Daniele Cerra è un Millenials perché è nato nel 1980 quindi, secondo certe descrizioni, dovrebbe essere uno di quei “ragazzini pigri e narcisisti che vivono ancora con la propria famiglia”. Oppure “choosy”, bamboccioni, egoisti e menefreghisti. In realtà appartiene alla prima generazione veramente globale, però con una passione per il locale. Lo dimostra il suo primo romanzo, “Sangu”, 323 pagine, autopubblicato, che è semplicemente straordinario. Se fossi un critico, come il nostro cosentino Antonio D’Orrico, dovrei portare delle pezze giustificative per un aggettivo molto impegnativo. Ma io scommetto che a D’Orrico piacerebbe. E’ la storia di Knut, turista norvegese che arriva a Terina (cioè Lamezia), abita a Petrania, che è Petrania, per farsi una vacanza al mare e dimenticare Ingrid. Intenderebbe fare kite surf all’Hang Loos Beach e conoscere delle ragazze e invece si caccia nei guai. Così, siccome fare esperienze nuove, conoscere, scoprire è soltanto il senso della vita, Knut vive situazioni in cui deve improvvisare, osare, spingersi al di là, mettersi alla prova. Sulla sua strada una serie di personaggi tra i quali spicca (nella mia personale graduatoria) un meraviglioso Micuzzo u bionicu, alias Domenico Vescio, 71 anni; al secondo posto l’eccentrico marchese Mariano Toro; poi il maestro delle scienze occulte Turi Occulta col suo assistente Abdul; il vicecommissario Gianfranco Longo, quattro figli, sigarette e l’agente Santo ad intossicarlo; Totò Sgrano e Michele Posillipo, i due generi del boss Giuseppe Cafardo; il dottor Eugenio Scalise, la moglie di don Peppe e la piccola rom Damiana, 10 anni; Alfonso Donnorso, discendente dei Cavalieri di Normandia; il signor Piccolo Lago vicino fastidiusu; Giannetto Amalio, ultrà della Virtus Terina, rivale storica della Sanvitignese merda; il comandante Ivan estremista rosso; il bafometto. Tutti questi signori sono mossi ed intrecciati da Daniele con una incredibile perizia narrativa, in un racconto “fantasy” (che riproduce la realtà lametina in cui ci è toccato vivere) miscelato con le leggende che sin da bambini si tramandano. Il potere delle acque sulfuree di Caronte, le grotte sotterranee che congiungono il Castello con il Bastione di Malta, miti e leggende che forse spiegherebbero tutto il male e il sangue che si sparge sulla nostra terra. Una storia costruita con un montaggio cinematografico, che impasta vari generi e sgorga da una cultura di base che è quella classica, sulla quale s’innestano le competenze scientifiche e tecniche dell’autore, i suoi gusti musicali e le sue predilezioni. Peccato per un non praticante come me che i dialoghi siano tutti rigorosamente in dialetto – la lettura si fa allora faticosa- e che l’umorismo trascinante della prima parte via via si smorzi sino a perdersi quasi del tutto quando l’azione si sposta nei sotterranei. Un’opera prima che un vero editor potrebbe far sistemare prosciugandola e adattando il dialogo alla misura di Camilleri, che usa le parole siciliane, tipo “gabbasisi”, con l’ambizione di farle adottare dall’italiano e non di sostituire la lingua madre con un dialetto. “Sangu” è comunque lo svelamento di un ingegno letterario vero, in questo senso è un autentico prodigio, e io che non sono nessuna autorità in materia non accetto obiezioni. Potrei anche arrabbiarmi gridando: Come si dice in finlandese vapiglialonculu? Citazione di pag. 179.