non uno scontro, e neanche una mediazione, ma una sintonia perfetta. Fino alla conclusione. Basti pensare al gesto finale di Berlusconi, quando si alzò per spolverare con un fazzoletto la sedia del suo avversario. Gesto che avrebbe ben potuto compiere, con le medesime movenze, lo stesso Travaglio. D’altra parte quel profeta disarmato che si presentò davanti al suo avversario storico, è quello stesso dissacratore del sistema diventato oggi corifeo e colonna portante dell’attuale governo. Oggi Travaglio è diventato a pieno titolo uomo del regime, la sua foglia di fico è attaccare il cattivo Salvini, ma i suoi amati grillini non ne escono bene: se un Salvini vince lo fa per manifesta inadeguatezza dei grillini. Lui preferisce ancora prendersela con Renzi e il pd che con queste marionette grilline si sono rifiutati finanche di sedersi intorno ad un tavolo (Grillo e Casaleggio i burattinai, si sa, non fanno politica, giocano a golf) .
Travaglio, non dimenticatelo mai, per la storia, al primo Vaffa-Day venne indicato da Grillo come futuro ministro di Grazia e Giustizia. A Lamezia si è visto che ministro sarebbe stato. Il suo commento al più grande scandalo in cui è precipitato il Csm è stato un ininterrotto filotto di “ma di cosa vi sorprendete?”, a difesa del suo amico Palamara. Travaglio applica la legge solo contro i nemici, per gli amici la interpreta. Infatti nella scrittura e nell’oratoria di Travaglio, di tanti articoli del Fatto, del M5s e della sottocultura loro collegata emergono due costanti, due veri e propri disturbi del linguaggio. Il primo: un vocabolario militarizzato. Il secondo: un’idea di democrazia e di giustizia molto violenta
Si pensi al rimando costante e sempre dispregiativo all’età degli avversari: la vecchiaia di Giorgio Napolitano, e ora quella di Sergio Mattarella, risultano capi d’imputazione, descritti – per esempio dai dirigenti dei 5 stelle – come altrettanti fattori invalidanti. Morfeo-Napolitano e La Sfinge-Mattarella si “abbioccherebbero” durante gli incontri con i rappresentanti dei diversi partiti, e se al primo Travaglio consiglia: “Se proprio non sa come impegnare il tempo libero, dia retta all’ultimo monito di Osho: “Ma perché ’n te trovi ’n bel cantiere stradale come tutti l’anziani normali?” (2 febbraio 2017), al secondo destina un augurio: “Mattarella non ha alcun ruolo nella scelta del presidente Rai, e infatti non risultano sue dichiarazioni in merito, né acquisti di congelatori supplementari per l’occasione. Ammesso e non concesso che Mattarella sia rimasto gelato, pazienza: prima o poi qualche anima pia provvederà a sbrinarlo dal freezer” (29 luglio 2018). Fino a Stefano Rodotà che, dopo aver goduto della massima stima da parte dei 5 stelle, si vide liquidato da Beppe Grillo così: un “ottuagenario miracolato dalla Rete, sbrinato di fresco dal mausoleo dove era stato confinato dai suoi”. L’uso dei nomignoli è proprietà intellettuale esclusiva di Marco Travaglio: Disguido Bertolaso o Guido Bertolaido, il Banana e Al Tappone (Berlusconi), Giuliano l’Aprostata (Ferrara),Littorio Feltri, Angelino Al Fano, Angelino Jolie, Maurizio Belmento (Belpietro), Giorgio Ponzio Napolitano, Napolituhm, Rigor Montis, Elsa Frignero (Fornero), Gargamella (Bersani), Forminchioni (Formigoni),Cancronesi (Veronesi). A Travaglio va poi collegato quel motto, attribuito niente meno che a Pietro Nenni, che così recita: ‘Il puro più puro che epura l`impuro’. L`impurità che porta all’ostracismo si dipana lungo una sequenza di delazione/esclusione, applicata vía via e con furia incalzante a giudici successivamente diventati accusati e, per un qualche artificio, nuovamente giudici e ancora accusati, e così via. Ad libitum, si potrebbe dire. Basti pensare alla catena Elio Veltri-Antonio Di Pietro-Sonia Alfano-Paolo Flores-Michele Santoro-Marco Travaglio-Luigi De Magistris-Antonio Ingroia… Ognuno di questi si è fatto celebrante e poi inquisitore dei comportamenti dell’altro, esaltandone la purezza prima di evidenziarne la sporcizia. E, sullo sfondo, l`ombra torva del tradimento. Basta aspettare e vedrete che la santissima Trinità Travaglio-Padellaro-Scanzi prima o poi scoppierà con reciproche accuse di tradimento. Ecco il vero motivo per il quale ho scritto questo ritratto. Vedremo se l’azzecco.