Il disegno di legge “Organizzazione dei servizi pubblici locali dell’ambiente” approvato in Giunta, è arrivato al Consiglio regionale. Sergio Pelaia (iCalabresi) ci informa che Occhiuto oltre ai superpoteri nella sanità in Calabria quale commissario e creatore dell’Azienda Zero intende avere il bastone del comando anche in materia di acqua e rifiuti. Certo, non potrà gestire tutto in prima persona ma sceglierà i burocrati che lo faranno per lui. Detta così ci aspettiamo a breve l’ennesima riproposizione del vecchio ” al lupo al lupo” di certa sinistra, quella che rivolge all’uomo solo al comando un vecchio anatema, senza mai riuscire a guardarsi allo specchio, essendo nata e cresciuta con uomini soli, da Lenin sino a Putin.
Ma torniamo ad Occhiuto che vorrebbe creare la «multiutility» Autorità Rifiuti e Risorse Idriche della Calabria, con la partecipazione obbligatoria di tutti i Comuni della regione. Lo scopo è quello di accorpare in un unico ente sia l’Autorità idrica della Calabria (Aic) che i cinque Ambiti territoriali ottimali (gli Ato dovrebbero gestire il ciclo dei rifiuti in Calabria). L’AIC, guidata dall’avvocato Manna, è stata bocciata dal competente ministero (mancava un allegato) facendo perdere alla Calabria ben 104 milioni di euro di finanziamenti per ammodernare le obsolete reti idriche calabresi. Secondo l’ex sindaco di Rende, Sandro Principe, il guaio è stato quello di partecipare al bando ministeriale resuscitando un soggetto giuridico in liquidazione, la Cosenza Acque, priva di organizzazione e di personale specializzato e, dunque, del minimo patrimonio progettuale occorrente per avanzare una credibile richiesta. Via l’Aic dunque e via gli Ato che nelle cinque province, bloccati da troppe vertenze territoriali e dalle rivendicazioni dei vari sindaci, non riescono a realizzare quei nuovi impianti per uscire dal circolo vizioso spazzatura=discariche.
La Calabria resta al palo, come dimostra la storia del rigassificatore di Gioia Tauro, cominciata diciassette anni fa, nel 2005 e sospeso nel 2013. Il ministro delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibili Enrico Giovannini ha ora detto che si potrebbe riprendere in considerazione. Un’altra ordinaria storia burocratica per una nuova infrastruttura energetica, un investimento da un miliardo di euro per un impianto che avrebbe dovuto gestire 12 miliardi di metri cubi di gas rispetto agli 80 miliardi che l’Italia consuma ogni anno. Intanto, ancora oggi, l’impianto di Gioia Tauro attende la dichiarazione di strategicità da parte dello Stato. Serviranno poi quattro anni per poter costruire il rigassificatore.
Da quasi dieci anni la realizzazione dell’impianto di Gioia Tauro è sospesa da un decreto del governo. La guerra in Ucraina ci ha fatto capire che disporre di impianti per fonti alternative sarebbe oggi indispensabile, soprattutto nel Mezzogiorno.
Mentre Occhiuto si muove con Azienda Zero e multiutility, a sinistra il consigliere regionale Ferdinando Laghi, in quota De Magistris, afferma: «L’accorpamento nelle Aziende sanitarie provinciali ha avuto esiti nefasti sul diritto alla salute dei calabresi». Perciò ha presentato la proposta di legge che faccia ritornare agli ambiti territoriali delle 11 Asl. Laghi, che è anche medico e già primario del reparto di Medicina allo spoke di Castrovillari, conosce bene la situazione sanitaria calabrese che con il Covid è peggiorata ancora mentre l’entità dei debiti accumulati non si riesce neppure a definirla in via provvisoria.
Ecco allora delineato lo scenario politico calabrese, la sinistra intende, per la sanità, tornare alla struttura del passato e attribuire di nuovo ai Sindaci le funzioni di indirizzo, programmazione, verifica e controllo in materia di tutela della salute. Al vertice Occhiuto invece intende importare in Calabria l’Azienda Zero, un organismo che esiste in Veneto dal 2017 e che accentra su un solo soggetto, per garantire trasparenza ed economicità, una serie di funzioni che riguardano programmazione e coordinamento della spesa sanitaria. Centralizzando in capo a un solo ente la gestione tecnico-amministrativa e gli acquisti su scala regionale, dunque, si punta a rendere omogenee le procedure delle Aziende sanitarie e ospedaliere, ma soprattutto a razionalizzare la spesa sanitaria rendendola tanto trasparente quanto efficiente. Sono, per quanto riguarda la sanità, due linee diverse e contrapposte che si muovono su logiche diverse. Ma entrambe scontano il peccato originale della politica non solo calabrese, il rapporto tra politica e amministrazione.
