Ricordo di Torquato Ciriaco

Torquato Ciriaco ed io abitavamo nel 1969 nella stessa casa a Firenze dove frequentammo l’università. Eravamo molto diversi perché io ero certo che non avrei fatto mai l’avvocato e lui non aveva tempo da perdere perché doveva fare presto l’avvocato. Era la sua vocazione, il suo sogno, la sua meta. Torquato era molto determinato, si proponeva un obiettivo ed era teso a realizzarlo. Era un gentiluomo di altri tempi, un animo nobile che dimostrava più anni di quelli che avesse. Niente lo metteva in imbarazzo e spesso ci faceva divertire. Torquato talvolta riceveva la visita di un suo zio, uomo di grandissima cultura, collega ed amico di Eugenio Garin, il grande storico della filosofia. Così era invitato a cena e tutto contento si vestiva elegante per niente imbarazzato. Ma che gli racconti a quei due pozzi di scienza? gli dicevamo. Il giorno dopo gli chiedevamo: com’è andata ieri sera? Sarai stato tutto il tempo in silenzio…E lui rispondeva: Per niente, ho parlato e come mi stavano a sentire! Furono anni giovanili intensi ed indimenticabili, e talvolta penso che Garin, che era del 1909, è mancato due anni dopo Torquato. Dopo 15 anni dalla sua tragedia, la giustizia non ha trovato ancora i colpevoli e mi consola il fatto che lui, con la sua gran fede, pensasse: il nostro destino non è nelle nostre mani ma in quelle del Signore.