Perché ci siamo ricaduti? A un certo punto, quando questa emergenza sarà passata, varrà forse la pena di fermarsi a considerare anche come essa abbia messo in evidenza gli angoli ciechi della mente umana. La nostra incapacità di vedere ciò che si sta avvicinando. Anche quando uno sguardo minimamente razionale lo farebbe capire. Anche quando l’esperienza dovrebbe non lasciarci molti dubbi.
Invece come italiani ci siamo quasi tutti — governo incluso —– fatti prendere di sorpresa un’altra volta dalla dinamica esponenziale dei contagi registrati. Abbiamo commesso l’errore che era diffuso nel resto d’Europa nel marzo scorso, lo stesso dal quale proprio noi mettevamo in guardia i Paesi a noi vicini. «Non pensate che il virus morda meno da voi perché lo state gestendo sostanzialmente meglio di noi – dicevamo in sostanza –. State in guardia, perché siete solo di una decina di giorni più indietro di noi nella propagazione». L’Italia allora non fu creduta subito. Molti tacitamente pensarono che noi eravamo travolti perché stavamo sbagliando qualcosa più di qualunque altro Paese. Si iniziò a cambiare idea quando il 18 marzo la Francia superò i 1.400 contagi ufficiali in ventiquattr’ore, una soglia che l’Italia aveva passato dieci giorni prima. Solo allora – troppo tardi – ovunque in Europa si capì che l’Italia era semplicemente più avanti sulla stessa onda che stava investendo tutti.
Questa esperienza avrebbe dovuto aiutarci. Eppure noi italiani in estate siamo caduti né più né meno nell’illusione che in primavera leggevamo chiaramente negli altri. Ci siamo convinti di essere più bravi. Pensavamo di saper gestire con padronanza – noi più di tanti – un contagio le cui dinamiche nessuno capisce del tutto. Ci siamo compiaciuti. Abbiamo creduto ai complimenti dell’Organizzazione mondiale della sanità, che il 25 settembre ha dedicato alla risposta italiana un video celebrativo o al Financial Times che in quei giorni spiegava come la «dura lezione» del nostro Paese «aiuta a tenere sotto controllo l’epidemia». E ci stupivamo dei contagi in Francia o in Spagna, come quei due Paesi vicini e simili a noi facessero errori impensabili in Italia. Non era così. Semplicemente, stavolta erano loro più avanti e noi più indietro. La Spagna passa il 10 luglio la soglia dei mille contagi che l’Italia passa il 26 agosto. La Francia il 30 luglio passa la soglia dei 1.300 che l’Italia passa il 30 agosto. Quel giorno la Spagna è a quota diecimila e noi ci siamo adesso. Questa storia dovrebbe insegnare a tutti – governo e popolazione – che il coraggio e l’umiltà sono la stessa cosa. (Federico Fubini, Corsera, 18/10/20)