Caro prof., e forumisti,
risentendo ieri a Piazza Pulita l’ennesima ripetizione degli argomenti espressi dai giornalisti russi mi è venuto in mente il bellissimo film “Le vite degli altri”, in cui il protagonista, ex poliziotto della DDR, spiega come facessero a scoprire chi mentiva negli interrogatori.
La tecnica era semplice, quasi banale, bisognava fare le stesse domande tante e tante volte all’interrogato e se questi rispondeva sempre allo stesso modo, usando le stesse parole, erano sicuri mentisse.
Quando si dice la verità, infatti, fateci caso non la si dice mai allo stesso modo, la si arricchisce di particolari senza sbagliare, perché è frutto appunto del vero. Quando invece si mente, si tende ad essere ripetitivi, perché fuori dal seminato si rischia di essere colti in fallo e sbagliare.
Gli argomenti dei giornalisti russi sono sempre uguali e sempre gli stessi, perché sono frutto della paura di sbagliare (di Stefania S.)
Invece la contraddizione tra verità e menzogna è più facile da cogliere ascoltando quelli che l’intera realtà intendono piegarla dentro il loro schemino mentale. Quando gli conviene il colore è bianco, se non gli conviene è nero, a piacere. In questi giorni i nostri antichi fanatici antiNato e anticapitalisti come Santoro sono usciti dal freezer
“Io non penso che Putin sia il maggiore nemico che noi abbiamo di fronte in questo momento. Il nemico più mostruoso che sta di fronte a noi è la guerra. La guerra è mostruosa“, ha detto l’ex conduttore di Annozero, da anni senza una trasmissione, a Dio piacendo. Al concerto del Primo maggio Valerio Lundini lo ha sbeffeggiato cantando la canzone “La guerra è brutta”.
(C’è qualcuno disposto a non piangere davanti ad una cretinata senza nè capo nè coda come questa? Pensate a qualsiasi guerra vi venga in mente e pronunciate questa frase in faccia ai suoi protagonisti, Hitler (70 milioni di morti nella II guerra mondiale), Mussolini, Gengis Kan, Stalin, Tamerlano: la guerra è mostruosa)
In un duetto con Paolo Mieli a “Presa diretta” di Formigli ieri sera si è contraddetto, ma che importa, l’ideologia è basata sulla contraddizione, sennò che ideologia é?
Mieli: quando Bush ha invaso l’Iraq tu dicevi, Bush, fermati! Perché ora non dici: Putin , fermati?
Santoro: io dico: Fermatevi (come lo striscione al corteo Perugia- Assisi)
I Santoro son convinti di essere voci fuori dal coro. Ed è così, infatti per cantare in un coro non puoi stonare chè se ne accorgono tutti. Il pensiero laterale o divergente può essere accolto purchè non sia contrario alla logica e al principio di non contraddizione, altrimenti qualsiasi fesso può attribuirsi un pensiero laterale e lamentarsi che la massa non lo (ac)coglie.
Perché nella nostra vita la logica è tanto difficile da applicare? Per molti motivi: uno è che la logica si concentra su ciò che viene esplicitamente detto, mentre molto spesso conta di più ciò che non viene detto.
ADRIANO SOFRI/FACCIO MIE LE PAROLE DI CECILIA STRADA Credo di avere messo a fuoco una cosa che mi disturba parecchio della narrazione della guerra in Ucraina, è una cosa che sta tra “Zelensky come Gandhi” e “eh ma il battaglione Azov”.
La situazione è chiara: c’è un aggressore, la Russia, che ha invaso l’Ucraina e ne massacra i civili. L’esercito russo è il carnefice, la popolazione ucraina la vittima.
Il mio punto è questo: non c’è alcun bisogno di dipingere Zelensky come Martin Luther King, o di negare l’esistenza di neonazisti nel Paese (ricordiamoci che ce li abbiamo anche noi, eh), o di negare le contraddizioni o i problemi di un Paese per stare, come dobbiamo giustamente stare, dalla parte delle vittime. I leader ucraini potrebbero essere anche leader mediocri, potrebbero esserci anche trecentocinquantamila battaglioni Azov, potrebbero essere stati commessi crimini negli ultimi anni in Donbass, potrebbe essere tutto: e non cambierebbe di una virgola il fatto che la Russia è l’aggressore, l’Ucraina l’aggredito, uno il carnefice, l’altro la vittima, e bisogna difendere le vittime.
Perché mi preoccupa, chiamiamola così, “l’idealizzazione della vittima”? Perché la necessità di proteggere le vittime dai loro carnefici non ha e non deve avere nulla, nulla, nulla a che fare con le qualità morali della vittima. Non si proteggono le vittime perché sono brave, irreprensibili, perfette. Si proteggono perché è giusto, e lo si fa anche quando hanno contraddizioni, anche quando non ci piacciono. Altrimenti, che cosa succede? Succede che quando la vittima ci piace un po’ meno, o ci interessa poco o non ci piace affatto, non sentiamo più il bisogno di proteggerla. E questo non va bene. Succede che si sente dire “eh, ma il battaglione Azov!”, come se cambiasse qualcosa: allora, visto che ci sono dei brutti ceffi nel Paese, i crimini di guerra sono meno crimini? I civili massacrati sono meno morti? La Russia è meno aggressore? No.
Ecco, per come la vedo io, “Zelensky come Gandhi” e “eh ma il battaglione Azov!” derivano dallo stesso, pericoloso errore. Si sta dalla parte delle vittime perché tra carnefice e vittima si protegge la vittima. Indipendentemente da tutto il resto.
La vedo così.
P.S. A vederla così non sono io, è Cecilia Strada. Mi fa piacere per varie ragioni, e specialmente perché trasferisce sul piano generale la deontologia particolare del medico che cura le persone perché sono malate o ferite, non perché sono dei nostri.