Ormai c’è solo da disperarsi quando uno legge cosa fanno i nostri politici, in questo caso regionali. Ammettiamo che prendessero uno sprovveduto analfabeta e gli dicessero: cerca di capire a quanto ammontano i debiti delle Asp calabresi.
Cosa farebbe il poveretto? Chiama ” i commissari e i dirigenti delle Asp e si fa dire a quanto ammonta l’esposizione debitoria”. Bene, l’idea di uno sprovveduto che non saprebbe da dove cominciare, è stata messa in pratica, questo è il dramma, per davvero da Domenico Giannetta, presidente della Commissione Speciale di Vigilanza del Consiglio regionale.
Così ha scoperto che a Reggio Calabria il debito è di 980 milioni e a Cosenza di 564. Debiti sulla parola, parola di lupetto s’intende. Domani ascolterà i dirigenti di Catanzaro, Vibo e Crotone. Non si sa cosa succederà subito dopo, alla fine del “percorso di audizione” come sono stati definiti questi colloqui che, secondo me, potevano risolversi in una telefonata o, meglio in una pec, così almeno restava traccia sulla carta. Operazione verità, basta con il torbido e l’approssimazione, ecco come è stata raccontata l’operazione (da Il Corriere della Calabria”).
La situazione è kafkiana nel senso che un debitore, o almeno uno che è subentrato ad un debitore, dovrebbe dichiarare i suoi debiti, non si sa se corroborando le dichiarazioni con documenti ufficiali. L’accertamento dei debiti non viene fatto come uno si augurerebbe da contabili, fiscalisti, revisori dei conti, spulciando nella carte e nei libri contabili, se ci sono o si rinvengono. No, è più facile farselo dire da chi quei libri contabili avrebbe dovuto tenerli in ordine. Invece in Calabria succede proprio questo, che un perfetto sconosciuto senza nè arte nè parte arriva a dirigere un’Asp provinciale dove non trova nessuna contabilità e proprio per questo anche lui è legittimato ad operare senza tenere una contabilità ordinaria, in una coazione a ripetere che non avrà mai fine. Della serie: abbiamo sempre fatto così. Non si fa punto e a capo, no. Non si fa un bilancio di nessun tipo con la scusa che non essendoci bilanci pregressi non si saprebbe da dove cominciare.
Insomma, quello che è normale in qualsiasi azienda, tenere una contabilità, partita doppia, entrate ed uscite, non vale per le Asp (ma non è un reato grave?) dove invece si opera sulla base di mandati di pagamento senza doversi preoccupare se in cassa ci sono i soldi. Uno spende, tanto a pagare ci pensa lo Stato, e precisamente i cittadini che pagano le tasse (il 40% della popolazione). Come si vede ciascuno di noi sarebbe in grado di dirigere un’Asp, anzi io prometto che se me ne danno una per ogni spesa che ordino farò tre copie scritte a mano da me e conservate in una cartella rossa dove scriverò a stampatello: SPESE DELL’ASP DA QUANDO CI SONO IO.
Tutti capiranno che dopo aver fatto la somma dei debiti delle Asp e ottenuto la cifra X, il politico è soddisfatto e vorrà essere pure ringraziato. “Abbiamo capito a quanto ammontano i debiti” ci dirà. Peccato davvero che la cifra X nessuno sa di quanto si avvicini alla realtà (è il 10 per cento del reale o il 40%, o l’1%?). E soprattutto, dopo che con questi strumenti da troglodita racconti di aver accertato la verità, cosa fai per far operare le Asp con una contabilità vera? Come rompi con il passato, come rimetti un’azienda ad operare come azienda? Insomma, cari politici, come risolvete i problemi invece di perder tempo a raccontare storie ai poveri cittadini? Questa storia è anche istruttiva sapete perchè? Perchè tutti quelli, e sono tanti, che in questi giorni protestano per i tagli operati negli anni alla sanità pubblica, non solo calabrese, e chiedono più soldi al governo, della corretta contabilità non sanno che farsene, la considerano l’ennesimo ostacolo o impedimento che il neoliberismo insieme con la Merkel hanno imposto all’Italia. La contabilità è burocrazia, una perdita di tempo, è meglio e più veloce pagare due tre volte la stessa fattura alla stessa ditta. Si chiama efficienza. Basta con i lacci e lacciuoli.
“…sarà necessario introdurre quei criteri di trasparenza, competitività, controlli, merito, eccellenza gestionale, costi standard che nel nostro sistema sanitario sono o apparsi a macchia di leopardo o risultati assenti nel corso della pandemia, ma che ora devono trasformarsi in caratteristiche uniformi e verificabili: non perchè ce lo chiede l’Europa, ma per noi stessi (Alessandro De Nicola”