(6/10/21) Ho conosciuto Claudio Ranieri nel 1986 quando allenò la Vigor Lamezia. Ero più grande di lui di un anno ma eravamo tutti e due Bilancia. Allenava per la prima volta dopo una buona carriera da terzino, dal ’74 per otto anni al Catanzaro, 128 partite in serie A, poi Catania e Palermo. Scrissi sul mensile “Radio Lamezia” che aveva personalità da vendere, mi bastò considerare che talvolta al 20° del primo tempo faceva uno o due cambi. La squadra avversaria non la conosceva per niente (si era nell’Interregionale) e dopo venti minuti la guardava e sentiva che aveva bisogno di cambiare assetto. Me la spiegò così, una volta che lo incontrai in un ristorante. Parlammo altre volte anche perchè facendo una supplenza a Catanzaro avevo conosciuto la cognata, una bella ragazza che era la sorella di Rossana, la moglie. In seguito sposerà anche lei un calciatore, Paolo Benetti (oggi ancora inseparabile vice di Claudio) ma poi i due si separeranno.
Al contrario la moglie per Ranieri è un punto fermo della sua vita, e le cronache riportano che è anche una grande cuoca. Comunque sia, a Lamezia fu vittima di una congiura di un procuratore napoletano con alcuni calciatori (Amato su tutti) e venne esonerato. Lo incontrai la sera stessa a via Loriedo mentre stava lasciando Lamezia e lo vidi buio come non lo avevo mai visto. Gli chiesi spiegazioni ma mi disse solo: Non è il momento di dire nulla, non voglio dirti nulla. Probabilmente se ne andò senza fare storie davanti alla congiura, con un gentlemen agreement. Allora io gli feci: Claudio, hai dimostrato che puoi fare l’ allenatore. Sono sicuro che avrai una grande carriera e questo momento triste non lo ricorderai più. Lui sorrise e disse: Vedremo se hai ragione.
Non gli ho parlato più, ed ero triste proprio per questo, chè ci saremmo persi di vista. Infatti persi le sue tracce, non c’era internet allora, e in ritardo seppi che era stato esonerato pure dal Campania Puteolana in serie C1. Due esoneri in due anni, che bell’ augurio che gli ho fatto, mi dissi. Ma nel 1988 era già finito al Cagliari dove in tre anni riuscì a conquistare due promozioni ed una salvezza in Serie A. In Sardegna lo adorano.
Da quel momento sino ad oggi ho sempre pensato che Ranieri abbia un agente superlativo che gli ha saputo costruire una carriera invidiabile. Avevo capito a Lamezia che non aveva paura di niente e infatti, dopo aver allenato Napoli e Fiorentina si buttò in una lunga esperienza all’estero con Valencia, Atlético Madrid e Chelsea, dove lo nominarono Tinkerman (l’indeciso, per i presunti tentennamenti nella formazione). Mourinho lo avrebbe preso in giro per il suo inglese stentato ma anni dopo, con la leggendaria impresa con il Leicester, il suo “Dilliding dillidong, siamo in Champions” lo portò ad essere un allenatore mitico con tanto di statua sulla piazza.
Che c’entra la Vigor con tutta questa carriera? Penso che cominciò a Lamezia a capire che il rapporto di un allenatore con i calciatori è molto diverso da quello con i compagni con cui giochi.
Proprio l’aver allenato lontano dall’Italia ha permesso a Ranieri di acquisire una mentalità diversa, diciamo poco provinciale (quella della maggior parte della nostra stampa), ma d’estate non ha mai rinunciato al mare di Caminia così come sulla sua barca o nella villa in Toscana ha sempre riunito i vecchi compagni del Catanzaro di Gianni Di Marzio.
In Italia ha allenato tante squadre, compresa la mia Juventus (2007-2009) prima di un ritorno alla Roma col suo Capitano, Francesco Totti. Fu proprio in quella esperienza alla Juve (appena tornata in serie A) finita con un divorzio (gli subentrò Ferrara) che ho avuto modo di conoscere quelli che a me appaiono i suoi limiti di allenatore (non sto scrivendo un articolo celebrativo). Essendo un uomo pragmatico e coraggioso, Ranieri nella sua carriera ha applicato un solo schema che è il 4-4-2, declinato in varie forme ma insomma, ama giocare a quattro dietro e ama il gioco verticale. Non e’ stato mai per un gioco proattivo, come diciamo oggi, ma solo reattivo. Non ha costruito una carriera per stare in una grande squadra dove occorre carisma per fronteggiare campioni e/o fuoriclasse. In una squadra media lui si trova a suo agio, perchè, come avvenne a Roma, si appoggia al capitano e gestisce lo spogliatoio, ma alla Juve non riuscì proprio a capire il materiale che aveva.
Il centrocampo bianconero aveva Nocerino, Zanetti e Nedved, davvero ben poca cosa. Proprio per questa pochezza la delusione maggiore me la diede quando il secondo anno preferì (lui disse perche’ costava meno) addirittura farsi comprare da Secco il danese Poulsen a centrocampo (“vedrete, sarà una sorpresa”) preferendolo nientemeno che a Xabi Alonso in uscita dal Bayern. Al povero Criscito, allora una giovane promessa, diede una sola chance, lo mise centrale in una partita contro la Roma.
Con la Roma sotto 1-0 per la rete di Trezeguet, Totti si sbarazzò con una giravolta di Criscito e battè Buffon da fuori area. Fu l’ultima partita che fece giocare a Criscito da titolare, ma tutti sapevamo che non era un centrale.
Come si vede, non ho dedicato un santino a Claudio Ranieri, che seguo sempre con affetto perchè ha dimostrato in tutta una carriera di essere un uomo concreto, affidabile e, ripeto, coraggioso. E’ legato al Testaccio e alla sua Roma, non dimentica il mare calabrese che ha detto per lui è il più bello di tutti, non dimentica gli amici del Catanzaro. Se lo dovessi reincontrare forse lui non si ricorderà di me, ma si ricorderà bene di Lamezia che come al solito le persone di valore le elimina con giochetti vari.