Verderami/ Giorgetti lancia la sfida a Salvini

Nel giorno in cui Corriere della Sera e Repubblica rivelano l’indagine a carico di Luca Morisi, ex capo della comunicazione social del leader della Lega Matteo Salvini, Giancarlo Giorgetti, numero due del Carroccio, rilascia una lunga intervista al quotidiano La Stampa in cui auspica Mario Draghi al Quirinale per poi andare al voto, parla delle elezioni amministrative del prossimo fine settimana e spiega che c’è “una sola” Lega, con “al massimo sensibilità diverse”.

In questa intervento pubblico ci sono quelle che Francesco Verderami sul Corriere chiama “lamentazioni” per l’impostazione di Salvini definita sbagliata: dalle scelte dei candidati per le Amministrative alla battaglia ingaggiata sul green pass, fino all’inopportunità di attaccare in questa fase la titolare del Viminale. Solo a Torino è stato scelto l’uomo giusto secondo Giorgetti, altrove no.

SULLA CORSA AL QUIRINALE

Silvio Berlusconi al Quirinale? Il leader di Forza Italia ha “poche” possibilità, dice il ministro. Perché Salvini rilancia la sua candidatura? “Per evitare di parlare di altre cose serie”. Quali? “Draghi. La vera discriminante politica per i prossimi sette anni è che cosa fa Draghi. Va al Quirinale? Va avanti col governo? E se va avanti con chi lo fa?”. L’auspicio di Giorgetti? “Vorrei che rimanesse lì per tutta la vita. Il punto è che non può”. Perché “appena arriveranno delle scelte politicamente sensibili la coalizione si spaccherà. A gennaio mancherà un anno alle elezioni e Draghi non può sopportare un anno di campagna elettorale permanente”. Morale? “L’interesse del Paese è che Draghi vada subito al Quirinale, che si facciano subito le elezioni e che governi chi le vince”. “Dopodiché cambierebbe il ruolo del Quirinale”, osserva l’intervistatore. “Draghi diventerebbe [Charles] De Gaulle”, dice Giorgetti.

IL CASO MORISI
Il caso Morisi dunque, secondo Verderami, amplifica il duello tra il leader Salvini e il ministro dello Sviluppo economico che vorrebbe un nuovo partito staccato dalle logiche sovraniste
“Così si è arrivati al punto di non ritorno. E il «no» di Giorgetti a Berlusconi per il Quirinale è parte del disegno, perché mira a far saltare la federazione di centrodestra a cui aspira Salvini, indicando invece a un pezzo di Forza Italia la strada per un’aggregazione dell’area moderata insieme ai centristi, a Renzi e a Calenda, citato non a caso per la corsa al Campidoglio.

In questo scontro tutto interno al Carroccio giocano un ruolo anche i potenti presidenti di Regione, che nei giorni del braccio di ferro sul green pass avevano sottolineato come la linea della Lega fosse «la linea dei governatori».È iniziato il congresso della Lega. Giorgetti lo ha aperto prima ancora che si chiudessero le urne, scommettendo su una sconfitta del disegno salviniano alle Amministrative”.
Se dopo la tumultuosa avanzata alle Europee il voto dovesse consegnare al Carroccio un risultato sotto la soglia del 10% al Centro e al Sud, ci sarebbe un ritorno alla Lega Nord, il nervo scoperto di Salvini, che va su tutte le furie quando per errore viene citata la vecchia denominazione. Il «ritorno alle origini» che immagina Giorgetti non è però la riproposizione del passato, ma un nuovo partito sul modello della Csu bavarese, staccato dalle logiche sovraniste e ancorato al Ppe.
“Ecco la sfida, che il «caso Morisi» ha amplificato perché l’inventore della «Bestia» era diventato la quintessenza del progetto salviniano, inviso da tempo a una larga parte del gruppo dirigente storico, che lo additava per un verso di aver cambiato il dna del partito e per l’altro di fomentare l’ostilità verso l’ala governista. La vicenda giudiziaria in queste ore sta alimentando i soliti sospetti nel Carroccio, ma il motivo del duello tra il segretario e il ministro dello Sviluppo economico era e resta politico”.