Il centro degli attacchi ad Amalia Bruni

Per la mia dipendenza dalle cattive notizie (che ora chiamano doomscrolling, scorrimento del flusso di notizie apocalittico) malgrado non mi infligga i social, sono mesi che osservo gli attacchi che arrivano ad Amalia Bruni da quando è entrata in politica. La visione poi di un film che pochi hanno visto (Ilaria Capua trafficante di virus) mi ha indotto tempo fa proprio qui a parlarne richiamando Amalia Bruni e la ricerca italiana. Ho scritto: La storia della Capua si intravede anche dentro la storia della nostra Amalia Bruni, la quale ad un certo punto si è scocciata, come la Capua, di dover elemosinare dalla politica e ha creduto di poter inserirsi dentro l’apparato politico. Spero, mi auguro, che le somiglianze tra le storie di due ricercatrici finiscano qui, certo è che la stessa Amalia nella sua campagna elettorale e dopo,  ha dovuto conoscere la calunnia e le ingiurie dei nemici. La Capua, nel film è raccontato, poteva andare a dirigere a Londra un prestigioso istituto di ricerca e fu dissuasa da un ministro della Salute italiano che le diede un finanziamento per farlo in Italia il suo centro. Solo che il ministro cadde e pure il finanziamento. Amalia se solo avesse voluto abbandonare la Calabria e la sua famiglia per un paese straniero avrebbe oggi una fama incommensurabile (lo abbiamo visto con tanti scienziati italiani che ci parlano in tv del covid da Parigi, da Boston, da Berlino). Per aver voluto restare e difendere il suo centro è invece costretta a subìre attacchi incredibili  e non so dove trovi la pazienza. Allora se vi capita guardate questo film e pensate che la storia della Capua è la storia della ricerca italiana.

Ilaria Capua

A questo parallelo tra due ricercatrici, una delle quali era arrivata a fare la sottosegretaria nel governo Monti e poi, per opera di una copertina de L’Espresso (pace all’anima sua), era stata inquisita e assolta ma nel frattempo aveva inteso riparare all’estero, vorrei oggi aggiungere un’ annotazione più regionale, che è la seguente. Se ci fate caso, gli attacchi ad Amalia arrivano da varie fonti ma da un unico centro che è Cosenza. Sarà senz’altro un caso o una coincidenza ma forse le “affinità elettive” ci sono molto di più nelle contrade degli Occhiuto, mentre Lamezia sta vivendo una sua stagione politica che non so se definire liquida o postatomica. La Bruni ha, ai miei occhi, una sola colpa, quella di aver pensato ed essersi illusa di poter fare ricerca di altissimo livello in Calabria e a Lamezia Terme. Questa illusione la pagherà sempre perchè anche la storia della Capua dimostra che i bravi ricercatori in Italia li segano (talvolta soltanto per mera invidia e convenienze castali), figuriamoci in Calabria, e Lamezia, da sempre vaso di coccio tra vasi di ferro, è ormai al punto più basso della sua storia politica.

Tutti sappiamo che la vecchia politica dei partiti e delle ideologie (dalla Costituente alla prima Repubblica) è finita e che oggi la politica è diventata altro, è fatta da sigle nate su base personale, di cacicchi che accumulano consenso (voti) e si spostano tra le sigle secondo convenienza.

Basterebbe che qualche giornalista investigativo della grande stampa nazionale (o di Presa diretta) guardasse in controluce
i campioni delle preferenze su base regionale, per capire tutto della Calabria e della “calabresità” dei piagnoni. I consiglieri regionali calabresi cioè sono uno spaccato sociologico perfetto della nostra regione. Attraverso le loro storie professionali (5 avvocati e 5 medici; 3 ingg, 2 sc.polit., 2 dirigenti, 3 economia, 1 poliziotto, 1 lingue, 1 sc.forestali, 1imprenditore) e biografie personali si ricostruisce l’intera economia regionale, la mappa dei congegni che formano reddito, altro che flussi elettorali, e si risponde alla domanda: ma il calabrese medio come campa, che fa?

Ma anche i nostri leader nazionali sono quanto di più mediocre la società italiana possa esprimere (dagli Andreotti, Craxi, Berlinguer e Almirante, siamo passati a Meloni, Salvini, Letta e Conte), per cui la statura di un Mattarella e il prestigio internazionale di un Draghi ci stanno tenendo in piedi in questi anni terribili e inimmaginabili.

In Calabria Occhiuto (basti guardare su Instagram le professionali riprese di lui al lavoro, lo evidenzia stamane A. Russo su la Cnews) appare al momento il centro di tutto. E’ contornato da sponsor e padroni di pacchetti di preferenze (Gallo, Mangiavalori, Orsomarso, Cannizzaro…), mentre i 31 parlamentari, che scenderanno a 19 appena si rivota, cercano dove riciclarsi.

A Lamezia in questo momento la politica, ecco cosa voglio dire, non ha nemmeno leader, figure significative in grado di aggregare interessi, ma soltanto aggregatori di voti e consensi (per queste necessità ci sono le cosche e Sambiase). L’exploit di Furgiuele, il primo ad aver puntato la fiche su Salvini con audacia, è già terminato, il sindaco lo cercano a Chi l’ha visto, ogni rassegna stampa giornaliera è l’espressione più significativa di quello che sto dicendo.

