Uno smemorato come me ricorda ancora perfettamente quando ha scoperto Paolo Conte. La mia fissazione giovanile era quella di prendere il 45 giri e leggere sotto il titolo della canzone il nome degli autori (allora i parolieri venivano messi prima dei musicisti). Se un brano mi piaceva io ricordavo gli autori, non l’interprete, avendo capito subito che i cantanti passano e invece gli artefici dei successi sono gli autori. Così ho scoperto Battisti quando lo memorizzai tra gli autori di Dolce di giorno (Dik Dik), Guccini, quando ascoltai Auschwitz dell’Equipe 84 e così nel 1966 ho scoperto Paolo Conte.
Seguivo Celentano perchè allora il rock italiano era lui e la canzone inserita come retro di Il ragazzo della via Gluck, intitolata Chi era Lui, aveva il testo di Mogol e Del Prete e la musica di Conte. Era entrato nel Clan come autore un giovane avvocato astigiano, Paolo Conte.
Nel 1968, ultimo mio anno di liceo, Celentano porta al Festival La coppia più bella del mondo (con parole di Luciano Beretta e Miki Del Prete) e questo Conte lo ritrovo tra gli autori, per cui mi riprometto, compulsando i settimanali musicali che uscivano (Big e Ciao amici), di saperne di più su questo avvocato. Nello stesso anno esce Azzurro, il cui testo è firmato da Vito Pallavicini, che era uno dei miei parolieri preferiti (non mi piaceva Mogol). Nel 2007, lo stesso Celentano ha svelato, in occasione della morte di Pallavicini, la genesi di Azzurro: «Un giorno mi ha telefonato Pallavicini – ricorda Celentano – e mi ha detto: ho avuto un’idea pazzesca, però dobbiamo vederci, perché te la devo spiegare di persona. Ho scritto il testo di una canzone su una musica di Paolo Conte che non puoi non incidere perché sarà l’inno degli italiani: si chiamerà Azzurro». Adesso si è scoperto che anche il testo era di Conte ma non essendo iscritto alla Siae come paroliere lo firmò Pallavicini. La canzone, divenuta un classico della musica italiana, sarà ripresa dallo stesso Conte e incisa nel suo primo album live Concerti, uscito nel 1985. Successivamente collabora col maestro Michele Virano, con il quale compone le musiche di altre canzoni di successo, quali Tripoli 1969 per Patty Pravo e soprattutto Insieme a te non ci sto più per Caterina Caselli (1970), che è poi la mia canzone preferita di Paolo Conte.
Già laureato, stando a Radio Lamezia nel 1974 compriamo il suo primo Lp dove canta Onda su Onda, pezzo che aveva dato al suo amico Bruno Lauzi e soprattutto Una giornata al mare. Ecco una canzone che ci ispira, ci spiega, esprime tutta la nostra solitudine, anteprima di “quei pomeriggi in cortile neanche un prete per chiacchierar”.
Una giornata al mare
Solo e con mille lire
Sono venuto a vedere
Quest’acqua e la gente che c’è
Il sole che splende più forte
Il frastuono del mondo cos’è
Cerco ragioni e motivi di questa vita
Ma l’epoca mia sembra fatta di poche ore
Cadono sulla mia testa le risate delle signore
Cinque anni dopo Un gelato al limon (1979) lo fa diventare famoso in tutta Italia per cui io e i mei amici spieghiamo alla radio (dove Conte era programmato non so quante volte al giorno) il segreto del suo successo, o meglio ciò che avevamo capito del personaggio Paolo Conte. La prima cosa che ascoltandolo ci sembrava importante era la sua voce, un punto di svolta tra i cantanti che ci era capitato di sentire. Dal bel canto di Claudio Villa ai gorgheggi di Gianni Morandi ai ritmi sincopati dei rockers, Conte era intonato ma cantava come molti adulti sarebbero stati capaci di fare. Questo particolare fu il primo che apprezzarono i francesi più abituati di noi a poeti veri e chansonnier come George Brassens. Ma era la sua musica il perno intorno a cui ruotava il suo mondo.
«Quando uscì ‘Azzurro’ ci fu una levata di scudi perché andava controcorrente rispetto ai ritmi dell’epoca. Sogghignarono in molti, ma io me ne infischiavo perché avevo applicato a quella canzone degli echi poetici che fanno parte della nostra sensibilità. Fui capito dal pubblico: ‘Azzurro’ ebbe un grande successo. Tutte le mie canzoni nascono con questo spirito: scrivere una musica un po’ fuori moda, un po’ segreta, che vada a cercare in fondo a noi le risonanze della nostra identità…» (Paolo Conte)
Azzurro non è una musica ben definibile: non è un rock, non è un lento, non è una ballata, non è un liscio, ma una specie di marcetta, senza dubbio originale, con parole unite dalla cornice del celebre ritornello, dotato di grande carica ritmica e sonora grazie all’arrangiamento orchestrale di Nando de Luca, originale e moderno.