Le Asl avrebbero dovuto essere aziende dove insediato un manager ben remunerato egli avrebbe garantito una gestione che rispondesse ad una logica d’impresa. In realtà il politico ha nominato un suo faccendiere spesso digiuno di qualsivoglia competenza contabile amministrativa che rispondeva al dante causa senza seguire alcuna logica se non quella clientelare. Da qui lo sfascio, la contabilità azzerata, i debiti, il commissariamento.
Per cui sia la logica di accorpare che quella di decentrare non risolvono il vero problema politico-gestionale che sta nel rapporto tra politica e amministrazione. Nella realtà vige il principio di irresponsabilità per cui il politico Tizio nomina Caio e Sempronio nelle Asp 1 e 2; entrambe le Asp fanno solo debiti ma Caio e Sempronio non pagano, vengono solo scambiati di posto e ricominciano. E così avviene dovunque, nei comuni in default o nelle partecipate piene di debiti, per cui tutti gli amministratori-burocrati nominati dalla politica rispondono ai propri sponsor e nessuno risponde mai di nulla, tutt’al più viene avvicendato e spostato in un eterno gioco dell’oca. Il modello di governance lo si può cambiare ma resta il principio di irresponsabilità a garantire che ognuno può far quel che vuole nel pubblico senza rispondere mai di nulla.
Mentre ogni cittadino amministrando la sua casa o un imprenditore la sua azienda risponde personalmente dei debiti, lo stesso cittadino se diventa sindaco o amministratore di una partecipata o di una Asp non risponde dei debiti, che invece vengono accollati sulle spalle dello Stato (cioè dei cittadini contribuenti).
Basta considerare la questione dei nanetti istituzionali, i piccoli comuni, in Calabria e in Italia. Se guardiamo alla Calabria in totale i comuni sono 409, per una popolazione totale di 1.970.521 che vive su un’area di 15.222 kmq². I comuni con meno di 5000 abitanti sono l’80,9% (n. 327, popolazione 632.955, area 10.163); i comuni con meno di 1000 abitanti sono 79, il 19,31% (pop. 53.940, area. 1727); sono 17 in Calabria (8 in provincia di Cosenza) i comuni con meno di 500 abitanti (4,15%). Un terzo dei calabresi vive dunque in piccoli comuni.
Pochissimi dei comuni con meno di 5mila abitanti hanno scelto la strada delle unioni o della fusione nonostante gli incentivi. Una decisione che tutela le classi dirigenti ma rischia di danneggiare i residenti. Nonostante i sistemi di incentivazione per spingere verso le unioni dei comuni ed anche verso le fusioni, nonostante l’entrata in vigore dell’esercizio obbligatorio di tutte le funzioni comunali dei piccoli comuni sia stato prorogato più volte, da ultimo al 31 dicembre 2022 da parte del DL 228/2021 (le proroghe sono state in tutto nove), la frammentazione è ancora voluta e non riusciamo ad ottenere una organizzazione comunale in grado di ottenere maggiore efficienza amministrativa.
Questa realtà vale, sia pure con caratteristiche meno accentuate, per l’intero territorio nazionale. Su poco meno di 8.000 comuni presenti in Italia, se ne contano 882 comuni con meno di 500 abitanti (11%); quelli con meno di 1.000 abitanti sono poco meno di 2.000 (25%).
Non si riesce dunque neppure ad accorpare i piccoli comuni, a razionalizzare la rete comunale per impostare una contabilità regolare e una amministrazione corretta. Ciò che vale per i comuni (7 su 10 in default in Calabria) vale per le Asp, per gli Ato, per l’Aic. Se abbiamo deciso che si può amministrare senza adoperare la partita doppia, puoi adottare una organizzazione orizzontale o verticale ma non cambia nulla. Fare l’amministratore pubblico è sempre bello e remunerativo perchè non devi render conto di nulla.