Una volta avevamo Petronio, Chieffallo, Fittante, Gianni Speranza, la Lo Moro, Galati, oggi leggiamo comunicati di qualche consigliere comunale per perorare la causa di qualche precario in attesa di stabilizzazione, o di qualche periferia abbandonata da Dio e dagli uomini. Il Pd che dovrebbe essere se non il primo, il secondo partito secondo i sondaggisti nazionali, elegge segretario l’avv. Gennarino Masi, ottimo professionista ma davvero déjà vu ,espressione di un’altra epoca, che sconfigge un giovane che non conosco e adesso un mio amico mi dice di aver avuto come alunno al De Fazio. Insomma, per non farla lunga, cosa volete che facciano di Lamezia Terme, che non è rappresentata dentro lo scenario politico calabrese, se non raderla al suolo, in pratica e sui media, diffamando finanche quelle poche cose pregevoli che abbiamo fatto grazie ad ingegni nati nelle nostre contrade? Mi riferisco al CNR-Centro regionale di Neurogenetica che appena nel 2017 (e sembra già un secolo fa) con un congresso nazionale al Grandinetti i più prestigiosi scienziati italiani e stranieri ( su un taccuino mi segnai i nomi del dottor Orso Bugiani di Milano e della dott.ssa Maria Grazia Spillantini di Cambridge) hanno descritto come un “vanto” internazionale.

Come ho già scritto se Caruso, socio privato della Sacal, non fosse stato di Lamezia, avrebbe fatto meno scandalo, così come, per dire, Guarascio presidente del Cosenza è attaccato in ogni modo, addirittura perchè non cede subito le quote ai russi (di questi tempi l’offerta credo sia impresentabile, o no?). Come ho già fatto altre volte e come continuerò a fare come un disco rotto, i lametini debbono guardare all’oggi senza dimenticare il passato. Ci sono due punti da congiungere sino a formare un arco. Il primo punto risale al 1969 quando Mancini ci impedì di avere l’Università e ci disse in piazza Madonnina “non è roba per voi, è cosa mia”. Ero lo stesso che s’era fatta passare l’autostrada sotto casa stuprando il percorso naturale lungo il Tirreno. Il secondo punto è l’oggi quando si legge che ” sulla gestione della Sacal il presidente della Regione Calabria, Roberto Occhiuto, ha portato a compimento una missione carica di significato e forza espansiva”. In questo arco di tempo, noi lametini stiamo a guardare quello che succede sotto i nostri occhi, impotenti ad influenzare il nostro destino, a prenderlo in mano, come dei bambini che guardano i grandi giocare a carte bestemmiando e bevendo. Però ieri e oggi hanno qualcosa in comune, a noi lametini ci comprano a gruppi con qualche promessa, ci accontentano sempre con qualche briciola, qualche posticino regalato da Mancini ai suoi socialisti, qualche inserviente all’aeroporto. Questo lungo arco di tempo, che è storico, culturale, ma anche pieno di tanti sentimenti popolari, può essere, a mio parere, suggellato da una sola frase, quella sbraitata lo scorso novembre verso Italo Reale, presidente della commissione per il tesseramento, dall’ex vicepresidente della Regione Nicola Adamo: Ricordati che sei a Cosenza, non a Sambiase!
Ecco, quello che Adamo non sa è che noi al contrario sappiamo bene come sia di Cosenza che di Sambiase non possiamo parlare. Adamo non lo sa o forse lo ha dimenticato, che la nostra storia, quella dei lametini, è la lunga incessante lotta per liberarci delle cosche (o di vivere come se non ci fossero), e non a caso la più potente e invasiva è ancora di origine sambiasina. Non so se lui e il suo partito (che ci tolse l’università quanto e insieme a Mancini ) nei confronti della ‘ndrangheta-massoneria abbiano fatto tutto quello che abbiamo saputo fare noi, se possano darci lezione guardandoci dall’alto con aria di sufficienza perchè hanno Arcavacata viale Parco e le luminarie natalizie su corso Mazzini. La riprova di tutto questo sta nei consensi elettorali che il bacino di Lamezia distribuisce ai vari politici calabresi potenti, assicurando ai candidati lametini ben poco, e tutto questo non è mai cambiato sin dalla prima repubblica. Ecco la forza e la debolezza di Lamezia, sottomessa dalle cosche che pertanto vendono in campagna elettorale pacchetti di voti ai vari politici calabresi che sponsorizzano, ma allo stesso tempo capace per ben venti anni di esprimere innovativi sindaci della società civile e di far consolidare un associazionismo (dalla Progetto Sud all’Antiracket) e eventi culturali (Trame) all’avanguardia.

Avere ingegno a chi è nato a Lamezia costa di più. In generale perchè viviamo in una società che non sa ri-conoscere il merito, in particolare perchè sono più di settanta anni che cerchiamo di marginalizzare la parte più brutta di Sambiase e 53 che Lamezia viene marginalizzata per far dimenticare che siamo il centro della Calabria.