Curioso. La Consulta ha dichiarato inammissibile il referendum volto a cancellare la quota proporzionale dell’attuale sistema elettorale in quanto il quesito sarebbe “manipolativo”, ma proprio la decisione della Consulta – ora che è stata presa – spiana la strada al più spettacolare tentativo di manipolare le regole del gioco mai messo in atto nella storia della Repubblica. Probabilmente la Consulta, stante il principio dell’autoapplicatività (la legge elettorale uscita dal referendum deve essere immediatamente applicabile), non aveva altra scelta. Ma questo non toglie che la situazione che si è venuta a determinare sia estremamente preoccupante. Per l’ennesima volta assistiamo al tentativo di una parte politica di fare ciò che, quando le acque sono calme, si promette di non fare mai, e poi – appena si hanno i numeri per farlo – si finisce per fare sempre: il cambiamento unilaterale delle regole del gioco, e in particolare della regola più importante, la legge elettorale.
Questo è quel che sta succedendo. Questo governo è nato, per ammissione dei suoi stessi esponenti, per impedire che gli avversari politici possano influire sulla scelta del prossimo presidente della Repubblica. Ora però quell’obiettivo, già di per se ben poco democratico, non basta più: si vuole anche impedire che, nella prossima legislatura, il governo che verrà venga scelto dai cittadini attraverso il voto. Troppo alto, infatti, è il rischio che, se si concede ai cittadini di andare a votare, e inoltre gli si permette di votare con le regole attuali (il cosiddetto Rosatellum, voluto a suo tempo dal Pd), i cittadini stessi si scelgano un governo diverso da quello attuale.(…)
Perché il proporzionale? Per una ragione molto semplice: siamo in Italia. Solo in Italia, infatti, succede che gli eletti non sentano alcuna responsabilità verso coloro che li hanno eletti. Solo in Italia, una volta giunti in Parlamento, gli eletti si ritengono autorizzati a cambiare ripetutamente partito, costituire nuovi gruppi parlamentari, rovesciare completamente le alleanze, dimenticare le promesse elettorali. Si chiama “trasformismo” (una parola non a caso intraducibile in altre lingue) e si manifesta, ogniqualvolta ne esiste la convenienza, da quasi 120 anni, ossia dai tempi del governo Depretis (anni ’80 dell’Ottocento).
Certo, il sistema elettorale proporzionale puro non assicura che chi è minoranza nel paese possa governare (per questo ci vorrebbe una dittatura). Però, fra tutti i sistemi elettorali possibili, è quello che rende più facile rovesciare il risultato delle urne, ossia impedire che chi ha vinto le elezioni possa governare. A ciò provvedono i cambi di casacca, la formazione di gruppi di “responsabili”, le crisi di coscienza premiate da incarichi e posizioni di potere: il “trasformismo”, appunto.
Il bello è che tutto ciò viene giustificato con l’idea che, grazie al proporzionale, si garantirebbe il massimo di rappresentanza alle preferenze degli elettori. Ma è una grossolana mistificazione: il proporzionale rappresenterebbe efficacemente le preferenze degli elettori se gli eletti si sentissero vincolati a rispettare le alleanze e i programmi dichiarati prima del voto, come avviene nella maggior parte dei paesi che hanno sistemi elettorali sostanzialmente proporzionali. In Italia avviene semmai il contrario: il proporzionale piace perché permette ai piccoli partiti di sopravvivere, e ai grandi partiti di eludere, o addirittura di tradire, la volontà espressa dagli elettori (…) (Il Messaggero 18/1/2020; estratto)