Costruirsi la sorte/ Non è vero che le persone di successo sono più fortunate delle altre

(Rainer Zitelmann) È innegabile che fortuna e caso ricoprano un certo ruolo nel determinare il successo nella vita delle persone. Chiunque può rievocare innumerevoli esempi di fortuiti avvenimenti e fortunate coincidenze nella propria vita. Indipendentemente da ciò, il quesito rimane invariato: quanto importante è il ruolo della fortuna?

Che sia il caso a offrire a qualcuno delle opportunità o meno non è la domanda chiave, piuttosto ci si deve domandare:

La persona fortunata sarà in grado di riconoscere le proprie occasioni? O fallirà nell’apprezzare le opportunità che queste portano in seno? Lo scrittore svizzero Max Frisch diceva: «Il caso mi porta a riconoscere i miei talenti».
Dovesse questa persona riconoscere gli eventi fortunati, cercherà di trarne vantaggio? Agirà di conseguenza? 
Lo stesso può applicarsi alle circostanze avverse e alle sfortune verso le quali le persone senza successo addosseranno tutta la colpa dei loro fallimenti. Un ristrettissimo numero di persone si troverà nella posizione perfetta per iniziare la scalata al successo. Alcuni devono fare i conti con disabilità fisiche, altri non hanno titoli di studio di nessun tipo, altri ancora potrebbero sentirsi troppo giovani o troppo attempati per raggiungere determinati traguardi e infine altri potrebbero sostenere che siano le responsabilità verso i propri figli o verso la loro famiglia a trattenerli dall’impegnarsi appieno in un progetto.

In realtà, tutte queste persone stanno solo cercando scuse e giustificazioni per la loro mancanza di successo. Nelle biografie di persone più o meno celebri si possono trovare una miriade di esempi di come alcuni individui abbiano avuto successo nonostante soffrissero di gravi malattie o mancassero di una vera e propria formazione scolastica, altri che invece hanno raggiunto i loro obbiettivi a cinquanta o sessant’anni o che a quindici anni si stavano già affermando. Nessuno di questi ha mai lasciato che tali ostacoli, da molti considerati insormontabili, fermassero il loro cammino. Hanno fatto carriera nonostante questi impedimenti.

Stephen Hawking
Prendiamo ora come esempio il celebre fisico Stephen Hawking. Per tutta la sua vita ha sofferto di una rara forma di sclerosi laterale amiotrofica: una malattia neurodegenerativa che colpisce esclusivamente i motoneuroni. I dottori predissero che avrebbe vissuto solo per pochi altri anni. Hawking venne dunque costretto su una sedia a rotelle e perse progressivamente la sua abilità di parlare autonomamente, servendosi di un computer per comunicare verbalmente.

Nonostante tutto ciò viene ora annoverato universalmente tra i più famosi scienziati del mondo e alcuni lo considerano persino il più famoso in assoluto. Si sposò due volte, viaggiò per tutto il mondo, conobbe i più grandi scienziati e politici del suo tempo e scrisse libri diventati bestseller internazionali. La chiave per tutto ciò è stata la sua attitudine, soprattutto la sua capacità di vedere i vantaggi della sua disabilità.

Nella sua autobiografia scrisse che, grazie alla sua malattia, non dovette mai svolgere conferenze o tenere lezione per gli studenti del primo anno e non dovette mai partecipare a lunghe e tediose riunioni di facoltà, potendosi dunque interamente dedicare alle sue ricerche. La sua disposizione ottimista giocò dunque un ruolo fondamentale nella sua vita, più importante di quello ricoperto dalla sua disabilità. «È mia convinzione che chi soffre di disabilità debba concentrarsi su ciò che può compiere nonostante i propri handicap invece di rammaricarsi per ciò che viene precluso. Nel mio caso, sono sempre riuscito a fare quasi tutto quello che ho desiderato».

Un esperimento psicologico
Nello stesso modo in cui circostanze esterne avverse non impediscono a personalità di successo di raggiungere i loro obbiettivi, coloro i quali non sono in grado di riconoscere e approfittare di eventi fortunati non verranno mai toccati da “felicità” e “opportunità”.

Lo psicologo Richard Wiseman ha trovato molte particolarità interessanti su ciò che le persone pensano del ruolo ricoperto dalla fortuna nelle loro vite e su come queste reagiscono quando viene presentata loro un’occasione inaspettata. Nel corso di una delle sue ricerche, Wiseman ha presentato a un certo numero di soggetti due “colpi di fortuna”. Il primo rappresentato da una banconota appoggiata su una panchina sulla strada verso il centro di ricerca, il secondo dall’essere avvicinati per un’interessante opportunità lavorativa da un potenziale datore di lavoro dentro a un caffè. Esperimenti in grado di dimostrare che l’abilità di riconoscere e sfruttare occasioni fortuite deriva da determinate caratteristiche della personalità e attitudine degli individui.