Da allora, era il 1968, fino ad oggi, quando la Rai ha trasmesso il documentario “Paolo Conte, via con me” di Giorgio Verdelli, le parole, i testi di Conte sono stati sviscerati scomposti e analizzati in modo incredibile. Il grande Aldo Grasso, che lo adora più di chiunque altro e al quale lo accomuna il genius loci, ha scritto sul Corriere:
(Il film su Paolo Conte, un viaggio labirintico nel suo immaginario.
C’è un solo avvocato Conte, si chiama Paolo). Le sue canzoni sono brevi racconti incastonati in un paesaggio musicale di varie ascendenze, fin dai tempi di «La fisarmonica di Stradella» («È grigia la strada ed è grigia la luce/E Broni, Casteggio, Voghera son grigie anche loro»), «Una giornata al mare» («Dico due balle ad un tizio/Seduto su un’auto più in là»), «Onda su onda» («Ritmi, canzoni/Donne di sogno, banane, lamponi»), per non parlare di «Sono qui con te sempre più solo» che inaugura la saga del Mocambo.
…le sue canzoni non hanno solo una dimensione pittorica, cinematografica, suggestiva ma conservano la struttura, la contraddittoria tensione, l’invadenza clamorosa, la perentorietà del mythos. La saga del Mocambo, per esempio, è popolata di quei piccoli avventurieri che nel dopoguerra cercavano fortuna in un lavoro, in una professione e, fatalmente, andavano incontro alla catastrofe, al fallimento economico e sentimentale. È il torbido prestigio del verisimile avvolto in un’atmosfera esotica. «Sono riuscito a fare — dice Paolo Conte — un po’ di letteratura lavorando di sintesi al massimo». È così vera questa definizione che ogni racconto si offre con una sintassi lenta, articolata, singolarmente leggera «che si muove con la grazia/di chi non è convinto/che la rumba sia soltanto/un’allegria del tango». Per i cultori della tv, la sigla della rubrica «Tuttilibri» stagione 1986-87 è costruita su «Gli impermeabili».
La mia opinione, che vale nulla perchè nella vita ho fatto il preside, è che il mondo di Conte arriva al pubblico che lo ama grazie soprattutto al tappeto musicale. Come ha detto nel documentario Benigni, “non ci sono significati nelle canzoni di Conte, non cercateli, l’arte per l’arte, ars gratia artis, è come la rosa, fiorisce perchè è un fiore, c’è tutto, nella superficie la profondità”.
(Corriere della sera) «Come tanti compositori che scrivono prima le musiche e poi le parole, in genere scrivo con un finto inglese, che è elastico, ti fa sognare molto di più, i pezzi rimangono più astratti, poi quando devi fare i conti con l’italiano cambia tutto». «È molto faticoso per me, l’ho già detto, piegare la lingua italiana alle esigenze ritmiche e metriche della musica. Sappiamo tutti che quella italiana è una lingua bellissima, ma estremamente difficile da adattare musicalmente per la mancanza di tronche e di elasticità delle sillabe. Tante volte la mia vocazione di musicista mi porta a storpiare la lingua italiana, o a mescolarla con altre lingue per ottenere un risultato buono dal punto di vista ritmico. Mi ha divertito affrontare altre lingue per la loro capacità filmica, cinematografica, teatrale di raccontare al di là dei significati letterali».
Prendiamo il jazz: “Lo amo perchè sorride anche alla teatralità, perchè il musicista di jazz, quando celebra la sua performance in pubblico, si muove come un attore, un cantastorie, come un poeta. Il jazz ti arriva in faccia e lo fa raccontandoti sempre una bella storia” (Conte, da Facebook)
La musica di Conte arrivò in faccia al grande pubblico nel 1974 con l’album Un gelato al limon in cui c’erano canzoni quali Bartali, (e tu mi fai-dobbiamo andare al cine- e vai al cine, vacci tu) e all’omonima title track (dedicata alla moglie Egle).
Donna che stai entrando nella mia vita
Con una valigia di perplessità
Ah, non avere paura che sia già finita
Ancora tante cose quest’uomo ti darà.
Gelato al limon
Gelato al limon
Sprofondati in fondo a una città
Un gelato al limon
è vero limon.
Non perderti per niente al mondo | lo spettacolo d’arte varia di uno innamorato di te.