“Sei qui dal 1978?” “Mi pare di sì”. “Niente, non ne ho trovato nemmeno uno”. E’ uscito ed è corso a raccontare al preside che per 12 anni avevo insegnato senza mai programmare il mio lavoro. (Domenico Starnone, Fuori registro, Feltrinelli).
Ad un regista teatrale che intende mettere in scena “Sei personaggi in cerca di Autore” di Pirandello il produttore dello spettacolo chiede di specificargli le note di regia, cioè come intende dirigerlo. Per tutta risposta il regista indolente gli manda il testo della commedia. Commenta il produttore: ma questo o è cretino o è pazzo. E’ la stessa cosa che fanno gli insegnanti italiani con la programmazione didattica (il libro di Maragliano e Vertecchi è del 1977). Questo è il programma, non basta? Va bene, ma dimmi come intendi svolgerlo con la classe di quest’anno. La risposta è: come tutti gli anni, attraverso spiegazioni dalla cattedra a tutti gli allievi. Il problema sta in questo “a tutti “. Il mestiere di insegnante coincide così con un supermercato dove le merci (le conoscenze) sono sugli scaffali e tutti i clienti prendono quello che vogliono. Senza sapere però che finanche nei supermercati c’è una tecnica nel disporre le merci sugli scaffali di sopra o di sotto o vicino la cassa. Il creatore di Amazon, Jeff Besoz, ha prescritto da sempre ai suoi dipendenti di presentare un progetto scrivendo al massimo 6 pagine, con verbi e nomi, paragrafi e argomenti. Scrivete come se doveste formulare un comunicato stampa per il lancio di un nuovo prodotto, ha detto. Quando si scrive, il nostro pensiero si schiarisce. Ecco, direi al prof. Rossi, lei insegna matematica, all’inizio dell’anno cosa vorrebbe far sapere ai suoi studenti e genitori di questo corso che ha cominciato a tenere alla classe IA? E’ così inutile un piano di lavoro così concepito, o, semplicemente, è necessario? Vediamo. Il programma riguarda i “contenuti, A,B,C,D…” (cioè il testo della commedia di Pirandello, nell’esempio iniziale) e la programmazione il “come A,B,C,D…vengono insegnati a quegli allievi di quella classe”. Quel testo il regista come intende metterlo in scena? Che novità intende proporre nel 2017, oppure lo rappresenta come ha fatto nel 1953? Nella scuola poi c’è una ulteriore complicazione. I risultati di apprendimento, cioè le finalità dell’insegnamento, sono prescritti materia per materia, anno per anno, per cui ogni docente dovrebbe pianificare, trovandosi di fronte quegli specifici allievi, i quali hanno diverse condizioni di partenza e non sono tutti dello stesso livello iniziale, quali strategie differenziate intende mettere in pratica. L’80% degli allievi della IA non sanno fare le 4 operazioni? Allora, essendo impossibile e vano insegnare loro le equazioni di II grado, scrivi come intendi insegnare a quell’80% le moltiplicazioni e le addizioni, e come procederai con il 20% dei più bravi. Oppure, come credono i prof, quell’80% sono già bocciati dal primo giorno in matematica? Ecco la programmazione, personalizzare l’insegnamento ai vari gruppi presenti in una classe. Al contrario, in pratica si impartisce una unica spiegazione orale dei paragrafi di un libro a tutti. Non si può cantare la stessa canzone per tutti, il concetto è questo. Il programma è una canzone ma poi ci sono gli arrangiamenti del pezzo e le interpretazioni. Ogni cantante dà la sua versione di una canzone e una volta a Sanremo Toto Cutugno cantò lo stesso brano di Ray Charles, ma erano due pezzi molto diversi. Questi Artisti che sono i docenti hanno capito tutto della vita, dove conviene improvvisare sempre, tranne 3 cose: per quale ragione prima di costruire una casa si deve fare il progetto di quella casa in quello spazio e terreno (e non di una casa) o perché ogni canzone vada arrangiata per l’interprete e il pubblico al quale è rivolta; per quale ragione i veri Artisti prima di andare in scena fanno le prove o i registi elaborano le note di regia sul copione (ogni film su “I promessi sposi” è diverso); per quale ragione ogni lavoro umano va documentato nel suo svolgersi (preventivo, consuntivo, fattura).
Aggiungo però con sincerità che dipendesse da me prenderei in parola gli insegnanti, lascerei libero ogni docente di insegnare come vuole senza compilare nessuna carta. Ma poi alla fine dell’anno farei fare un test on-line nazionale in ogni materia per stabilire il voto di ciascun allievo. In un colpo solo elimineremmo prove parallele e programmazioni e valutazioni discrezionali e a fine anno registreremmo gli apprendimenti reali degli allievi della penisola.
Oggi sui siti delle scuole trovate le programmazioni dipartimentali e di classe, per cui le prime si cristallizzano negli anni e restano custodite nell’iperspazio o nei cloud a disposizione dei marziani, e le seconde sono opere d’ingegno del coordinatore, il quale può redigerle sulla base del suo impegno (il fratello gemello dell’ingegno).
Un ultimo accenno ai dirigenti. Ci sono quelli che pretendono la programmazione appena comincia la scuola, e quindi prescindono dalla conoscenza della classe, che è l’elemento fondamentale. E infine c’è la schiera di quelli che amano i rituali, quelle cose che si fanno perché si devono fare perché si è sempre fatto così e forse c’è pure una legge o una circolare che li prescrive. Sicuramente gli ispettori scolastici si nutrono di questi rituali e avrebbero bisogno di una dieta.