Nondimeno, spesso si sente affermare che il caso e la fortuna sono i principali fautori del successo delle persone. I libri che sostengono questa teoria sono diventati molto popolari perché spiegano in maniera estremamente basilare gli incredibili successi altrui a chi, di successi, ne ha avuti pochi o nessuno.

In termini psicologici, questa ultima categoria di persone userà queste semplici spiegazioni del successo altrui per consolarsi dei propri fallimenti in una maniera che non vada a toccare la propria autostima. Nel libro “Fuoriclasse. Storia naturale del successo”, il giornalista canadese Malcolm Gladwell cerca di spiegare gli straordinari trionfi di alcuni individui. L’ipotesi centrale del libro è che le abilità, la personalità, l’intelligenza e tutte le altre caratteristiche personali hanno un ruolo marginale nelle carriere di personalità eccezionali.

Speculazione controfattuale: “Cosa sarebbe successo se…”
Autori come Gladwell seguono sempre una linea di ragionamento simile. Se una persona di successo non si fosse trovata nel posto giusto al momento giusto, o non avesse conosciuto le persone giuste, non sarebbe mai riuscita nei suoi intenti. Nei libri come quello di Gladwell, le supposizioni controfattuali assumono un grande significato, anche se poi mancano di una spiegazione chiara o non vengono sviluppate ulteriormente.

Il lettore si troverà costantemente davanti a domande come: «Cosa sarebbe successo se Bill Gates non avesse avuto la possibilità di utilizzare un potente computer gratis?». È difficile approfondire queste congetture e portarle a una soddisfacente conclusione. Gates avrebbe avuto lo stesso successo nel suo campo di lavoro? Se la risposta fosse negativa, sarebbe stato possibile per lui avere successo in altri settori sfruttando la sua intelligenza e i suoi talenti imprenditoriali, o ancora tramite la sua personalità e la sua abilità nell’applicazione di strategie imprenditoriali corrette?

Libri come quello di Gladwell, che cercano di minimizzare il successo di persone come Bill Gates o Steve Jobs a una serie di fortunate coincidenze, cercano di portare il lettore a chiedersi: se una determinata circostanza o una qualche fortunata occasione non si fossero presentate, cosa sarebbe cambiato?

Maggiore è il numero di fortunate coincidenze che l’autore riesce a trovare, più il lettore tenderà ad assumere che la persona in questione non avrebbe avuto gli stessi successi, se queste non avessero avuto luogo. Tutto ciò è ovviamente impossibile da provare in maniera definitiva. È altresì molto facile identificare un numero consistente di eventi sfortunati o coincidenze infelici nelle vite degli stessi individui messi sotto esame, che, avessero fallito nelle loro carriere, sarebbe stato facile utilizzare per spiegare suddetto fallimento. Tutto questo non tiene però conto del fatto che è la reazione di un individuo agli eventi in cui incorre, non gli eventi stessi, che lo porterà o meno a certi risultati.

Nessuno è “sempre fortunato” o “sempre sfortunato”
La probabilità che qualcuno avrà sempre e solo a che fare con coincidenze esclusivamente positive o esclusivamente negative per tutta la sua vita è decisamente irrisoria. Nell’arco di anni e decenni, fortuna e sfortuna tendono sempre, o, perlomeno, nella maggior parte dei casi, a bilanciarsi. Indubbiamente il caso e la fortuna hanno un ruolo nella vita degli individui, ma l’importanza di tale ruolo varia sempre a seconda del campo in cui si sta operando.

Michael J. Mauboussin, autore di “The Success Equation”, enfatizza il ruolo della fortuna, ma allo stesso tempo ammette che questo cambia a seconda del campo o delle attività prese in considerazione. Mauboussin propone dunque un “Continuum fortuna/abilità” e usa come esempi diversi sport e attività. Ai poli di questo spettro che va da “pura fortuna” e “pura abilità” pone la roulette e gli scacchi rispettivamente. Per decidere dove collocare una determinata attività all’interno di questo spettro basta rispondere a una semplice domanda: «È possibile perdere intenzionalmente in questa attività o sport? Nei giochi e negli sport di abilità questa possibilità è decisamente una possibilità, mentre nella roulette o nella lotteria è virtualmente impossibile».

Questo test è stato utilizzato per supportare la loro posizione, persino dagli avvocati incaricati di portare la legalizzazione del poker online negli Stati Uniti.

Dovesse anche essere vero che eventi fortuiti influenzino il successo di una persona, il modo in cui questa persona reagisce a tali eventi è decisamente più significativo degli eventi stessi. Vincere la lotteria è un esempio di un colpo di fortuna inaspettato, ma la maggior parte dei vincitori perde tutte le vincite entro pochi anni.

Numerosi sono anche i milionari o miliardari “self-made” che hanno perso tutta la loro fortuna per poi ricostruirla da capo in archi di tempo piuttosto brevi. Il famoso scrittore irlandese George Bernard Shaw non «credeva nelle circostanze fortuite del caso» e sosteneva che «le persone che fanno strada in questo mondo sono quelle che le circostanze favorevoli le cercano e, se non le trovano, se le creano».