PERCHE’ UN DIPENDENTE PUBBLICO DEVE ESSERE LICENZIATO DIMINUENDO LE GARANZIE

I legulei in Italia proliferano perchè essi non intendono mai risolvere i problemi reali, intenti come sono a fare ragnatele normative. Quando un problema viceversa lo si è inteso risolvere, le garanzie sono state diminuite. Basti pensare a come abbiamo affrontato il terrorismo. On e off, acceso, spento, talvolta occorre anche col diritto saper usare una logica binaria. Anche in uno stato di diritto non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca. La premessa di un ragionamento, come sappiamo tutti, è fondamentale per procedere in maniera corretta. Qual è allora la premessa? Eccola: se tu hai un lavoro pubblico te lo devi saper tenere, altrimenti lavora nel privato. Al contrario in Italia lavorare nel pubblico è una pacchia perchè l’assenteismo nel pubblico impiego in concreto non si intende risolverlo alla radice, così come sono intoccabili dipendenti pubblici che pur non assentandosi non svolgono correttamente le mansioni per le quali sono stati assunti. Nessuno di noi conosce, per esempio, il nome di un docente che negli ultimi cinquanta anni sia stato allontanato dalla scuola pubblica perchè non insegna. Nei confronti di assenteisti cronici e di lavativi il Sovrano non intende fare nulla, avendo previsto procedure inadatte e/o inefficaci. Basterebbe un articolo come il seguente in una legge: “Con provvedimento del dirigente entro 30 giorni dalla contestazione dell’addebito il dipendente pubblico viene licenziato in tronco: a) quando anche una sola volta è stato scoperto assentarsi senza giustificare l’assenza nei tempi e modi dovuti; b) quando di frequente non svolge le sue mansioni, previste dal profilo, con decoro; o puntualità; o esattezza e diligenza; o rispetto dei colleghi e del pubblico. Contro il licenziamento in tronco è possibile esperire ricorso ad apposta sezione del tribunale che deciderà con atto definitivo non impugnabile“. E’ superfluo aggiungere che i giuristi resisterebbero per il semplice fatto che tali fattispecie (così come l’evasione fiscale) non sono da loro considerate un’emergenza nazionale. Sull’assenteismo al contrario la realtà ogni giorno ci presenta il conto di una vera emergenza nazionale che non ha eguali negli altri paesi occidentali. Nonostante le procedure per i controlli e i provvedimenti siano stati riveduti e resi più stringenti, la cronaca italiana dimostra che il fenomeno non si arresta, per due motivi intrecciati: la possibilità di essere individuati dopo un controllo è statisticamente troppo bassa; se si è così sfortunati da cadere nella trappola, le possibilità di perdere il lavoro sono statisticamente piccolissime. Dunque si continua, perchè non c’è una norma semplice e chiara ( anzi è resa impossibile a monte da accordi politici-sindacali) che preveda il licenziamento in tronco per un dipendente pubblico in alcuni casi specifici. Occupiamoci adesso dell’ipotesi più spinosa, un dipendente pubblico è presente sul posto di lavoro, ma non lavora. Tale fattispecie di fatto non è dimostrabile attraverso le indagini possibili sul luogo di lavoro. E’ più facile per un giudice trovare le prove (attraverso intercettazioni e pentiti) di una associazione mafiosa che raccogliere le prove su un docente che va in classe ma non insegna, perchè non è capace o non ne ha voglia. E infatti anche qui la realtà ci dice che qualche mafioso va al 41 bis, ma nessun prof o dirigente o Ata che non lavori ha mai perso il posto. Troppe garanzie, troppe ambiguità in una normativa che è stata predisposta in modo adatto per poter essere aggredita da uno studio legale qualsiasi. Se uno ritiene che un medico ospedaliero, un infermiere, insomma un dipendente pubblico debba lavorare, altrimenti è preferibile che al suo posto subentri un altro più volenteroso, sanziona con il licenziamento in tronco il non-lavoro. Se viceversa, pur condannando a parole il fenomeno, ritiene che il licenziamento in tronco sia sanzione troppo grave, predisporrà procedure complicate e normativa lasca adatta ad essere contrastata. Chi non lavora o si assenta in Italia nel pubblico impiego se la cava sempre. La ragione di tale emergenza sta in una normativa ultragarantista che privilegia il lavoratore a scapito dei cittadini. Si finge di volerla risolvere, ma si mena il can per l’aia. Noi italiani facciamo sempre così, per molti problemi. Deve cadere un ponte e occorrono molte vittime per convincersi che i controlli sulla sicurezza sono una cosa seria. Ma l’assenteismo nel pubblico impiego, i lavativi, i menefreghisti, che vittime volete che provochino? L’ignoranza è un danno? Se un prof non insegna, che succede di male, sarà la vita ad insegnare, suvvia. Ogni anno a Natale, a capodanno, vigili urbani e netturbini si assentano in massa per malattia in città grandi e piccole. I portuali di Gioia Tauro sono ormai un fenomeno nazionale, abbiamo visto foto di indagati che timbrano con scatole in testa. Non ci facciamo più caso, siamo assuefatti, come alla d’Urso e al fatto che il 60% di italiani non versano un euro di tasse allo Stato. La statistica ci dice che su 100 dipendenti pubblici meno di 4 vengono licenziati (La Stampa, 26/11/2018).
Nel primo anno pieno dei paletti anti-furbetti della Pa (regole Madia), il 2017, sono scattati 324 licenziamenti. Quasi la metà derivarono da assenze (154, il 48% del totale). E tra questi furono 55 i licenziamenti dovuti alla falsa attestazione della presenza, quindi ai furbetti del cartellino. Rispetto al 2016, in totale, si registrò un calo (-6%) mentre segnarono un forte rialzo le espulsioni per chi striscia il badge e se ne va (24 casi in più). Quei 324 semplicemente inducono i lavativi a persistere. Finchè la barca va.